Un convegno a palazzo Trentini per celebrare il traguardo
Difesa civica, quarant'anni a servizio di tutti i cittadini
In allegato, gli interventi di Mario Tonina e di Marino Fardelli. Foto allegate
Nel
1982, con la legge provinciale 28, il Trentino si dotava della difesa
civica, otto anni dopo la prima esperienza pilota in Italia, quella
della Regione Toscana. Il traguardo del 40° è stato celebrato oggi
a palazzo Trentini con un intenso
convegno,
moderato
dalla professoressa Anna
Simonati
e seguito
da un parterre particolarmente qualificato e rappresentativo del
mondo istituzionale ma anche economico e sociale della nostra
provincia.
Il
presidente del Consiglio provinciale, Walter
Kaswalder,
ha introdotto i lavori e ha voluto ringraziare le sei figure che in
questi quattro decenni hanno interpretato il ruolo dell’ombudsman,
incardinati presso l’assemblea legislativa ma del tutto autonomi
nell’esercizio della propria azione di tutela del cittadino di
fronte ai bizantinismi e alle opacità della pubblica
amministrazione. Gli
enti territoriali trentini si sono via via convenzionati con il
Consiglio – ha detto Kaswalder - per estendere ai propri ambiti la
difesa civica, ad oggi mancano all'appello 30 Comuni e spero dunque
provvedano in tempi brevi, consentendoci così di affermare che tutta
la provincia conta su questo essenziale diritto dei suoi cittadini.
E’
stata poi la difensora civica in carica, l’avvocata Gianna
Morandi,
a tracciare un quadro dei poteri e prerogative dell’istituto, non
senza un espresso omaggio alla figura del primo difensore
provinciale, quell’Enrico
Bolognani che
nei suoi due mandati – dal 1985 al 1994 – si distinse per l’alta
dedizione riservata soprattutto ai più deboli di fronte all’ente
pubblico. Morandi ha anche ricordato Raffaello
Sampaolesi,
altro difensore civico (2009-2014)
purtroppo
deceduto nel 2020. L’avvocata ha ricordato che oggi tra
le Regioni italiane
solo la Sicilia non ha istituito il difensore civico, mentre Puglia e
Calabria hanno la legge ma non l’hanno mai nominato concretamente.
In Trentino invece è
ormai realtà consolidata e apprezzata questa figura che garantisce
una terzietà attiva tra cittadino e P.a., che lavora in perfetta
indipendenza e che
svolge
la sua advocacy
utilizzando sia poteri concreti d’intervento, sia soprattutto
una preziosa
attività di moral
suasion.
Morandi
ha voluto evidenziare i molti e diversificati ambiti operativi del
difensore, il suo impegno nella tutela del diritto di accesso agli
atti, il suo campo d’azione anche in ambito sanitario per effetto
della legge Gelli-Bianco del 2017.
Donata
Borgonovo Re,
difensora civica dal 2004 al 2009 (ma
anche ex consigliera e assessora provinciale),
ha passato in rassegna le modifiche normative che con particolare
efficacia sono riuscite nei decenni ad adeguare l’impianto della
difesa civica alle criticità via via emerse. Si partì in epoca
pionieristica – ha spiegato la docente universitaria – quando non
esistevano
il responsabile del procedimento amministrativo, l’obbligo di
motivazione degli atti della P.a., il diritto di accesso agli atti
dei cittadini. Anche a valle di queste sacrosante guarentigie,
però, è emerso che l’ombudsman
di
scandinava derivazione rimane
un utile Virgilio che guida il cittadino-Dante dentro il potenziale
inferno della burocrazia. Non è un caso se anche in Svezia, dove la
difesa civica è appunto
nata nel lontano 1809, pure la figura esiste e opera tuttora.
Borgonovo
Re ha salutato in sala la figlia di Enrico Bolognani ma anche l’ex
difensore civico Alberto
Olivo
(1994-1999). E ha riepilogato alcuni passaggi evolutivi
dell’istituzione. Già nel 1984 viene incardinata non più presso
la Giunta provinciale, ma ben più opportunamente presso il
Consiglio; nel 1988 gli viene riconosciuto un diritto di attivarsi
d’ufficio, senza dover attendere l’iniziativa
del cittadino; nel 1991 gli viene attribuito anche un potere
d’intervento in ambiti di competenza delle amministrazioni
periferiche dello Stato.
E’
seguita la relazione del presidente del Tar di Trento, Fulvio
Rocco,
che ha tra l’altro ricordato come in Italia – a differenza di
quasi tutti i Paesi europei – non si è mai arrivati
all’approvazione di una legge istitutiva del difensore civico
nazionale.
Il
magistrato amministrativo ha ragionato poi
de
iure condendo,
ossia sulle possibili e auspicabili innovazioni normative anche a
livello di legislazione provinciale.
Ultimo
intervento quello di Marino
Fardelli,
difensore civico in Lazio e presidente del Coordinamento nazionale
dei difensori civici regionali e provinciali. La
sua percezione è che – mentre la difesa civica italiana sta
acquistando autorevolezza a livello europeo – ci sia ancora da
colmare un gap di riconoscibilità da parte del comune cittadino.
Fardelli (vedi allegato) ha anche elencato gli aspetti a suo dire
necessari
per assicurare il futuro della difesa civica in ambito nazionale.
Il
convegno si è chiuso dopo una fase di dibattito conclusiva. E’
intervenuta la difensora della provincia di Bolzano Gabriele
Morandel,
poi Alberto Olivo che ha opinato come l’assenza di veri poteri
coercitivi da parte del difensore sia in realtà un di più e non una
deminutio
di questo garante, ché anzi non sarebbe condivisibile un esercizio
da parte sua di poteri ben più adatti all’ambito della
magistratura.
In
sala c’erano l’assessore regionale Lorenzo
Ossanna
e i consiglieri provinciali Paola
Demagri,
Pietro
De Godenz
e Alex
Marini.
Quest’ultimo ha preso la parola chiedendosi se la dottoressa
Morandi possa anche occuparsi di due temi di dettaglio: la pressione
affinché i principi della Commissione di Venezia vengano finalmente
pubblicati anche in lingua italiana; la registrazione di un dominio
per il lancio di un sito web autonomo del difensore civico
provinciale, più facilmente raggiungibile dagli utenti rispetto alla
pagina attuale interna al sito del Consiglio provinciale.