C'è grande carenza di medici e infermieri. Segnana: puntiamo sui tirocinanti del corso di laurea
Benetollo in IV Commissione: le reti professionali locali nel futuro della sanità territoriale
Parere favorevole alla delibera che proroga di 6 mesi la scadenza per l'accreditamento
La
IV Commissione presieduta da Claudio Cia (FdI) ha incontrato oggi
l’assessora Segnana, il direttore dell’Azienda sanitaria Paolo
Benetollo e la responsabile dell’area cure primarie Simona Sforzin
sul tema della situazione e delle prospettive strategiche
dell’assistenza sanitaria territoriale anche alla luce delle
conseguenze derivate dall'emergenza epidemiologica da Covid-19.
Benetollo
ha messo l’accento sulla volontà di moltiplicare sul territorio le
“reti professionali locali” di medici e infermieri, che ad oggi,
però, risultano molto carenti e difficili da assumere. Per questo
Segnana ha indicato nel futuro corso di laurea per infermieri di
Verona che aprirà una sede anche nella nostra provincia, la
possibilità di disporre a breve dei relativi tirocini effettuati in
Trentino.
L’assessora
precisa che il documento sul riassetto organizzativo dell’Apss non
è ancora pronto e che appena definito sarà presentato alla IV
Commissione.
L’assessora
ha premesso che l’altro tema che era stato inserito all’ordine
del giorno della Commissione, relativo al nuovo
assetto organizzativo dell'Apss,
il documento è ancora in fase di valutazione e appena pronto sarà
presentato e discusso con l’organismo consiliare. Il presidente Cia
ha sollecitato a non ridurre il ruolo della Commissione ad una pura e
semplice presa d’atto delle decisioni prese dalla Giunta, specie su
un argomento importante come questo della riorganizzazione del’Apss.
I consiglieri Zeni (Pd),
Zanella (Futura)
e
Demagri (Patt)
hanno
criticato le anticipazioni che al riguardo sono già state date alla
stampa mentre
Dalzocchio (Lega) ha apprezzato la proposta di discutere della nuova
organizzazione dell’Apss non sulla base di una bozza ma di una
proposta compiuta elaborata dall’Azienda e dalla Giunta.
Benetollo:
il
quadro attuale dei servizi
sanitari
territoriali.
Il
direttore dell’Apss ha esordito
tracciando il quadro attuale dei servizi sanitari territoriali, ai
quali competono
i distretti, l’assistenza primaria, la specialistica ambulatoriale,
l’assistenza protesica, i servizi consultoriali, i percorsi
nascita, l’assistenza farmaceutica, le cure domiciliari sia come
assistenza integrata sia come cure palliative, la salute mentale, i
servizi psicologici, quelli
dedicati dipendenze
e i servizi di
rilevanza
sociale. Il
focus dell’attenzione riguarda soprattutto la presa
in carico dei malati a domicilio, che assorbe la maggior parte delle
risorse investite sul territorio per le cure primarie.
Alcuni
dati.
Benetollo
ha poi fornito alcuni dati sull’attività territoriale:
l’assistenza
domiciliare integrata è
rivolta oggi a 386
pazienti, mentre
le cure
palliative interessano
542
pazienti e
49
sono
i soggetti seguiti per le cure
pediatriche. I pazienti curati
a
domicilio con accessi regolari sono altri 1.850. Ancora: i
pazienti
seguiti dai
medici di medicina generali sono
2.300,
in parte sovrapposti ai 1.850 seguiti dagli infermieri, circa
1.000
sono gli accessi al giorno a domicilio di infermieri e 100 gli
accessi
al giorno di medici di medicina generale. Per la continuità con
l’assistenza residenziale, l’organizzazione prevede i punti unici
di accoglienza, i
Pua,
nei diversi ambiti territoriali. Una continuità importante perché
il lavoro a domicilio è orientato a consentire alle famiglie di
tenere a casa la persona con bisogno sanitario e anche in condizione
di non autosufficienza. Questo
è del resto ciò che più chiedono espressamente i pazienti.
La
stragrande
maggioranza dei
malati preferisce
essere seguita a domicilio. A tutto ciò si aggiunge l’ambulatorio
infermieristico accessibile con prestazioni mediche.
La
pensante incidenza del Covid-19.
Il
direttore dell’Apss ha poi ricordato la pesante incidenza avuta
dalla pandemia
da Covid-19 su
questa situazione, con al scelta presa fin
dal marzo del 2020 di
proteggere
il
personale e i pazienti dalle
occasioni di contagio e infezione legate agli accessi
a domicilio. Per questo è stato messo in atto il pre-triage prima di
ogni accesso, per agire in sicurezza sia verso il personale sia verso
i pazienti. In
primavera 2020 è
stato attivato il monitoraggio
telefonico con i pazienti, passato
da iniziale pre-triage
a
risposta sempre più efficace per rispondere
ai bisogni di salute, purché
fatto
in modo adeguato. Le
telefonate funzionano se fatte
sulla base di protocolli con
la
contestuale fornitura di presidi sanitari utili come i saturimetri
per i pazienti Covid. Questo monitoraggio potrà
integrare i futuri
interventi
in
telemedicina se si riuscirà ad affiancare al telefono sistemi più
evoluti. Sarà
così
possibile adottare
sempre più la
telemedicina come soluzione organizzativa e tecnologica da
implementare per arrivare con competenze specialistiche anche nelle
aree
più periferiche del territorio
senza costringere pazienti e famiglie a spostarsi. E
anche per
cambiare la gestione di una serie di patologie croniche. “Se
integrata nei percorsi diagnostico-terapeutici – ha
proseguito Benetollo – la telemedicina
permetterà di ridurre
le
periodiche
visite
ospedaliere di
controllo, che andranno effettuate solo quando serve.
Sempre per il Covid il personale sanitario è stato molto impegnato
nell’esecuzione dei tamponi e nelle vaccinazioni a domicilio (500 a
settimana con le prime dosi, mentre
ora
restano da
fare solo
le seconde).
L’utilizzo
dei giovani medici nell’emergenza e le pressioni subite sul
cortisone.
Quanto
alle novità, un nuovo modello introdotto con la pandemia è stato
quello della presa in carico integrata con il medico Usca e
l’infermiere nella gestione dei malati
Covid a domicilio. “La presenza di questi medici, integrata
nell’equipe del servizio territoriale e in collegamento con i
medici di medicina generali, ha costituito un modello che si sta
valutando di mantenere anche dopo l’epidemia”. Con il Covid
inoltre molti giovani medici hanno potuto essere utilizzati nel
servizio sanitario superando alcuni rigidi
vincoli
burocratici
prima presenti.
Tra marzo e giugno 2020 sono stati seguiti 10.000 cittadini, metà in
quarantena
e
metà con monitoraggio. Benetollo ha ricordato le
pressioni subite nel periodo più critico a causa del Covid-19 –
pressioni rispetto alle quali “non è stato facile per l’Apss
mantenere la barra dritta” – sull’uso del cortisone.
“La terapia cortisonica utilizzata fin ai primi momenti – ha
spiegato – si è
dimostrata sbagliata perché nei primi giorni il cortisone non va
usato, mentre diventa strategico quando il Covid si complica a causa
infiammazioni che colpiscono diversi organi tra cui i polmoni.
Le
prospettive: gli infermieri di famiglia e di comunità; le cure
intermedie.
Il
direttore dell’Apss si è poi soffermato sulle prospettive. Due i
versanti ai quali si sta lavorando: quello degli infermieri
di famiglia e di comunità e
quello delle cure
intermedie. Non si tratta di novità assolute ma dalle lezioni
conseguenti al Covid. Il
modello degli infermieri di
famiglia e di comunità sta
diventando sempre più
importante.
Dopo le esperienze a Pieve Tesino e Baselga di Pinè, l’Apss ne
ha avviato anche
a Ledro, Ala e Pinzolo.
Negli anni ‘90
– ha ricordato – quando
si toglievano infermieri agli ospedali
per applicare queste figure
ai territori, ci
si lamentava della loro
carenza nei
nosocomi. Poi però questa soluzione si è sempre più sviluppata nel
mondo delle cure domiciliari
e oggi
nessuno ne mette
in discussione la validità
anche a beneficio degi ospedali. In
questi anni le cure domiciliari si sono via via concentrate sui
pazienti più gravi, le non autosufficienze e
le polipatologie. Ora
però si sta
aprendo un orizzonte nuovo, perché
si comprende l’importanza di dedicare gli infermieri
di famiglia e di comunità
ai pazienti
fragili
non ancora non
autosufficienti.
Pazienti che ancora possono uscire di casa e
che, se seguiti, possono
rallentare il processo verso
la non autosufficienza. L’Apss sta valutando l’utilità di
adottare stabilmente questo servizio.
Quanto
alle cure intermedie come quelle di Mezzolombardo, per
Benetollo si sono dimostrate
strategiche nella risposta a
una certa tipologia di malati Covid, per
cui si sta ragionando
all’apertura anche di
altri nuclei previsti ad
Ala, alla Solatrix
di Rovereto e
al San
Camillo di Trento.
Si tratta di un’esperienza di grande successo, di
un servizio del tutto
diverso dalla cura ospedaliera perché con
l’obiettivo di migliorare
le autonomie nelle attività di vita della persona, coinvolgendo
per questo la famiglia, le
badanti, i car givers nella
“restituzione di competenze”.
Cosa significa? In
pratica, ha spiegato il direttore, gli infermieri impegnati nel
quotidiano giro delle
medicazioni ai malati
ricoverati in
ospedale, anziché invitare le persone familiari
in visita ad uscire dalla
stanza chiederanno loro di rimanere, perché vedano e imparino, ad
esempio, come si cambia un catetere, perché poi dovranno farlo loro.
Il
grande problema della carenza dei medici.
Benetollo
ha poi toccato lo spinoso
tema del
personale. “Noi oggi abbiamo in Apss 326 medici di medicina
generale. Di questi, più di 90 hanno già compiuto 65 anni. Quindi
andiamo incontro
ad una situazione nella quale non saremo in grado di sostituirli
tutti. Nè la nuova Scuola
di Medicina
potrà fornirci nei
prossimi anni un sufficiente
numero di medici di medicina
generale. Occorre quindi
lavorare subito
su questo problema che, certo, non riguarda solo il
Trentino. Nel prossimo
futuro vi sarà una forte
competizione sulla risorsa medico a livello nazionale. Per
questo nel piano strategico
2021-2025 ci siamo posti il
tema di come organizzarci per attirare
e trattenere i
professionisti. Non ci
aspettiamo di risolvere il
problema
ma questo sforzo farà
la differenza”.
Un
‘altra questione che riguarda il futuro della sanità trentina
richiamata dal direttore dell’Apss: come fare
passi avanti nell’organizzazione
della medicina convenzionata. La situazione è rimasta
bloccata negli
ultimi anni e ora va trovata
la chiave per andare nelle direzioni conseguenti sia
alle aspirazioni dei medici
che
all’evoluzione della medicina moderna. “Il ragionamento che
stiamo sviluppando è quello della rete professionale locale. L’idea
di base
è riconoscere la rilevanza di queste reti di professionisti che in
ciascun territorio rispondono alla maggior parte dei problemi di
salute dei cittadini. In val di Non abbiamo già
18 medici di medicina di
pronto soccorso, 25-30 medici di medicina e altrettanti infermieri
per cure domiciliari. Questi 70-80 professionisti già lavorano
insieme e sono la futura risposta alla maggior parte dei problemi di
salute della zona. Si tratta di dare rilevanza e peso a questo
mattone fondamentale dell’assistenza sanitaria sul territorio.
Attorno
a questo mattone – ha
concluso – andrà costruito
tutto il
resto. Il riconoscendo
di questa
rete potrà andare incontro anche
ai bisogni dei servizi
ospedalieri e la relazione
che nascerà tra questi
interventi modificherà in
profondità il ruolo delle cure territoriali rispetto a quello delle
cure ospedaliere.
Le
domande dei consiglieri.
Zeni
ha chiesto qualche dato in più
per poter effettuare delle comparazioni con le regioni vicine. Un
altro tema da approfondire per Zeni è quello del welfare anziani.
Ancora: per Zeni andrebbe fatto uno sforzo maggiore anche con i
collegamenti informatici tra medici di medicina generale e gli altri
attori del sistema per agevolare lo scambio di conoscenze e quindi
anche il lavoro dei
professionisti.
Demagri
ha chiesto dati
sui pazienti cronici seguiti
nel periodo pandemico, sulla
salute mentale, sugli
accessi ambulatoriali e
sugli
sviluppo dell’assistenza psicologica in tempo di Covid. Ha
poi chiesto quale sia il modello di riferimento dell’Apss per
quanto riguarda le reti
professionali locali citati da Benetollo per
presidiare la salute in ciascun
territorio. Sul pre-trage e sul monitoraggio telefonico, Demagri ha
ricordato che quest’approccio è stato giudicato
troppo distaccato perché
utilizzato solo per rilevare la temperatura e l’ossigenazione o il
dolore. Molto più importante da sviluppare rispetto
al monitoraggio telefonico sarebbe a
suo avviso la telemedicina. Ha
chiesto infine se le figure degli infermieri di
famiglia e di comunità coincidono con quelle
degli infermieri attualmente
utilizzati per le cure
domiciliari, per capire se
ora anche i pazienti fragili
oltre a quelli gravi saranno
a carico delle cure
domiciliari.
Zanella
ha ricordato che il grande e a
suo avviso opportuno taglio
di posti letto attuato in
passato non è andato di
pari passo con il potenziamento delle cure territoriali. Per
Zanella ci si è soffermati
poco sulla questione delle
cure preventive che pur non pagando nell’immediato portano a
risultati importanti nel lungo periodo.. Da questo punto di vista
anche il territorio, per
Zanella, è un assett
strategico per la prevenzione. Ha chiesto poi se la Provincia abbia
intenzione di assumere i 70
infermieri in più che spetterebbero al Trentino in base al Recovery
Plan per attivare la figura
dell’infermiere di famiglia e di comunità. Sulle
cure intermedie, anche
queste importanti per prevenire i ricoveri, occorrerebbe diffondere
l’esperienza degli “ospedali
di comunità”. Forte però
è la preoccupazione espressa da Zanella
sulla carenza di personale:
bisognerebbe guardare altri Paesi e regioni dell’Europa per vedere
quanti infermieri si
utilizzano
sul territorio.
Ugo
Rossi (Misto) ha
chiesto se anche l’ospedale
San Giovanni di
Mezzolombardo, concepito
dopo la ricostruzione come “una
struttura a servizio dei servizi territoriali”, rientri
tra quelli indicati da
Benetollo per le cure intermedie sulle quali investire. E
ha chiesto i dati sui posti
letto per le cure
intermedie, dove siano
collocate e quante si pensa
di crearne nell’arco dei prossimi 2-4 anni.
Le
risposte di Benetollo: reti di professionisti e infermieri di
comunità.
Benetollo
ha assicurato che tutti i
dati richiesti saranno forniti alla IV Commissione per i consiglieri.
Sul tema cruciale delle reti professionali e della carenza dei medici
di medicina generale, ha
sottolineato che le
iniziative del Trentino dovranno essere coerenti con le conoscenze
scientifiche sul tema delle cure primarie. Sulle
reti professionali locali le
proposte sulle quali l’Apss
sta ragionando sono in linea
con quelle che avanzano a livello nazionale. Per
la carenza dei medici il
direttore ha assicurato
che l’intenzione è di agire
subito puntando proprio a
queste reti di professionisti per rendere attrattivi i nostri servizi
sul territorio. Aggregazioni – ha spiegato – arricchite dalla
presenza di infermieri
professionali laureati, anche non si può dimenticare la carenza pure
di queste figure perché sul mercato del
lavoro non se ne trovano da
assumere. Infermieri di
famiglia e di comunità: sono state fatte assunzioni e sono state
dedicate apposite risorse.
La parola chiave che circola
a livello europeo su
queste figure è la “flessibilità”,
perché questi infermieri
devono essere radicati
all’interno di comunità e territori
che, soprattutto in
Trentino, non sono tutti
uguali. Vanno evitati
modelli rigidi da imporre ai
territori: lo sviluppo di questa figura dev’essere in rapporto al
singolo contesto locale. Vi
saranno ambiti in
cui gli infermieri di comunità faranno solo questo lavoro e altri
in cui saranno integrati con
le altre figure
professionali, come già
succede in alcuni territori. Collegamenti
informatici per lo scambio di informazioni sulla salute dei pazienti:
Benetollo ha assicurato che
l’Apss intende
puntare a questo obiettivo ma
il problema, che è nazionale, non è stato ancora risolto perché
l’Autorià garante della privacy sanziona chi non rispetta le norme
sulla riservatezza dei dati sensibili dei pazienti. Tuttavia
il futuro è in questi collegamenti
per sviluppare le
attività di prevenzione a favore dei soggetti fragili. Sul
San Giovanni di Mezzolombardo Benetollo
ha ribadito che
l’ospedale rientra tra quelli
di comunità.
Sforzin:
con il calo dell’emergenza si tornerà alle cure intermedie.
Simona
Sforzin ha
precisato che a Mezzolombardo vi sono 12 posti per cure intermedie e
8 per Hospice-Covid. Si conta in giugno di tornare alle cure
intermedie con altri
20 posti ad Ala,
11 al San
Camillo, 16 alla Solatrix
e poi potenzialmente 18 a Tione (dove
si sta ragionando sulla
sostenibilità). Quanto allo
scambio di dati sensibili
in via informatica, in
parte questo già avviene. Sforzin ha ricordato che durante
i mesi di maggior
incidenza dell’infezione da Covid-19 i pazienti in carico alle cure
domiciliari e palliative non sono diminuiti. Salute mentale: i dati
ci sono e certamente gli accessi domiciliari da parte dei servizi di
psichiatria hanno avuto una riduzione. Sforzin
ha evidenziato che il modello di
riferimento concettuale delle reti locali consiste
nella scelta di assistere i
pazienti con risorse e setting coerenti con i loro bisogni,
dalla prevenzione alle fasi
terminali della vita. In questo senso si declina di
volta in volta sui
territori la scelta di quali setting di cura per quali pazienti siano
più adeguati. Sulla
“remotizzazione”
dell’assistenza, Sforzin
ha spiegato che il
monitoraggio telefonico è risultato
uno strumento molto solido e
che vi
sono forti raccomandazioni perché sia ancora
utilizzato. Vi è poi un monitoraggio con device tutto ancora da
esplorare ma fa parte della stessa area di sviluppo della
remotizzazione.
I
consiglieri: come reperire il personale destinato a mancare sempre
più? Segnana: porteremo a Trento il corso di laurea per infermieri
di Verona.
Cia
ha posto una domanda sulla difficoltà di trovare infermieri
nonostante i bandi. Se è vero che nei prossimi 5 anni andranno in
pensione 1.200 infermieri, visto che vi è un numero chiuso
nell’accesso alla scuola infermieri, c’è da capire cosa si sta
facendo per evitare di trovarci con una carenza ancora più forte di
quella attuale, a maggior ragione se vogliamo
sia mantenere gli ospedali
efficienti sia investire
sulla maggiore presenza di queste figure (infermieri di famiglia e di
comunità) sul territorio.
Sforzin
ha risposto che anche
per gli infermieri come per
i medici occorre agire su sistemi di reclutamento nel
mercato nazionale, perché
scoprano che lavorare in Trentino può dare opportunità sia a
livello professionale che a livello personale. Ad esempio con la
creazione della nuova figura dell’infermiere di comunità destinata
a lavorare in parallelo con quella del medico di famiglia. Si tratta
quindi di essere attrattivi anche con modelli professionali più
evoluti di quelli tradizionali soprattutto sul territorio.
Zanella
ha aggiunto che occorre
puntare anche sulla
formazione, rivedendo la
quantità dei numeri chiusi e
puntando su corsi
per gli infermieri più
brevi di quelli dei medici. La
Provincia ha a suo avviso il dovere di investire sulle risorse
umane nel sistema sanitario.
Segnana
ha concluso ricordando che per
questo nel corso dell’ultimo
anno, l’Apss ha assunto molti
infermieri. E
che la Provincia vuole portare
a Trento anche il corso di
laurea in infermieristica di
Verona: il
che permetterà di fare
tirocini sul nostro territorio.
Sì
unanime al regolamento proposto dalla Giunta che proroga di altri 6
mesi, fino al 31 dicembre 2021, la scadenza per l’accreditamento
dei soggetti del Terzo Settore ai quali affidare i servizi sociali.
Subito
prima la IV
Commissione si
era espressa con voto unanime a favore
della delibera della
Giunta
relativa
al Regolamento della legge 13 del 2007 sul welfare “in
materia di autorizzazione, accreditamento e vigilanza dei soggetti
che operano in ambito socio assistenziale". La
proposta di delibera, ha
ricordato Cia, segue
ad una serie di audizioni dedicate dalla IV Commissione al Terzo
Settore e
allo spostamento in avanti delle scadenze.
Segnana
ha ricordato che la delibera ha già ottenuto il consenso del Cal
anche per l’ulteriore slittamento al 31 dicembre di quest’anno
della scadenza in precedenza prevista a fine giugno, concessa ai
soggetti del Terzo settore interessati all’accreditamento. La
Giunta non intende però spostare ancora una volta in avanti la
scadenza per l’accreditamento che stavolta era giustificato
dall’anno della pandemia che ci lasciamo alle spalle. L’assessorato
ha ricordato di aver condiviso lo scostamento della tempistica anche
con la Federazione delle cooperative e gli altri soggetti
interessati. Sono in corso degli audit per dare supporto alle
cooperative per quanto riguarda i requisiti richiesti per
l’accreditamento. Si è provveduto anche ad una semplificazione
delle procedure.
Paolo
Zanella (Futura)
ha osservato che il provvedimento è frutto di un buon modo di
collaborare tra le parti interessate: si tratta di un esempio di come
si dovrebbe sempre operare e andare incontro alle esigenze di chi è
stato occupato in prima linea. Zanella ha chiesto se anche per gli
affidamenti è previsto un accompagnamento dei soggetti che dovranno
impegnarsi in questo campo.
Paola
Demagri (Patt)
ha chiesto e ottenuto chiarimenti su alcuni aspetti del regolamento,
giudicato comunque positivo il regolamento risultato dall’intesa
raggiunta.
Luca
Zeni
(Pd) si è dichiarato soddisfatto dell’equilibrio raggiunto e ha
plaudito alla flessibilità dimostrata nell’adattare la normativa
alle concrete esigenze emerse.
Segnana
ha confermato che l’accompagnamento per gli affidamenti è previsto
ed è affidato alla Fondazione Demarchi con docenti universitari che
possono essere interpellati. Vi sono anche incontri periodici con i
soggetti affidanti per sostenere la programmazione e utilizzare al
meglio anche lo strumento degli appalti.