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15/02/2022 - In aula o in commissione

Riapre Italcementi a Sarche, business plan di 20 anni. Monitoraggio Appa per misurare gli inquinanti

Le ultime audizioni della Terza Commissione sulla riapertura del cementificio a Sarche

Riapre Italcementi a Sarche, business plan di 20 anni. Monitoraggio Appa per misurare gli inquinanti

In allegato, le consultazioni precedenti

Riapre Italcementi a Sarche, business plan di 20 anni. Monitoraggio Appa per misurare gli inquinanti
​​Si sono svolte nel pomeriggio di oggi presso la Terza Commissione presieduta da Ivano Job, altre consultazioni in merito alla petizione popolare sulla contrarietà alla riaccensione del forno del cementificio di Sarche, Sono stati ascoltati Italcementi spa, i sindaci dei comuni di Cavedine, Madruzzo, Vallelaghi e il commissario della Comunità della Valle dei Laghi. Italcementi ha rassicurato sulla riduzione dei livelli emissivi e del traffico per il trasporto del materiale da lavorazione ed ha ipotizzato un investimento su almeno vent’anni per il cementificio che si riattiverà entro la fine di marzo. Prima dell’accensione del camino, Appa ha attivato un piano di monitoraggio h24 per misurare le ricadute degli inquinanti.


Italcementi: l’attività riprende, ma il traffico sarà ridotto e anche i livelli emissivi


Agostino Rizzo direttore tecnico di Italcementi, ha premesso che l’azienda, leader in Italia nel settore del cemento, aveva sospeso l’attività di produzione a Sarche a inizio 2015 per la crisi del settore e per un investimento importante avviato dall’azienda in provincia di Brescia. In valle dei Laghi era rimasta però attiva l’attività di macinazione. La riattivazione dei forni, ha rassicurato, non comporterà un incremento produttivo. Sono previsti una serie di interventi anche di tipo ambientale con l’obiettivo di ridurre i livelli emissivi ad un livello anche inferiore al 2015. Si prevede un investimento di 5 milioni di euro e l’assunzione di una trentina di persone che si uniscono alle 18 che già lavorano nello stabilimento. Il semilavorato verrà prodotto all’interno dello stesso cementificio e quindi il traffico di camion per il trasporto del materiale da lavorazione sarà ridotto rispetto al passato. L’attività dovrebbe iniziare a fine marzo.


Le domande dei consiglieri


Lucia Coppola (Misto_Verdi per l’Europa) ha rilevato che in una zona di tale pregio paesaggistico, naturalistico ed agricolo, un cementificio è decisamente fuori contesto. Detto questo, le richieste dei sottoscrittori della petizione (tra i quali studi approfonditi, monitoraggio continuo, basse emissioni e un cartello luminoso che le segnali in tempo reale) vanno sicuramente assecondate perché potrebbero garantire che la situazione possa essere il meno conflittuale possibile e favorire un’accettabile qualità della vita. Lucia Coppola ha sollevato poi, accanto all’inquinamento dell’aria, il tema delicato dell’inquinamento sul terreno attraverso il deposito di metalli pesanti.

Alessio Manica (PD) ha premesso che spostare un impianto da una parte all’altra non ne migliora la digeribilità e un’economia come la nostra ha bisogno di una produzione industriale. Il tema è la certezza che l’attività venga svolta con il maggior investimento possibile sull’abbattimento dell’impatto ambientale e attivando un costante, trasparente coinvolgimento delle comunità. Per la gestione dell’impatto è stato chiesto in che maniera si intenda intervenire per ridurre i livelli di emissione e quali combustibili saranno utilizzati per far funzionare l’impianto.

Lorenzo Ossanna (Patt) ha sottolineato l’importanza della riduzione del trasporto del materiale da lavorazione, che limiterà uno degli impatti più importanti, quello del traffico ed ha chiesto come avverrà il controllo delle esalazioni. Questi sono aspetti che lasciano intendere la volontà dell’azienda di instaurare un rapporto di collaborazione con la Provincia e con il territorio, ha osservato. Ha inoltre chiesto quali potrebbero essere le ricadute positive che potrebbero fare da contrappunto alla riapertura del forno.

La politica è stata un po’ latitante su questa vicenda, ha osservato Filippo Degasperi (Onda civica) dal momento che dal 2015 ad oggi ci sarebbe stato tempo per fare altri ragionamenti e l’azienda ha oggi pieno titolo di chiedere la ripartenza, anche se è innegabile che la presenza di quello stabilimento in quel contesto è incoerente. L’esponente di Onda civica ha quindi chiesto se gli interventi di mitigazione dell’impatto ambientale saranno messi in campo prima dell’attivazione e quali best practises si intendano adottare. Infine, quale sia la strategia dell’azienda, dal momento che la concessione mineraria dovrebbe scadere nel 2024.

Alex Marini (Misto-5 Stelle) ha chiesto se siano state valutate e in che forma eventuali compensazioni per le emissioni di Co2. Ha inoltre chiesto quali modalità si immaginano per il trasporto, ovvero se sia ipotizzabile a lungo termine anche un parziale trasporto su ferro.

Ha ribadito la preoccupazione rispetto all’impatto ambientale Paolo Zanella (Futura) che ha chiesto chiarezza sulla volontà di ridurre le emissioni e quali livelli si intendano rispettare a tutela della cittadinanza e sul numero di camion che si prevede transiteranno. Infine, ha chiesto se i dipendenti siano già stati individuati e se possano essere compensativi rispetto all’imminente chiusura di un altro stabilimento presente nella stessa area.

Ivano Job (Lega) ha chiesto il quantitativo e la provenienza dei fanghi che sarebbero bruciati, suggerendo eventualmente l’introduzione di un accordo sull’utilizzo di materiali trentini.

Alessia Ambrosi (Fratelli d’Italia) ha chiesto lumi sulla strada che arriva al cementificio.


Italcementi ipotizza un investimento su almeno vent’anni


Nella replica alle domande dei commissari, Rizzo ha chiarito che la produzione a Sarche non è mai stata interrotta, con 250.000 annue tonnellate producibili. Ad oggi abbiamo un arrivo di circa 200.000 tonnellate all’anno e il transito di 7000 mezzi all’anno cui si aggiungono circa 6000 mezzi per il combustibile. Con circa 175.000 tonnellate di produzione all’anno e la riduzione del traffico di camion per il trasporto del materiale da lavorazione l’impatto del traffico diminuirà di oltre 6300 mezzi. Sulle emissioni: gli interventi riguardano la riduzione degli ossidi di azoto con riattivazione del sistema catalittico con utilizzo di ammoniaca. E’ prevista l’installazione di un sistema di monitoraggio all’avanguardia h24, 7 giorni su 7, secondo i migliori standard presenti sul mercato. Tutti questi interventi saranno attivati prima della partenza della produzione. Quanto alla coesistenza dell’impianto in area paesaggisticamente rilevante, basta guardare l’Italia per osservare ovunque altre simili realtà, senza contare che per il Trentino il cemento è una commodity importante. Certamente, va prodotto in maniera seria e sostenibile, con tecnologie che riducano al minimo gli impatti e ci sono dei riferimenti normativi e dei range all’interno dei quali ci muoviamo. Anche per le emissioni nel terreno un sistema di monitoraggio prevede frequenti misurazioni. Lo stabilimento è nel luogo dove sta da molti anni e la preoccupazione sulla sua riattivazione non può essere confusa con il diniego del diritto di esercire un’attività che rispetta regole e leggi. Lo stabilimento non è spostabile (visto che l’investimento per un impianto del genere si attesta sui 100/150 milioni di euro), però può coesistere con l’ambiente. Quanto alla trasparenza, certo non manca all’azienda che rappresento, ha detto Rizzo, ed ha caratterizzato tutti i passaggi fin qui avviati. Siamo aperti a tutto, i dati del monitoraggio sono visualizzabili, anche se chiaramente dovrebbero essere analizzati da soggetti competenti per non essere equivocabili. La scadenza della concessione mineraria è dicembre 2024, ma l’ambito è inserito all’interno del piano cave e si tratta di iniziare una pratica riautorizzativa perché l’investimento è di medio-lungo periodo, ovvero non meno di vent’anni, come lo sono tutti gli impianti di questa portata. Per le assunzioni ci sono stati spostamenti da altri stabilimenti non in chiusura, e altre sono state fatte sul posto, ma non c’è trasferimento massivo da impianti in chiusura. Assolutamente positivi e costruttivi i rapporti con la Provincia e con Appa, ha aggiunto, e non è scontato. Quanto ai trasporti, l’esperienza insegna che i punti di utilizzo di questi materiali sono molto diffusi e distribuiti, quindi difficilmente trasferibili su ferrovia. Per i fanghi, che sono inquadrati come rifiuti provenienti da processi di trattamento di prodotti civili, vale il principio della territorialità, pur in una logica di concorrenza.


I sindaci: soddisfazione per il monitoraggio avviato da Appa prima dell’accensione del camino. Azione mirata alla salvaguardia della salute dei cittadini


Sono intervenuti quindi i sindaci di Madruzzo, Cavedine e Vallelaghi e il presidente della Comunità Valle dei Laghi.

Michele Bortoli, sindaco di Madruzzo ha riassunto brevemente la vicenda, illustrando il parere negativo dato dall’amministrazione, principalmente motivato con la mancanza di monitoraggio sul territorio. Recentemente Appa ha attuato un piano di monitoraggio h24 a 600 metri dalla bocca del camino, distanza ottimale per misurare le ricadute degli inquinanti. Il monitoraggio è un primo passaggio che ci soddisfa, ha osservato, ancor prima dell’accensione del camino. Bortoli ha poi citato il documento in 13 punti condiviso dai tre comuni che richiede alla Pat l’attivazione di procedure a garanzia e tutela della salute pubblica in vista della riaccensione delle linee di cottura del cementificio.

Lorenzo Miori, sindaco di Vallelaghi, ha definito “vitale” aver fatto partire il monitoraggio della qualità dell’aria prima dell’accensione del forno. Miori ha percorso gli altri aspetti contenuti nel documento dichiarando che il confronto è stato finalizzato all’ottenimento delle maggiori garanzie possibili in ambito di tutela della salute dei cittadini. La salute delle persone e la garanzia dei monitoraggi sono stati richiamati anche dal sindaco di Cavedine David Angeli. Tutti aspetti ricordati nel suo breve intervento anche da Attilio Comai, presidente della Comunità Valle dei Laghi.


Il confronto con i commissari


Lucia Coppola ha definito seria ed accurata l’elencazione delle preoccupazioni dei sindaci e completa la serie delle richieste avanzate. In particolare ha apprezzato tra i temi posti dagli amministratori, la richiesta di rassicurazioni sulla non conversione del cementificio in inceneritore, un tema delicato all’ordine del giorno quando si parla di cementifici. Ha suggerito alla Provincia e ad Appa di farsi carico delle istanze rappresentate dai Comuni ed ha detto di confidare nel fatto che nel 2028 ci sia una possibile riconversione, perché quello stabilimento è del tutto slegato dal contesto in cui si colloca.

Alessio Manica ha ribadito che di fronte a questi impianti, complessi, ma necessari, non fa gioco l’atteggiamento dello spostamento, si deve pretendere la minimizzazione degli impatti e la compatibilità con la salute dei cittadini e questo è quanto è stato fatto. Diverso l’orizzonte di medio termine che non combacia con i piani industriali dell’azienda. La speranza di poter chiudere lo stabilimento è a suo avviso illusoria, perché Italcementi ha parlato di rinnovo quasi automatico della concessione. Serve dunque una chiarezza della volontà politica su questo aspetto.

Anche Lorenzo Ossanna ha richiamato quanto comunicato da Italcementi circa i tempi di produzione, che non lasciano purtroppo immaginare una chiusura a breve termine. Per questo, a maggior ragione, è necessario a suo avviso che il territorio sia compensato per quest’opera e questo è un tema che andrà valutato anche politicamente e del quale il consigliere ha detto di volersi fare carico.

Alex Marini ha ricordato che il percorso di qualificazione del territorio conclusosi nel 2013, aveva definito una serie di obiettivi che il territorio avrebbe dovuto perseguire per un suo sviluppo, ma non aveva messo in evidenza la presenza del cementificio che oggi apprendiamo resterà attivo per almeno vent’anni. Ha chiesto se gli amministratori abbiano intenzione di riprendere quel percorso e di adottare un piano di sviluppo, dal momento che la Provincia ha dato la sua disponibilità.

Paolo Zanella ha sottolineato i tre aspetti positivi della vicenda: i 25 lavoratori locali inseriti nell’attività, la riduzione del traffico di oltre 6300 mezzi all’anno e il monitoraggio delle emissioni da parte di Appa prima dell’apertura dell’attività. Questo non mitiga certo l’impatto ambientale e i rischi per la salute e deve comunque rafforzare la volontà di tenere alta l’attenzione sui vincoli emissivi e, ha suggerito, attivarsi su un progetto di medio-lungo termine che possa diventare un modello per il territorio non solo trentino, magari attingendo alla leva del Pnrr.


Sindaci pronti ad aprire un tavolo


I sindaci per bocca di Miori hanno confermato di essere assolutamente disponibili a proseguire il confronto sul piano territoriale. Naturalmente, ha aggiunto, sul cementificio fin da subito occorre aprire un tavolo per capire quali azioni si possano mettere in campo per il medio-lungo termine, fermo restando che non siamo noi a poter decidere. Delocalizzare non è la soluzione, lo scopo della transizione deve essere un altro. Bortoli ha detto che i comuni non hanno informazioni certe sulle assunzioni e sulla data di inizio dell’attività ed ha chiesto alla Provincia il sostegno nel far valere le loro richieste. Comai ha precisato che il confronto sul Piano territoriale si è sbloccato solo un anno fa e che la volontà di proseguire c’è, ma tutto va ripreso in mano ed aggiornato.


Tonina: con Appa, iter condiviso fin dall’inizio


L’assessore Mario Tonina ha sottolineato l’iter partecipativo tenuto dalla Provincia nei diversi passaggi di questa vicenda, con il coinvolgimento diretto dei tre sindaci e del commissario della comunità: il giusto approccio ad un tema come questo. Certo, i punti portati all’attenzione dalle comunità a garanzia della salute della popolazione è sacrosanto. Ha altrettanto rimarcato e ribadito che Appa non ha iniziato ad occuparsi del tema perché sollecitata dal Comitato o dalla Commissione, ma che il lavoro lo avrebbe fatto comunque, perché il percorso è stato condiviso fin dall’inizio. Accanto a questo è evidente che si può sviluppare un confronto nei prossimi mesi e anni per interrogarsi su cosa può esprimere ancora di positivo quel territorio in questo contesto, anche se va detto che quel cementificio è sempre stato operativo e non ha mai smesso la sua attività. Infine, ha chiarito e concluso, abbiamo obblighi e responsabilità e la riapertura del forno deve passare da un’autorizzazione che dovrà essere data.


L'Appa: confermata l’attivazione del monitoraggio prima dell’accensione del forno, il procedimento autorizzatorio scade in questi giorni


Il dirigente generale di Appa Enrico Menapace ha richiamato la stretta collaborazione sul tema con le amministrazioni comunali e con il Comitato, con il quale ci sono stati numerosi incontri di confronto e condivisione. Ha confermato quanto riferito dai sindaci, ovvero l’attivazione di un piano di monitoraggio condotto dall’agenzia e cofinanziato dall’impresa a beneficio del territorio, con collocazione di una centralina mobile in una posizione in prossimità dell’insediamento produttivo. Ci sarà trasparenza, come richiesto dai Comuni, con comunicazione dei dati sulla qualità dell’aria, sulle emissioni e sulla qualità dei fanghi utilizzati come combustibile. Dati che saranno ricavabili dalle piattaforme web comunali, ma non sarà un problema se si decidesse di fare un tabellone esterno. Sarà rilevato anche il dato sull’impatto acustico dell’insediamento, una volta attivato l’impianto, con pubblicazione dei risultati. Nessun documento fa pensare ad una conversione del cementificio delle Sarche in inceneritore per il trattamento dei rifiuti urbani. Quanto ai limiti per gli inquinanti, ridurremo il limite più critico, quello delle polveri, al minimo consentito dalla legge, mentre per gli altri parametri procederemo intervenendo a monte dei monitoraggi, sebbene i dati riferiti al 2014 siano tranquillizzanti e ampiamente rispettosi dei limiti di legge. Il procedimento autorizzatorio ha una durata fissata per legge che siamo obbligati a rispettare, i termini scadono in questi giorni e siamo pronti a rilasciare il rinnovo dell’autorizzazione.

Alex Marini ha posto delle domande sul metodo: visto che la legge non specifica gli strumenti di partecipazione che possono essere utilizzati in questi casi si è chiesto se la petizione possa essere vincolante rispetto all’atto autorizzatorio o indirizzare le politiche. Infine, ha chiesto perché in questo caso non è mai stata fatta una valutazione dell’impatto energetico prevista per legge.

La Commissione può studiare, informarsi, preparare una relazione sulla petizione, ma non certo interrompere degli iter in corso, ha replicato Ivano Job.

​Menapace ha chiarito che questo è stato uno dei procedimenti autorizzatori più partecipati mai visti e questa è la funzione “non codificata” della petizione. I tempi del procedimento ci sono, sono in scadenza e li dobbiamo rispettare, anche perché tutto quello che poteva essere fatto è stato fatto.​