Il dibattito in Aula
Il ddl 135 di Vanessa Masè ancora al centro dei lavori in Consiglio provinciale
Gli interventi di Marini, Dalzocchio, Masè, Degasperi, Paccher, Zanella
Pomeriggio dedicato interamente al dibattito in Aula sul ddl 135
di Vanessa Masè (La Civica). Alex
Marini (5 Stelle) ha auspicato si riparta dalle
segnalazioni delle insegnanti prima di agire sulla normativa. Mara
Dalzocchio (Lega) ha puntato il dito contro le
strumentalizzazioni. Vanessa Masè ha precisato
le finalità della propria proposta e ravvisato una scarsa onestà
intellettuale. Filippo Degasperi (Onda) ha
parlato di una progettazione umiliante, non sfidante. Roberto
Paccher (Lega) ha affermato che non contano solo le
esigenze degli insegnanti, devono contare anche quelle delle
famiglie. Paolo Zanella (Futura) ha chiesto a
Masè di ritirare il ddl. La discussione generale proseguirà domani.
Dopo quella della mattina, anche la seduta pomeridiana del consiglio
è stata dedicata interamente al dibattito sul ddl
135/XVI di Vanessa Masè (La Civica).
Marini: vantaggio del percorso unitario zero-sei non chiaro
I lavori nel pomeriggio sono ripresi con l’intervento di Alex
Marini (5 Stelle). Il consigliere ha ricordato l’approccio da lui
adottato nei confronti del testo del disegno di legge 135, il
percorso che ha seguito per provare a valutarlo: si è informato
sulle realtà in esame e poi si è soffermato sul testo e sulla
relazione accompagnatoria. Marini ha detto di aver registrato un
certo malcontento da parte delle educatrici per non essere state
ascoltate, un problema metodologico dell’iter seguito. Ha quindi
fatto riferimento ai dati raccolti durante l’istruttoria che ha
definito come non significativi dal punto di vista dell’analisi
quantitativa e qualitativa: vengono richiamati soprattutto aspetti
legati all’andamento demografico e l’offerta di servizi. Dati non
sufficienti a suo parere per promuovere una radicale ristrutturazione
del sistema. Marini si è detto perplesso per il mancato ascolto di
pedagogisti, sociologi esperti di educazione e per il mancato
tentativo di valorizzare le sperimentazioni che ci sono state sul
territorio. Valeva la pena, ha detto, partire proprio da queste per
costruire un’esperienza, lavorando magari sui regolamenti e sulle
linee guida per favorire una sperimentazione. Un metodo che, a suo
dire, se fosse stato seguito avrebbe consentito di procedere con
un’integrazione normativa rispetto ai testi vigenti senza dover
introdurre un’ulteriore norma. Ha parlato di semplificazione
normativa che significa scrivere le leggi in modo chiaro e
intellegibile e cercare di ridurne la quantità. Quindi l’esempio:
il codice degli enti locali. Marini ha auspicato l’utilizzo della
stessa logica, riunendo in un unico sistema tutte le norme che
riguardano il settore. Nel caso di specie, invece, ha detto Marini,
si parte da due leggi per inserire un terzo legislativo, creando
confusione, un impianto legislativo sempre più ipertrofico. Il
riferimento è stato poi alla relazione accompagnatoria. Marini ha
detto di non essere riuscito a capire quale sia la ratio che ha
portato a proporre questo ddl: si riconosce che il sistema è
piuttosto buono, si tratta poi come un dogma la bontà della
continuità educativa zero-sei. Viene fatto riferimento alle
sperimentazioni di altre regioni italiane, senza poi dare conto dei
risultati. Si parla di un problema demografico e di un problema di
cesura nel passaggio 0-3/3-6, ha proseguito, ma non viene tracciato
un collegamento tra i due aspetti.
Il consigliere ha descritto come limitata la presenza di strumenti
pedagogici nel testo del ddl e della relazione e ha quindi domandato
quale sia il vantaggio dello zerosei se si propone una nuova norma di
27 articoli per fare una sperimentazione sulla base di dati e
relazioni che non si hanno, proponendo di navigare al buio per due
anni con il rischio di rendersi a posteriori che ciò che si era
proposto non funziona. Il metodo dovrebbe invece essere opposto, ha
detto, bisognerebbe prima sperimentare, poi eventualmente legiferare.
Quindi il nodo legato all’occupazione e le istanze delle
insegnanti: Marini ha descritto positivamente la nuova recente
centralità del mondo della scuola nel dibattito ed ha auspicato che
ora gli interventi legislativi partano dalle problematiche segnalate.
Sull’elemento pedagogico, parlando del dialogo avuto di recente con
le insegnanti, Marini ha fatto riferimento alle parole di Galimberti:
la scuola sta privando i bambini dell’emozione di stare con i
genitori. È vero, serve quality time con i figli, non solo
tanto tempo per dedicarsi alle incombenze necessarie. Le insegnanti
sono consapevoli di ciò e invece qui si ragiona solo in termini di
servizi conciliativi, ha detto il consigliere. A conclusione del
proprio intervento Marini ha letto “Una scuola grande come il
mondo” di Gianni Rodari, ha parlato di un approccio olistico da
utilizzare anche legiferando e fatto riferimento alle “Lettere
luterane” di Pasolini, parlando della necessità di educare alla
diversità. Marini ha infine concluso citando “Descolarizzare la
società” di Ivan Illich: non si può solo ragionare in termini di
risorse economiche, ma di significato anche pedagogico, ha detto.
Dalzocchio: strumentalizzazione delle preoccupazioni
La consigliera Mara Dalzocchio (Lega) ha detto di aver ascoltato da
parte dell’opposizione ricostruzioni surreali e incoerenti
sull’iter del ddl Masè e sulle sue finalità. Si è detta
favorevole al testo, il cui obiettivo è promuovere la continuità
del percorso educativo e scolastico anche a sostegno della funzione
educativa primaria delle famiglie. Di fronte alle novità, ha detto,
si possono generare fraintendimenti o preoccupazioni, ma quando si
cavalcano queste ultime solo per strumentalizzarle politicamente è
arrivato il momento di fermarsi e soffermarsi sul contenuto del
disegno di legge. Dalzocchio ha quindi ripercorso l’iter del ddl
fino all’approdo in Aula. Ha quindi rigettato le dichiarazioni di
chi dice che in Commissione non si è dato abbastanza spazio
all’ascolto. Rispetto al contenuto, la consigliera della Lega ha
precisato che la ratio del ddl è quella di garantire nelle fasce 0-3
e 3-6 anni la massima espressione delle competenze del personale
docente, assicurando la coerenza tra i due percorsi che al momento
sono quasi sconnessi, attraverso una formazione continua e comune e
non solo specifica verso una sola fascia di età, come invece accade
oggi. Se fraintendimenti ci sono stati, sono stati più o meno voluti
da qualcuno e hanno generato disinformazione e confusione tra il
personale e le famiglie, ha detto: queste ultime secondo hanno invece
bisogno di essere tranquillizzate, perché si parla di bambini, ha
rimarcato. Si deve usare l’autonomia trentina per creare un sistema
educativo all’avanguardia e a misura di bambino, ha aggiunto.
Dalzocchio si è detta dispiaciuta per le strumentalizzazioni
evidenti anche a fronte della disponibilità all’ascolto della
consigliera Masè, dimostrata anche con gli emendamenti al testo.
Il testo del ddl, ha proseguito Dalzocchio, è stato molto criticato
per assenza di riferimenti pedagogici, ma la consigliera Masè ha già
ricordato che il riferimento legislativo deve rappresentare una
cornice normativa. Ancora: sul territorio stanno già nascendo delle
sperimentazioni che chiedono un quadro di riferimento. Educazione,
cura, socialità, emozioni, apprendimento, ha ricordato infine
Dalzocchio, sono dimensioni strettamente intrecciate che implicano
un’attenzione simultanea.
Masè: poca onestà intellettuale
Sempre durante la discussione generale, la prima firmataria del ddl
135 Vanessa Masè (La Civica) ha ricordato di non avere il timore di
affrontare chi la pensa diversamente da lei e dialogare, di aver
parlato ieri con i Cobas. Quando ci sono persone oneste
intellettualmente, ha proseguito, ci può essere uno scambio, ma
questo disegno di legge ha incontrato pochissima onestà
intellettuale. Il Pd, ha proseguito, dice che contesta l’impianto
del ddl quando lo ha nel programma elettorale del 2018 il consigliere
Tonini.
Masè ha ribadito di non voler imporre una riforma; si tratta di una
volontà precisa non voler mettere in un cassetto oggi la legge 13 e
la 4, questo sì creerebbe uno scossone che genererebbe paura. La
consigliera ha rivendicato la propria facoltà legislativa,
rispondendo a chi diceva avrebbe dovuto scrivere il disegno di legge
con la giunta. Il ddl è rimasto in commissione quasi dieci mesi, ha
aggiunto: non è venuta fuori alcuna idea e oggi invece sono tutti
esperti. Ha sottolineato la volontà che il ddl sia un modello
ulteriore nella prima fase. Ha ricordato il proprio passaggio al Cal
e detto che voterà le proposte di ordine del giorno ostruzionistiche
che chiedono di sentire l’Università di Bologna e Ragusa, entrambe
realtà che protagoniste di studi nell’ambito del ddl. Masè ha
quindi affermato di non credere in una sperimentazione come proposta
da Marini. La formazione è centrale nel ddl, ha aggiunto, oggi è
nell’articolo 6, quando era stato depositato era in due, tra cui il
famigerato 5. La carenza di professionisti, però, ha ricordato, è
ovunque, solo che per il mondo della scuola e dell’educazione non
ci si può inventare da un giorno all’altro questi professionisti
che non si possono far arrivare dall’estero. L’esempio che ha
portato è quello dell’atelierista: Masè ha precisato di non aver
mai voluto depotenziare con l’articolo 5 la formazione delle
persone che lavorano nello 0-3 e nel 3-6, ma ha sottolineato che oggi
manca il personale e bisogna pensare al futuro, a come reclutarlo e
formarlo. Secondo la consigliera de La Civica la riforma zerosei può
essere un modo per risolvere il gap relativo all’occupazione in
tempi ragionevoli. La conclusione della consigliera è stata con una
nota positiva: si è detta felice che tutti abbiano quantomeno
ragionato sul tema.
Degasperi: progettazione non sfidante, ma umiliante
Filippo Degasperi (Onda) ha iniziato il proprio intervento
riprendendo le parole di Vanessa Masè di “progettazione sfidante”:
ma non lo è stata, ha detto il consigliere di Onda, la progettazione
è stata umiliante perché vi entra anche il tema di luglio. Quale
progettazione sfidante possono portare avanti le insegnanti se non si
sa quanti bambini e da dove arriveranno a luglio? Quella è la
progettazione di un parcheggio, ha detto. Le aperture a luglio, ha
detto ancora Degasperi, sono passate come una soluzione al problema
conciliativo; si è scelta una soluzione comoda senza ricordarsi
delle esigenze di chi a scuola ci deve poi andare, dieci mesi di
scuola sono più che sufficienti. Secondo il consigliere bisognerebbe
invece riprendere il concetto di “comunità educante” presente
nella legge Salvaterra invece di consegnare alle famiglie una comoda
soluzione a la carte deresponsabilizzandole. Si prova a inventarsi
soluzioni eccentriche per la crisi vocazionale e l’emergenza
professionale, ha aggiunto Degasperi, come l’integrazione del
titolo di studio, invece che chiedersi come mai gli studenti non
scelgono più quel percorso. A parlare del ddl zerosei in Quinta
commissione, ha rilevato il consigliere, è arrivata una demografa.
La preoccupazione espressa da Degasperi è che la riforma introdotta
dal ddl si trasformi in un “liberatutti”, un rischio presente
secondo lui in relazione ad esempio all’articolo 3. Masè ha
parlato di “ballata popolare”, ha aggiunto Degasperi affermando
che a suo parere, invece, il popolo di chi lavora nella scuola, nella
vicenda non è stato coinvolto: semmai si è assistito a un balletto
di corte. Quindi è stata la volta delle proposte: si cominci a
garantire lo stesso trattamento a chi lavora negli asili privati e in
quelli comunali, se non si vuole intervenire subito sugli aspetti
economici si inizi dalle tutele. Degasperi ha proposto anche di
sentire il collegio del personale delle scuole d’infanzia e
l’assemblea del personale dei nidi; ha chiesto che delle iniziative
sia informata la commissione consiliare competente e che si faccia
votare agli insegnanti un eventuale progetto elaborato. Se per
imposizione dovesse partire questa sperimentazione, ha aggiunto, si
costituisca nelle realtà dove ciò accade un collegio del personale,
si coinvolgano i professionisti dell’educazione. I numeri fissi
ingessano? Non averli è un altro rischio di “liberatutti”, ha
aggiunto Degasperi, vanno posti dei limiti, ad esempio di 15. Bisogna
infine secondo il consigliere indicare chi deve sedere al tavolo
tecnico per il monitoraggio, senza lasciar mano libera alla giunta
per la composizione, prevedendo la presenza degli insegnanti.
Paccher: pensare alle famiglie, non solo alle esigenze degli
insegnanti
Roberto Paccher (Lega) ha detto di aver apprezzato la volontà di
proporre migliorativi da parte di Degasperi e di non comprendere la
contrarietà di principio alla riforma. Ha concesso che il testo, che
ha ricordato presente nel programma di legislatura della minoranza,
possa essere emendato e migliorato. Ma, ha detto, dai banchi
dell’opposizione non sono arrivate proposte concrete. Bloccare
l’iter con l’ostruzionismo non farà approvare il ddl, ha
aggiunto, ma se l’opposizione fosse stata interessata al tema
avrebbe potuto presentare degli emendamenti. Paccher è quindi
entrato nel merito del ddl, ha ricordato che la scuola dell’infanzia
è facoltativa: inutile fare delle strumentalizzazioni su obblighi
che non esistono. Ha detto poi che la politica è titolata a fare le
sue scelte, non è a libro paga degli insegnanti.
Paccher ha descritto il modus operandi delle minoranze come un
comportamento di un bambino capriccioso e definito l’ostruzionismo
uno strumento vile.
Sulle aperture a luglio ha detto che risalgono al 2020, quando la
pandemia costrinse a chiudere luoghi di lavoro e scuole e i
lavoratori a finire le ferie perché non c’era ancora lo smart
working. Già allora, ha detto, furono usate le assemblee sindacali
per boicottare le aperture a luglio adducendo problemi ora superati.
Nel 2021, in virtù del gradimento delle famiglie, furono riproposte,
ha proseguito: non ci sono solo le esigenze degli insegnanti, ma
anche quelle delle famiglie che con le loro iscrizioni hanno mostrato
il gradimento per l’iniziativa, portata tra l’altro avanti con
costi ridotti. L’assessore, ha detto Paccher, ha proposto
interventi compensativi rigettati. Le aperture a luglio sono secondo
il consigliere della Lega uno strumento gradito alle famiglie messo
per loro a disposizione.
Zanella: ddl inaccoglibile
Paolo Zanella (Futura) è tornato sulle aperture a luglio: ha chiesto
se l’opportunità è per i bambini o per i genitori, se per un mese
si trasforma un servizio educativo in un servizio conciliativo. Ci
sarebbero famiglie che vorrebbero mandare i propri figli in estate
altrove ad esempio ai campi, ha proseguito, ma sono stati tolti i
soldi del Fondo sociale europeo per cui chi può permetterselo può
farlo, gli altri devono mandare i figli all’asilo.
Secondo Zanella il ddl non è inoltre prioritario, la priorità è
offrire dieci mesi di scuola di qualità e non undici ed evitare che
gli insegnanti scappino; secondo lui gli asili vanno resi un servizio
universale con la gratuità dei nidi, presente in un ddl che la
maggioranza non ha voluto approvare. Si devono avere le idee chiare
sulle priorità di governo, ha proseguito Zanella, se la priorità è
lo sviluppo pedagogico dei bambini le risorse vanno messe in
quest’ambito, ma le risorse vengono invece messe nelle rotatorie.
L’ostruzionismo, ha spiegato, è dovuto a visioni diverse: le
sperimentazioni vanno valutate seriamente, si decida come farle e poi
basta una delibera di giunta per le linee guida. L’impianto del ddl
è inaccoglibile, ha concluso, chiedendo alla consigliera Masè
nuovamente di ritirare il disegno di legge.