Le ultime audizioni della Terza Commissione sulla riapertura del cementificio a Sarche
Riapre Italcementi a Sarche, business plan di 20 anni. Monitoraggio Appa per misurare gli inquinanti
In allegato, le consultazioni precedenti
Si
sono svolte nel pomeriggio di oggi presso la Terza Commissione
presieduta da Ivano
Job, altre consultazioni
in merito alla petizione popolare sulla
contrarietà alla riaccensione del forno del cementificio di Sarche,
Sono
stati
ascoltati Italcementi
spa, i
sindaci dei comuni di Cavedine,
Madruzzo, Vallelaghi e
il
commissario
della Comunità della Valle dei Laghi. Italcementi
ha rassicurato
sulla riduzione dei
livelli emissivi e
del traffico per
il trasporto
del materiale da lavorazione ed
ha ipotizzato un investimento su almeno vent’anni per
il cementificio
che si riattiverà
entro la fine di marzo.
Prima
dell’accensione del camino, Appa
ha attivato un piano di monitoraggio
h24 per
misurare le ricadute degli inquinanti.
Italcementi:
l’attività
riprende, ma il traffico sarà ridotto e anche i livelli emissivi
Agostino
Rizzo
direttore tecnico di
Italcementi,
ha
premesso
che
l’azienda,
leader
in
Italia
nel
settore
del
cemento, aveva sospeso l’attività
di
produzione a Sarche a
inizio
2015 per la
crisi
del
settore
e per un investimento importante
avviato
dall’azienda in
provincia di Brescia.
In
valle dei Laghi
era
rimasta però
attiva l’attività
di macinazione.
La
riattivazione dei forni, ha rassicurato, non comporterà
un incremento produttivo. Sono
previsti una
serie di interventi
anche di tipo ambientale
con l’obiettivo
di ridurre i livelli emissivi ad
un livello anche
inferiore
al
2015. Si
prevede un investimento
di
5 milioni di
euro e l’assunzione
di una
trentina di persone
che si uniscono
alle 18 che
già
lavorano nello
stabilimento. Il
semilavorato verrà prodotto all’interno dello
stesso cementificio
e quindi il
traffico di
camion per il trasporto
del materiale da lavorazione sarà
ridotto rispetto al passato.
L’attività
dovrebbe iniziare a fine marzo.
Le
domande dei consiglieri
Lucia
Coppola (Misto_Verdi
per l’Europa) ha rilevato che in una zona di tale
pregio
paesaggistico, naturalistico ed agricolo, un cementificio è
decisamente fuori contesto. Detto questo, le richieste dei
sottoscrittori della petizione (tra i quali studi approfonditi,
monitoraggio continuo, basse emissioni e un cartello luminoso che le
segnali in tempo reale) vanno sicuramente assecondate perché
potrebbero garantire che la situazione possa essere il meno
conflittuale possibile e favorire un’accettabile qualità della
vita. Lucia
Coppola ha sollevato poi, accanto all’inquinamento
dell’aria, il
tema delicato
dell’inquinamento
sul terreno attraverso il deposito di metalli pesanti.
Alessio
Manica (PD)
ha premesso che spostare un impianto da una parte all’altra non ne
migliora la digeribilità e un’economia come la nostra ha bisogno
di una produzione industriale. Il tema è la certezza che l’attività
venga svolta con il maggior investimento possibile sull’abbattimento
dell’impatto ambientale e attivando un costante, trasparente
coinvolgimento delle comunità. Per la gestione
dell’impatto è stato chiesto
in
che maniera si intenda intervenire per ridurre
i livelli di emissione e
quali combustibili saranno utilizzati per far funzionare l’impianto.
Lorenzo
Ossanna
(Patt) ha sottolineato
l’importanza della riduzione
del
trasporto del materiale da lavorazione, che limiterà
uno degli impatti più importanti, quello del traffico ed
ha chiesto
come avverrà il controllo delle esalazioni. Questi sono aspetti che
lasciano intendere la volontà dell’azienda di instaurare un
rapporto di collaborazione con la Provincia e con il territorio, ha
osservato.
Ha inoltre chiesto quali potrebbero essere le ricadute positive che
potrebbero fare da contrappunto alla riapertura del forno.
La
politica è stata un po’ latitante su questa vicenda, ha osservato
Filippo
Degasperi (Onda
civica)
dal
momento che dal 2015 ad oggi ci sarebbe stato tempo per fare altri
ragionamenti e l’azienda ha oggi pieno titolo di
chiedere la ripartenza, anche
se è
innegabile che la presenza di quello stabilimento in quel contesto
è incoerente. L’esponente
di Onda civica ha
quindi chiesto se gli interventi di mitigazione dell’impatto
ambientale saranno messi in campo prima dell’attivazione e quali
best
practises
si intendano adottare. Infine, quale sia la strategia dell’azienda,
dal momento che la concessione mineraria dovrebbe
scadere
nel 2024.
Alex
Marini
(Misto-5
Stelle)
ha
chiesto se siano state valutate e in che forma eventuali
compensazioni per le emissioni di Co2. Ha
inoltre chiesto quali modalità si immaginano per il trasporto,
ovvero se sia ipotizzabile a lungo termine anche un parziale
trasporto su ferro.
Ha
ribadito la
preoccupazione rispetto all’impatto ambientale Paolo
Zanella
(Futura) che
ha
chiesto chiarezza sulla volontà di ridurre le emissioni e quali
livelli si intendano rispettare a tutela della cittadinanza e sul
numero di camion che si prevede transiteranno. Infine, ha
chiesto se
i dipendenti siano
già stati individuati e se possano
essere compensativi rispetto all’imminente chiusura di un altro
stabilimento presente nella
stessa area.
Ivano
Job
(Lega)
ha chiesto il quantitativo
e
la provenienza dei
fanghi che sarebbero
bruciati, suggerendo
eventualmente l’introduzione
di
un accordo sull’utilizzo
di materiali
trentini.
Alessia
Ambrosi
(Fratelli d’Italia) ha chiesto lumi sulla strada che arriva al
cementificio.
Italcementi
ipotizza un
investimento su almeno vent’anni
Nella
replica alle domande dei commissari, Rizzo
ha chiarito
che la produzione a Sarche non è mai stata interrotta, con 250.000
annue
tonnellate
producibili. Ad oggi abbiamo un arrivo di circa 200.000 tonnellate
all’anno e
il transito di
7000 mezzi all’anno cui
si aggiungono
circa 6000 mezzi per il combustibile. Con
circa 175.000 tonnellate di
produzione all’anno
e
la riduzione del
traffico di
camion per il trasporto
del materiale da lavorazione l’impatto
del traffico diminuirà
di
oltre 6300 mezzi.
Sulle emissioni: gli interventi riguardano
la riduzione
degli ossidi di azoto con riattivazione del sistema catalittico con
utilizzo di ammoniaca. E’
prevista l’installazione
di
un sistema di monitoraggio all’avanguardia h24, 7 giorni su 7,
secondo
i migliori
standard presenti sul mercato.
Tutti questi interventi saranno attivati prima
della partenza
della produzione. Quanto
alla
coesistenza dell’impianto in area
paesaggisticamente
rilevante,
basta guardare l’Italia per osservare ovunque altre simili realtà,
senza contare che
per
il Trentino
il cemento è una commodity
importante. Certamente,
va
prodotto in maniera
seria e sostenibile, con
tecnologie che riducano al minimo gli impatti e
ci
sono dei riferimenti normativi e dei range
all’interno dei
quali ci muoviamo. Anche
per le emissioni nel terreno un sistema di monitoraggio prevede
frequenti misurazioni. Lo
stabilimento è nel luogo dove sta da molti anni e la preoccupazione
sulla sua riattivazione non può essere confusa con il diniego del
diritto di esercire un’attività che rispetta regole e leggi. Lo
stabilimento non è spostabile (visto
che l’investimento
per
un impianto del genere si attesta sui 100/150
milioni di euro),
però può coesistere con l’ambiente. Quanto alla trasparenza,
certo non manca all’azienda che rappresento, ha
detto Rizzo,
ed ha caratterizzato tutti i passaggi fin qui avviati. Siamo aperti a
tutto, i dati del monitoraggio sono visualizzabili, anche se
chiaramente dovrebbero essere analizzati da soggetti competenti per
non essere equivocabili.
La scadenza della concessione mineraria è dicembre 2024, ma l’ambito
è inserito all’interno del piano cave e si tratta di iniziare una
pratica riautorizzativa perché l’investimento è di medio-lungo
periodo, ovvero non meno di vent’anni, come lo
sono
tutti gli impianti di questa portata. Per le assunzioni ci sono stati
spostamenti da altri stabilimenti non in chiusura, e altre sono state
fatte sul posto, ma non c’è trasferimento massivo da impianti in
chiusura. Assolutamente positivi e costruttivi i rapporti con la
Provincia e con Appa, ha aggiunto,
e non è scontato. Quanto ai trasporti, l’esperienza insegna che i
punti di utilizzo di questi materiali sono molto diffusi e
distribuiti, quindi difficilmente trasferibili su ferrovia. Per
i fanghi, che sono inquadrati come rifiuti provenienti da processi di
trattamento di prodotti civili, vale il principio della
territorialità, pur in una logica di concorrenza.
I
sindaci: soddisfazione per il monitoraggio avviato da Appa prima
dell’accensione del camino. Azione
mirata alla salvaguardia della salute dei cittadini
Sono
intervenuti quindi i sindaci di Madruzzo, Cavedine e Vallelaghi e il
presidente
della Comunità Valle dei Laghi.
Michele
Bortoli,
sindaco di Madruzzo ha
riassunto brevemente la vicenda, illustrando il parere negativo dato
dall’amministrazione, principalmente motivato con la mancanza di
monitoraggio sul territorio. Recentemente Appa ha attuato un piano di
monitoraggio h24 a 600 metri dalla bocca del camino, distanza
ottimale per misurare le ricadute degli inquinanti. Il monitoraggio è
un primo passaggio che ci soddisfa, ha osservato, ancor prima
dell’accensione del camino. Bortoli ha poi citato il documento in
13 punti condiviso dai tre comuni che richiede alla Pat l’attivazione
di procedure a garanzia e tutela della salute pubblica in vista della
riaccensione delle linee di cottura del cementificio.
Lorenzo
Miori,
sindaco di Vallelaghi, ha
definito “vitale” aver fatto partire il monitoraggio della
qualità dell’aria prima dell’accensione del forno. Miori ha
percorso gli altri aspetti contenuti nel documento dichiarando
che
il confronto è
stato finalizzato all’ottenimento delle
maggiori garanzie possibili in ambito di tutela della salute dei
cittadini. La salute delle persone e la garanzia dei monitoraggi
sono stati richiamati anche dal sindaco di
Cavedine
David
Angeli.
Tutti
aspetti ricordati nel suo breve intervento anche da Attilio
Comai,
presidente della Comunità Valle dei Laghi.
Il
confronto con i commissari
Lucia
Coppola
ha definito seria ed accurata l’elencazione delle preoccupazioni
dei sindaci e completa la serie delle richieste avanzate. In
particolare ha apprezzato tra
i temi posti dagli amministratori, la
richiesta di rassicurazioni sulla
non conversione del
cementificio
in inceneritore, un tema delicato all’ordine del giorno quando si
parla di cementifici.
Ha
suggerito alla Provincia e ad Appa di farsi carico delle istanze
rappresentate dai Comuni ed ha detto di confidare nel
fatto che nel 2028 ci sia una possibile riconversione, perché quello
stabilimento è del tutto slegato dal contesto in cui si colloca.
Alessio
Manica
ha ribadito che di fronte a questi impianti, complessi, ma necessari,
non fa gioco l’atteggiamento dello spostamento, si deve pretendere
la
minimizzazione degli impatti e la compatibilità con la salute dei
cittadini e questo è quanto è stato fatto. Diverso l’orizzonte di
medio termine che non combacia con i piani industriali dell’azienda.
La speranza di poter chiudere lo stabilimento è a
suo avviso
illusoria, perché Italcementi ha parlato di rinnovo quasi automatico
della concessione. Serve dunque una chiarezza della volontà politica
su questo aspetto.
Anche
Lorenzo
Ossanna ha
richiamato quanto comunicato da Italcementi circa i tempi di
produzione, che non lasciano purtroppo
immaginare una chiusura a breve termine. Per
questo, a maggior ragione, è necessario a suo avviso che il
territorio sia compensato per quest’opera e questo è un tema che
andrà valutato anche politicamente e del quale il
consigliere ha detto di volersi
fare
carico.
Alex
Marini ha
ricordato che
il
percorso di qualificazione del territorio conclusosi nel 2013, aveva
definito una serie di obiettivi che il territorio avrebbe dovuto
perseguire per un suo sviluppo, ma non aveva messo in evidenza la
presenza del cementificio che oggi apprendiamo resterà attivo per
almeno vent’anni. Ha chiesto se gli amministratori abbiano
intenzione di riprendere quel percorso e di
adottare
un piano di sviluppo, dal momento che la Provincia ha dato la sua
disponibilità.
Paolo
Zanella
ha sottolineato i tre aspetti positivi della vicenda: i 25 lavoratori
locali inseriti nell’attività, la riduzione del traffico di oltre
6300 mezzi all’anno e il monitoraggio delle emissioni da parte di
Appa prima dell’apertura dell’attività. Questo non mitiga certo
l’impatto ambientale e i rischi per la salute
e
deve comunque
rafforzare la volontà di tenere alta l’attenzione
sui
vincoli emissivi e, ha suggerito,
attivarsi
su un
progetto
di medio-lungo
termine che possa diventare un modello per il territorio non solo
trentino, magari attingendo alla leva del Pnrr.
Sindaci
pronti ad aprire un tavolo
I
sindaci per bocca di Miori
hanno confermato di essere assolutamente disponibili a proseguire il
confronto sul piano territoriale. Naturalmente, ha aggiunto, sul
cementificio fin da subito occorre aprire un tavolo per capire quali
azioni si possano
mettere in campo per il medio-lungo termine, fermo restando che non
siamo noi a poter decidere. Delocalizzare non è la soluzione, lo
scopo della transizione deve essere un altro. Bortoli
ha detto che i comuni non hanno
informazioni certe sulle assunzioni e sulla data di inizio
dell’attività ed ha chiesto alla
Provincia il
sostegno nel far valere le loro richieste. Comai
ha precisato che il confronto sul Piano territoriale si è sbloccato
solo un anno fa e che la volontà di proseguire c’è, ma tutto va
ripreso in mano ed aggiornato.
Tonina:
con Appa, iter
condiviso fin dall’inizio
L’assessore
Mario
Tonina
ha sottolineato l’iter partecipativo tenuto dalla Provincia
nei diversi passaggi di questa vicenda, con il coinvolgimento diretto
dei tre sindaci e del commissario della comunità: il giusto
approccio ad un tema come questo. Certo, i punti portati
all’attenzione dalle
comunità a garanzia della salute della popolazione è sacrosanto. Ha
altrettanto rimarcato e ribadito che Appa non ha iniziato ad
occuparsi del tema perché sollecitata dal Comitato
o dalla Commissione, ma che il lavoro lo avrebbe fatto comunque,
perché il percorso è stato condiviso fin dall’inizio. Accanto a
questo è evidente che si può sviluppare un confronto nei prossimi
mesi e
anni per
interrogarsi su cosa può esprimere ancora di positivo quel
territorio in
questo contesto,
anche
se va
detto che quel
cementificio è
sempre stato operativo e non ha mai smesso la sua attività. Infine,
ha chiarito e concluso, abbiamo obblighi e responsabilità e la
riapertura del
forno deve passare da un’autorizzazione
che
dovrà essere data.
L'Appa:
confermata l’attivazione del monitoraggio prima dell’accensione
del forno, il
procedimento autorizzatorio scade
in questi giorni
Il
dirigente generale di Appa Enrico
Menapace
ha
richiamato
la stretta collaborazione sul
tema con
le
amministrazioni comunali e con il Comitato, con il quale ci sono
stati numerosi incontri di confronto e condivisione. Ha confermato
quanto riferito dai sindaci, ovvero l’attivazione di un piano di
monitoraggio condotto dall’agenzia e cofinanziato dall’impresa a
beneficio del territorio, con collocazione di una centralina mobile
in una posizione in prossimità dell’insediamento produttivo. Ci
sarà trasparenza, come richiesto dai Comuni, con comunicazione dei
dati sulla qualità dell’aria, sulle emissioni e sulla qualità dei
fanghi utilizzati come combustibile. Dati che saranno ricavabili
dalle piattaforme web
comunali,
ma non sarà un problema se si decidesse di fare un tabellone
esterno. Sarà rilevato anche il dato sull’impatto acustico
dell’insediamento,
una volta attivato
l’impianto, con
pubblicazione dei risultati. Nessun documento fa pensare ad una
conversione del cementificio delle
Sarche in inceneritore per il trattamento dei rifiuti urbani. Quanto
ai limiti per gli inquinanti, ridurremo il limite più critico,
quello delle polveri, al minimo consentito dalla legge, mentre per
gli altri parametri procederemo intervenendo a monte dei monitoraggi,
sebbene i dati riferiti al 2014 siano tranquillizzanti e ampiamente
rispettosi dei limiti di legge. Il
procedimento autorizzatorio ha una durata fissata per legge che siamo
obbligati a rispettare, i termini scadono in questi giorni e siamo
pronti a rilasciare il
rinnovo dell’autorizzazione.
Alex
Marini ha
posto delle domande sul metodo: visto che la legge non specifica gli
strumenti di partecipazione che possono essere utilizzati in questi
casi si è chiesto se la petizione possa essere vincolante rispetto
all’atto autorizzatorio o indirizzare le politiche. Infine, ha
chiesto perché in questo caso non è mai stata fatta una valutazione
dell’impatto energetico prevista per legge.
La
Commissione può studiare, informarsi, preparare una relazione sulla
petizione, ma non certo interrompere degli iter in corso, ha
replicato Ivano
Job.
Menapace
ha
chiarito che questo è stato uno dei procedimenti autorizzatori più
partecipati mai visti e questa è la funzione “non codificata”
della petizione. I tempi del procedimento ci sono, sono in scadenza e
li dobbiamo rispettare, anche perché tutto quello che poteva essere
fatto è stato fatto.