La mostra a palazzo trentini. Il Consiglio collabora con Mart e Università
Cesare Covi e Villa Gherta, un tuffo nella belle epoque trentina
Il bellissimo sito storico di Mesiano affrescato dall'artista
E’
tutta
da vedere, la mostra che poco fa è stata aperta a Palazzo
Trentini dal
presidente Walter
Kaswalder.
“Trento
1900 - artisti trentini ai tempi
della
Belle Époque: Cesare Covi” -
ha
detto con orgoglio e soddisfazione -
porta
per mano i trentini alla (ri)scoperta di questo
importante artista d’inizio secolo (il XX).
L’esposizione
– aperta
ora
con
ingresso libero fino
al 16 aprile - illumina anzitutto
il contesto trentino in cui il pittore operò fra la fine dell’800
e i primi decenni del secolo scorso, con
opere di autori coevi
molto noti e apprezzati, come Umberto
Moggioli, Luigi Ratini, Eugenio e Romualdo Prati, Luigi Bonazza,
Alcide Davide Campestrini, G.Sanfior
(c’è un suo ritratto a olio proprio di Cesare Covi).
I
contenuti artistici sono stati dettagliati da
Umberto Anesi,
curatore assieme ad Alessandra
Tiddia,
facendo presente che questa
bella
operazione
culturale arriva
dopo quasi novant’anni di silenzio, se si pensa che l’ultima
volta in cui le opere di Covi furono esposte fu in occasione della
Mostra di ritratti d’artisti trentini contemporanei, ospitata nel
1930 presso il Circolo Sociale di Trento.
Anesi
ha anche fatto notare che la mostra apre a pochi passi da palazzo
Sat, che ospita affreschi di Covi, e dalla galleria Garbari, antica
sede della ditta tessile dell’imprenditore proprietario storico di
villa Gherta.
C’è
un
altro pregio nella
rassegna,
quello di essere il risultato di una sorta di laboratorio
progettuale, che sotto l’egida della Presidenza del Consiglio
Provinciale, ha visto la collaborazione congiunta – e
i prestiti - di
Mart, Università degli Studi di Trento e Soprintendenza di Trento,
compartecipi di un progetto culturale che pone nuove prospettive di
studio non solo su Covi ma su un periodo, quello a Trento prima del
primo conflitto mondiale, ancora aperto a nuove indagini, come ad
esempio lo studio approfondito di un sito strepitoso come quello di
Villa Gherta a Mesiano, affrescata appunto, da Covi.
Questo
aspetto della feconda
collaborazione
istituzionale è stato evidenziato poco fa dall’assessore alla
cultura, Mirko
Bisesti,
che ha ringraziato il presidente Kaswalder per aver offerto ai
trentini un messaggio di ripartenza dalla cultura dopo due anni di
terribile emergenza sanitaria. Felici dell’interazione tra enti
qualificati si sono dichiarati anche la prorettrice dell’Università,
Paola
Iamiceli,
e Franco
Panizza,
che ha rappresentato il presidente del Mart Sgarbi, riferendo come
sia rimasto piacevolmente sorpreso della qualità di questo lavoro e
curioso di poter visitare personalmente lo scrigno di villa Gherta.
Per
il Mart è intervenuta anche Francesca
Velardita,
responsabile della gestione delle collezioni, da cui provengono molte
delle tele esposte negli spazi di palazzo Trentini.
Importante
oggi
è
stato anche
l’intervento
dell’architetto Michela
Favero,
responsabile della Divisione Architettura dell’ateneo trentino:
ha informato infatti che si avvieranno lavori di messa in sicurezza
del compendio, in vista del complessivo progetto di unificare l’area
universitaria di Mesiano e quella di Povo, passando senza soluzione
di continuità proprio per lo splendido edificio che fu dei Garbari.
Katia
Malatesta
ha rappresentato oggi la Soprintendenza ai beni culturali, che ha
contribuito alla rassegna restaurando nel proprio laboratorio – e
poi prestando – due importanti opere del Covi.
La
curatrice Tiddia oggi non ha potuto essere presente. Si rinvia al
catalogo per apprezzarne il grosso lavoro assieme ad Anesi. Assieme,
riscattano davvero Covi da un ingiusto oblio. Il trentino fu pittore
di paesaggi ma non solo, anche se la seconda parte della sua vita fu
dedicata proprio a rappresentare la sua relazione con la natura
solitaria, quella dei dintorni della sua abitazione a Celva, o dei
pascoli alpini, visti attraverso il filtro di una sensibilità
mutuata da Segantini. Essi sono presenti in mostra accanto ad alcune
prove mature nell’ambito della ritrattistica e del disegno. La sua
attività comprese anche opere decorative e affreschi in Austria e in
qualche palazzo di Trento, come per l’appunto il ciclo decorativo
di Villa Gherta, esempio eclatante di un gusto aggiornato ai tempi e
allo stile Art Nouveau o Liberty. In mostra un’intera sala svela,
attraverso bozzetti e una campagna fotografica sostenuta
dall’Università degli Studi di Trento, grazie all’entusiasmo
condiviso con Michela Favero e l’occhio attento di Pierluigi
Cattani, l’unicità di questa sorta di opera d’arte totale.