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04/06/2015 - Incontri

Pace, guerra, omofobia, una ricerca per capire cosa ne pensano i giovani

L'indagine commissionata dal Forum trentino per la pace ha raccolto l'opinione di 1000 studenti

Pace, guerra, omofobia, una ricerca per capire cosa ne pensano i giovani

In allegato il report completo della ricerca "Diritti alla pace"

Pace, guerra, omofobia, una ricerca per capire cosa ne pensano i giovani

​​​Oggi pomeriggio nella Sala dell'Aurora di Palazzo Trentini a Trento, sono stati presentati i risultati della ricerca Diritti alla pace che indaga rappresentazioni e percezioni di un campione di oltre 1.000 studenti attorno al tema del rapporto con l'altro.

Il Presidente del Consiglio, Bruno Dorigatti, introducendo l'incontro, ha ricordato che il Forum per la Pace, che ha commissionato la ricerca, nacque 24 anni fa, il 6 giugno del 1991, con il consenso di tutte le forze politiche, tranne l'allora Msi. I temi, pace, lotta alle discriminazioni razziali e sessuali, tolleranza e accoglienza degli stranieri, ha affermato Dorigatti, sono ancora attuali. Anzi, oggi, di fronte alle gravi tensioni internazionali e all'immigrazione sono di ancor più scottante attualità. Non solo, ha sottolineato il Presidente, lo sforzo del Forum di essere presente sul territorio è particolarmente importante perché è proprio nelle realtà territoriali che i diritti trovano maggiori resistenze. Alla presentazione hanno partecipato il Presidente del Forum, Massimiliano Pilati, la vicepresidente Violetta Plotegher, l'assessora Sara Ferrari e il consigliere Mattia Civico.

La ricerca: ecco cosa pensano i ragazzi di pace, guerra, omofobia, parità uomo – donna.

Pace e guerra, relazioni tra generi, omosessualità e omofobia, migrazioni e migranti: cosa ne pensano i nostri ragazzi? Per cercare di rispondere a questa domanda il Forum trentino per la pace e i diritti umani ha realizzato con il Dipartimento di Sociologia e Ricerca sociale dell'Università di Trento una ricerca che ha esplorato opinioni, percezioni e atteggiamenti di un campione di 1.026 studenti trentini del quarto anno di scuola secondaria di secondo grado e formazione professionale. L'indagine – coordinata dalla D.ssa Francesca Sartori – ha previsto un modulo quantitativo con la somministrazione a scuola di questionari strutturati e un approfondimento qualitativo attraverso alcuni focus group.

Premio uomo/donna di pace – Innanzitutto: a chi assegnerebbero il Premio uomo/donna di pace? Chiamati a indicare il nome di un personaggio noto, molti intervistati si smarriscono, non sanno dare una risposta o indicano persone ordinarie che 'fanno del bene quotidiano': medici, missionari, associazioni. Meno di sette studenti su dieci si sono sbilanciati a indicare un nome preciso: tra coloro che indicano la preferenza, però, è Papa Francesco a conquistare il podio, con quasi un quarto delle indicazioni (24,4%). Altri due nomi lo seguono, riscuotendo un discreto successo: si tratta di Gandhi (12%) e Mandela (10%) entrambi, però, non più viventi.

Coerentemente, invitati a dare un voto da 1 a 10 all'impegno per la pace di alcune organizzazioni e istituzioni, gli intervistati premiano le associazioni umanitarie: Medici senza frontiere ed Emergency, infatti, sono i vincitori di questa classifica virtuale (prendendo un voto pari o superiore a 8 rispettivamente nel 68% e 66% dei casi), seguiti da UNICEF e Amnesty International (54%), ONU (50%), Organizzazioni per i diritti delle donne (40%), WWF (38%), Caritas (36%), Unione Europea (34%), Chiesa (33%), NATO e Greenpeace (30%), UNHCR (27%).

Gli Stati non fanno gran che, sembrano dirci i ragazzi: sono quote residuali di intervistati che attribuiscono un voto alto a Israele (1%), Cina (2%), Russia (2%), Palestina (2%); la stessa Italia arriva al 14% e gli USA al 23%. Se si tratta di costruire pace, i Governi sono il fanalino di coda.

La pace – sembrano suggerire gli studenti – si costruisce giorno per giorno, grazie a uomini e donne di buona volontà che mettono la loro vita e la loro conoscenza al servizio di chi è in sofferenza. E il diritto alla salute sembra essere un elemento particolarmente rilevante per la tutela della pace nel mondo.

No alla guerra (ma a volte forse serve) – No war affermano in generale gli intervistati, ma i pacifisti, cioè coloro che considerano la guerra sempre sbagliata, sono appena il 6% del campione: il 3% dei maschi e il 9% delle femmine.

In generale, sono delle minoranze ad affermare che la guerra è giustificata come risposta in caso si sospetti la produzione di armi atomiche o chimiche (32%), se si teme la minaccia ai valori e agli interessi nazionali (24%) o se si vuole aiutare uno Stato amico contro un suo nemico (16%). E non basta che siano tutelati i civili per appoggiare il conflitto armato (27%). D'altra parte, la guerra è al contempo ammissibile per gran parte dei ragazzi se serve per rispondere agli stermini di una dittatura (84%) o quando si sostiene un Paese aggredito da uno più potente da cui deve difendersi (71%) o se si difende da sé (63%) o se subisce attentati (60%): la guerra, insomma, come soluzione estrema a problemi estremi.

Ma perché la guerra? – Ai ragazzi è stato proposto un elenco di sette possibili minacce alla pace internazionale ed è stato chiesto loro di indicare le tre ritenute più pericolose: tre intervistati su quattro condividono che la presenza di gruppi politici o religiosi estremisti che usano metodi di lotta violenta sia una delle minacce peggiori (il 75% dei giovani la indica come una delle tre più pericolose). Interessante, però, che il 56% indichi gli interessi economici relativi alle materie prime e all'energia e il 32% le forti disuguaglianze economiche tra nazioni sviluppate e terzo mondo.

La convivenza tra popoli con culture differenti, invece, è percepita come minacciosa da un'esigua quota di intervistati (18%) a meno che non ci siano nazioni che vogliono imporre i propri interessi a scapito degli altri (49%): la guerra, quindi, non tanto come scontro di civiltà ma come esito della disuguaglianza globale.

E l'Italia? In pace (ma non troppo) – La maggioranza degli studenti intervistati (57%) ci ritiene prevalentemente in pace, ma è appena l'1,5% a ritenerci sicuramente tali. E come mai? Non sono i migranti o i partiti politici sfiduciati a minare la nostra tranquillità, quanto piuttosto corruzione e illegalità, l'incapacità di rispettare e far rispettare le leggi.

Inoltre, i nostri ragazzi ritengono diffusi (molto o abbastanza) il razzismo verso gli immigrati (94%), la violenza contro le donne (91%), l'omofobia (8%) e – anche se in misura più contenuta – l'intolleranza verso altre religioni (59%).

Un Paese in cui la cultura dell'accoglienza sembra così poco diffusa, non può certo dirsi "in pace".

Omofobia: esiste? – Per l'85% degli studenti intervistati gli omosessuali nella nostra società sono discriminati; l'avversione verso le persone omosessuali è ritenuta abbastanza o molto diffusa da oltre quattro intervistati su cinque (l'83%). Quindi: la discriminazione è un fatto percepito come reale e di ampia portata.

E anche se la vita affettiva delle coppie omosessuali rimane un fatto che riguarda la vita privata (per l'84%), la politica non può ignorare i diritti negati: ampie maggioranze di intervistati ritengono giusto fare una legge che tuteli gli omosessuali da violenze verbali e fisiche (80%) e riconoscerne il matrimonio civile (68%), anche se questo non deve tradursi automaticamente nella possibilità di adottare figli. Su questo tema il campione si spacca: è il 42% dei ragazzi, infatti, a condividere che "È giusto riconoscere l'adozione di bambini per le coppie omosessuali".

Uomini e donne: relazioni a cambiamento lento. 

Nonostante la presenza di disparità di genere evidenti in molti contesti sociali, la condizione delle donne è certamente cambiata. Tuttavia anche i dati di questa ricerca mostrano che sono ancora presenti stereotipi e rigidità che riproducono il ruolo cristallizzato di donna angelo del focolare, madre e moglie, subordinata alla volontà del pater familias: le ragazze manifestano la volontà di affermarsi come professioniste e i coetanei ritengono accettabile che queste si realizzino al di fuori della casa; allo stesso modo, è condivisa la legittimità di suddividere le incombenze di casa: il 95% dei maschi e il 99% delle ragazze ritengono che la carriera sia adatta anche alle donne e l'85% dei maschi e il 98% delle femmine concordano attorno all'idea che le faccende domestiche siano suddivise tra i partner. Queste dichiarazioni generali, però, si affiancano a idee legate alla quotidianità meno paritarie: il 25% dei maschi e il 4% delle femmine ritengono giusto che in casa sia l'uomo a comandare; il 67% dei maschi e quasi la metà delle femmine (49%) ritiene che in presenza di figli piccoli è sempre meglio che il marito lavori e la donna resti a casa; o, ancora, il 38% dei ragazzi e il 22% delle coetanee ritiene che avere successo nel lavoro sia più importante per l'uomo che per la donna. Insomma: libere/i sì, ma dentro dei vincoli non ancora del tutto scardinati.

"La ricerca ha coinvolto un campione molto specifico (studenti del quarto anno di scuola secondaria di secondo grado e formazione professionale, ndr), ciò nonostante – afferma il Prof. Carlo Buzzi, consulente scientifico all'indagine – offre dei risultati interessanti e, per certi aspetti, inediti. Gli intervistati mostrano di appartenere a un contesto che si colloca a metà strada tra tradizioni e innovazione sociale; tra stereotipi allarmistici e prese di coscienza responsabili e mature; tra desideri di cambiamento e conservazione di visioni rassicuranti. Tutto ciò impone alla comunità adulta la necessità di fermarsi ad ascoltare e capire ulteriormente i ragazzi per meglio intendere dove e come dirigersi per educarli a una cittadinanza più attiva e inclusiva".

"Crediamo che questo lavoro sia un punto di partenza importante per il Forum e offra alla comunità del materiale di riflessione prezioso – sostiene il Presidente del Forum, Massimiliano Pilati – perché ci suggerisce molte piste di lavoro verso le quali volgere: non mancano le criticità (come sul tema dell'accoglienza dei migranti), ma si intravedono grandi risorse che possiamo e dobbiamo far fruttare in modo che i diritti di tutti siano sempre più diffusi e meno negati." 

Approfondimenti
Report completo ricerca Diritti alla pace
http://bit.ly/1ARk4Kx