Dalla Terza Commissione
Presentati e discussi oggi il nuovo Piano di tutela delle acque e uno studio sul consumo del suolo
In allegato, presentazione Piano di tutela delle acque e studio sul consumo del suolo
La
presentazione di uno studio curato dall’Osservatorio del paesaggio
sull’elevato consumo del suolo nel Trentino e del nuovo Piano di
tutela delle acque 2022-2027, sul hanno impegnato oggi la Terza
Commissione presieduta da Ivano Job (Misto-Coraggio Italia), alla
quale ha partecipato anche l’assessore all’ambiente Mario Tonina.
Sul Piano di tutela delle acque l’organo consiliare invierà il
proprio parere alla Giunta entro un paio di settimana. Al termine Job
ha segnalato due richieste di audizione di Alessio Manica (Pd): la
prima con Dolomiti Energia per conoscere la situazione economica
della società di proprietà della Provincia e avere chiarimenti sul
problema del caro-bollette; la seconda sul Prt in vista delle
Olimpiadi invernali del 2026.
Territorio
al limite. E dai Prg comunali atteso un altro 20% di terreni
urbanizzati
Il
fondovalle trentino è intensamente urbanizzato e l’obiettivo di
fermare il consumo di suolo appare improbo, alla luce da un lato
delle previsioni edificatorie già “in pancia” ai piani
regolatori vigenti, dall’altro dell’impianto normativo
provinciale (l.p. 15/2015), che non prevede vincoli e limiti
stringenti e imperativi. Questo è emerso oggi pomeriggio durante
i lavori della Terza
Commissione permanente, dove l’assessore Mario
Tonina
s’è presentato onorando il dettato di ben due ordini del giorno
consiliari (primo firmatario Alex Marini), che richiedevano di fare
il punto su questa delicata materia. Il direttore dell’Osservatorio
del paesaggio trentino, architetto Giorgio
Tecilla,
ha illustrato lo studio più recente e documentato (febbraio 2022)
dal titolo “Rapporto
di ricognizione sul tema della gestione del fenomeno del consumo di
suolo”.
Si
premette che se il Trentino è costituito per il 55% da boschi, il
problema dell’eccessiva urbanizzazione riguarda invece i
fondovalle. Se a inizio ‘900 erano circa 80-90 gli ettari di suolo
insediato per persona, due anni fa eravamo a quota 398. Solamente lo
scorso anno 38 nuovi ettari di terreno sono stati artificializzati,
con un trend calante ma sempre molto accentuato. Il dato è peggiore
rispetto ad altri territori alpini come quelli di Aosta, Belluno,
Sondrio e Bolzano. Un quarto circa dei fondovalle è sottratto alla
natura e all’ambiente, con un trend incoerente con l’aumento
della popolazione, che è molto più contenuto. A fronte di questo
quadro – ha spiegato Tecilla – abbiamo Prg comunali pronti a
“sfornare” in futuro un altro aumento del 20% dei terreni
urbanizzati, per circa 4.270 ettari che potrebbero passare da
agricoli a insediativi. Onorare l’impegno Ue per l’azzeramento
del consumo di suolo entro il 2050 diventa assai problematico, posto
poi che la legislazione provinciale vigente ha scelto un approccio
per principi, senza indicare limiti quantitativi. L’esempio
qualitativamente più virtuoso appare quello dell’Alto Adige, che
ha adottato il modello “del limite disegnato”, tracciando cioè
una demarcazione netta tra aree dove si può edificare (con limiti) e
aree tutelate al 100%. Tecilla ha
concluso che si potrebbe pensare di agire sul pianificato, eliminando
dai Prg le previsioni insediative non attuate e poco sensate dal
punto di vista urbanistico e paesaggistico. Ma non basterebbe,
dovendosi pensare anche a regolare la voracità di aree dell’ente
pubblico, che agisce anche in deroga ai piani per realizzare nuove
infrastrutture. Su questo fronte occorre imporre alla pubblica
amministrazione di evitare a sua volta il consumo di nuovo suolo o di
compensarlo con la restituzione ad agricolo di superfici
corrispondenti (e di pari pregio).
La discussione.
Alessio
Manica (Pd)
ha giudicato inquietante il dato del 20%, che è la prova provata di
un limite della pianificazione comunale. Il ruolo delle Comunità ha
dato fastidio e ogni territorio ha guardato alle proprie necessità o
di aree industriali o di aree artigianali in modo frammentato. Un
altro dato che suscita perplessità per Manica riguarda il problema
del non utilizzo degli edifici industriali. Questo cozza che lo
svincolo di 50 mila metri quadri a Trento nord. Non è possibile che
tre mesi fa siano stati regalati questi 5 ettari per uso industriale
in quest’area. C’è poi per Manica il consumo del suolo da parte
del pubblico. Sembra che che dietro l’iniziativa pubblica
l’attenzione che chiediamo ai privati sparisca. Con questo c’entra
anche il nuovo ospedale di Cavalese. Il tema del consumo del suolo è
gigantesco per il Trentino. Abbiamo poche superfici per cui occorre
un’analisi con studi tecnici che la politica non utilizza per
governare il consumo del suolo. E’ d questi giorni la variante
urbanistica per l’uscita a Rovereto sud dell’autostrada della
Valdastico e sarebbe interessante quale sarebbe il consumo del suolo
che quest’opera comporterebbe. Per
Manica l’errore è stato dei Comuni per racimolare soldi avendo
necessità di entrate.
Lucia
Coppola (Misto-Europa
Verde) ha
condiviso i richiami di Manica ai casi importanti di consumo di suolo
come quello di Spini di Gardolo. E ha citato anche la fascia lago di
Riva e di Malga Laghetto dove sono previsti 80 mila metri quadri di
suolo destinati a edificazione mentre dovrebbe prevalere l’uso
civico. L’auspicio di Coppola è che la Provincia non permetta che
avvenga quest’edificazione nell’area in cui sorgeva l’Avez del
Prinzep. Vi sono insomma situazioni in cui si tiene poco conto della
scarsità di suolo a disposizione del Trentino che è un territorio
prevalentemente montuoso che è un bene comune e finito importante da
preservare. Occorre quindi riservare molta attenzione ai documenti
che riportano studi sul consumo del suolo per permettere a chi
governa di prendere le migliori decisioni possibili. La consigliera
ha chiesto come sia possibile l’equilibrio nel consumo del suolo
tra comuni grandi e comuni piccoli, dove anche i territori decentrati
versano in condizioni non buone su questo aspetto.
Il dirigente Roberto
Andreatta ha
precisato che il Prt, sistema di trasporto pubblico consumerebbe 5
mila
ettari di suolo ma la ferrovia dell’Avisio ne porterebbe via 20
mila.
Dal punto di vista economico-finanziario, lo stock che sta dentro i
prg comunali ed è inespresso garantisce le entrate dei comuni. In un
contesto di finanza pubblica non crescente, la situazione è
destinata a rimanere in stallo. Se invece la finanza locale avesse
altre forme di compensazioni, i Comuni potrebbero modificare la
destinazione d’uso dei terreni. Ma oggi il Comune non ha
contropartite finanziarie e non può cambiare la destinazione d’uso.
Alex
Marini (Misto-5
Stelle) ha notato che il modello di sviluppo del territorio emerso
dallo studio è stato totalmente fallimentare e funzionale non a dare
risposte ai bisogni ma a soddisfare interessi speculativi in campo
edilizio. Ormai è difficile ottenere un’abitazione decente a
prezzi dignitosi. Il sistema industriale ha meno addetti per ettaro e
gli addetti hanno pessimi salari. L’agricoltura ha subito gravi
danni perché si sviluppata solo sulla produzione e non nel
contribuire alla qualità del paesaggio in una logica
multifunzionale. C’è poi il tema dell’efficienza energetica
perché consumando troppo e male il suolo, lo sviluppo urbano e delle
infrastrutture è caotico. La politica non attiva gli strumenti per
arrestare questo fenomeno. Marini ha chiesto notizie sull’impegno
previsto da uno degli ordini del giorno di misurare il consumo di
suolo con dei focus sui singoli territori delle Comunità di valle.
Seconda domanda: c’è un problema di finanza locale, perché il
Trentino è la provincia italiana è lo strumento che dà meno peso
all’addizionale comunale, ricavando risorse per la salvaguardia del
paesaggio. Qualcuno Infine
Marini ha riproposto un impegno previsto dagli ordin del giorno per
promuovere lo sviluppo sostenibile.
L’architetto
Tecilla ha
risposto a Coppola e Manica sul livello locale. Questo è già
presidiato. Nel sito della Provincia una sezione monitora i Comuni
anhe per quanto riguarda il Prg di ciascuno. Sul tema della qualità
e quantità, se si parla di metri quadri per abitante è la realt
urbana la più virtuosa nel consumo del suolo. A Trento vi sono 1000
metri quadri per abitanti mentre nelle valli è molto meno. Sul tema
della qualità, quando si punta alla razionalizzazione del consumo
del suolo, qui occorre un controllo qualitativo. IN ogni caso su
questo quadro si può, per Tecilla, intervenire ancora in modo
virtuoso. Un tempo i paesaggi erano disegnati con l’obiettivo di
preservare i suoli agricoli mentre in seguito l’obiettivo erano i
paesaggi. Un terzo modello per il quale dovremo attrezzarci dovrà
puntare sulla sostenibilità e l’ambiente.
L’assessore
Tonina
ha osservato che vi sono margini di tempo per analizzare questo
documento che permette approfondimenti soprattutto per quanto
riguarda le prospettive. Il
tema del consumo di suolo deve interessare tutti. Non a caso la legge
provinciale sul governo del territorio del 2015 ha fornito input e
direttive in tal senso. Oggi vi è la consapevolezza che sul tema del
consumo di suolo occorre essere tutti più attenti e si può
invertire la rotta. Ma questo potrà avvenire solo con una
condivisione trasversale specialmente da parte dei Comuni che devono
ridurre i terreni edificabili. In questo momento però i terreni
edificabili costituiscono un’entrata. A un anno dalla fine della
legislatura, di certo per l’assessore attenzioni in questa
direzione ci devono essere ma devono essere condivise con le
amministrazioni comunali e le singole comunità. Un
altro dato importante per Tonina riguarda il recupero dell’esistente.
Vi sono strutture abitative ed edifici abbandonati che occorre
trovare il modo di recuperare garantendo un risparmio del suolo.
Compete al pubblico trovare le risorse per permettere che chi ha
bisogno di una casa non debba preferire il nuovo al recupero
dell’esistente che risulta più costoso. Questo permetterebbe di
non abbandonare un patrimonio storico. significativo del nostro
passato. “Il mio impegno – ha concluso – è di lavorare in
questa direzione ma non si può dire che fin’ora non è stato fatt
nulla, come dimostra il documento presentato oggi”.
Piano
di tutela delle acque 2022-2027.
Più tempo per il parere. Un
quarto dei corpi idrici del Trentino è a rischio. Grave il problema
delle fognature comunali
La
Commissione su richiesta del presidente Job ha poi chiesto di
rinviare l’espressione del parere, da rendere entro la
fine
di
quest’anno,
sulla proposta di Piano di tutela delle acque 2022-2027, parere
previsto dal Testo unico provinciale sulla tutela dell'ambiente dagli
inquinamenti del 1987.
L’assessore
Tonina
ha ricordato che sul Piano adottato preliminarmente nel
dicembre scorso, la Giunta si era riservata di raccogliere
osservazioni e pareri. Tonina ha ringraziato l’Appa di questo
documento frutto di un lavoro di valore strategico che tiene conto
della tutela delle acque dall’inquinamento nella nostra provincia,
anche a seguito del recepimento di alcuni decreti ministeriali. In
ogni caso il Trentino per Tonina si era già contraddistinto in
passato soprattutto su questo tema, anche considerando le difficoltà
emerse per la siccità dell’estate scorsa. Si tratta di operare
anche per garantire un futuro sostenibile alle nuove generazioni.
Il
dirigente dell’Appa Menapace ha
ricordato che dopo
l’approvazione
preliminare
del
Piano, avvenuta
nel dicembre dell’anno scorso, è partita una fase
partecipativa molto intensa che ha coinvolto tutti
i soggetti interessati, dalle le
associazioni ambientaliste ai
comparti
produttivi. Molte
delle osservazioni
raccolte sono
state
recepite
nel Piano.
Menapace ha sottolineato in particolare l’importanza del “Contratto
di fiume”, che attraverso
il Piano potrebbe
essere lo strumento più efficace con
cui ogni singolo
bacino potrà
regolare
proficuamente i conflitti che si generano per l’utilizzo delle
acque dei torrenti.
Raffaella
Canepel,
dirigente
del settore qualità ambientale,
ha
segnalato che il Piano di tutela delle acque aggiornato ogni sei anni
consente alla Provincia di fotografare il settore, ma anche di tener
conto delle normative europee. Si tratta di vigilare con questo
strumento sulla qualità delle acque e di intervenire per
ripristinarne la qualità così come la norma europea impone.
Esistono obiettivi di qualità che per norma ciascuna realtà
territoriale come la nostra deve raggiungere. Questo impone una
verifica, ogni sei anni, della situazione. La Provincia deve
dialogare con due autorità distrettuali. I distretti redigono i
piani
di
gestione all’interno di questi
piani
di gestione si
inserisce il piano tutela delle acque del Trentino.
Il
Tavolo tecnico acque coordina tutti i soggetti per individuare i temi
sui quali intervenire. Si descrive lo stato qualitativo dei cori
idrici del Trentino sia superficiali sia sotterranee. Il monitoraggio
è il cuore del Piano tutela delle acque. L’Appa con biologi e
chimici e altri operatori monitorano fisicamente i corsi d’acqua e
le acque sottorranee raccogliendo campioni biologici e di acqua poi
analizzati in laboratorio. Questa fotografia deve dialogare con
un0’analisi fatta a tavolino che permette di capire la situazione
rispetto ai vari impatti che gravano sul nostro territorio, come
l’impatto da agricoltura e l’impatto da depurazione. Questo
permette di capire se siamo o no in sintonia con quanto la norma
europea prevede e di ripristinare con appositi correttivi gli aspetti
che non risultano adeguati. Canepel ha citato poi i molti allegati
contenuti nel Piano di tutela delle acque (vedi
slides).
Ha poi sottolineato l’importanza delle concessioni idriche e dei
criteri per poterle concedere. Ad esempio sospendendo la possibilità
di concedere nuove derivazioni dove i corpi idrici hanno uno stato di
qualità elevata e quindi da preservare perché particolarmente di
pregio. IN altri casi le concessioni vengono sospese laddove i corpi
idrici non hanno lo stato di qualità che dovrebbero possedere. Per
questo vi è un’attenzione maggiore verso un rilascio un po’
generoso che vi è stato in passato, perché la corsa allo
sfruttamento delle acque a scopo idroelettrico è stata notevole. I
contratti di fiume esprimono la volontà di avere una visione
allargata sulle necessità, esigenze, vocazioni o aspettative che un
determinato ambito territoriale ha. Questo permette una
pianificazione più attenta. Se il rischio di non raggiungere la
qualità delle acque in un corpo idrico è tangibile, scatta un
“piano
delle misure” per arrivare all’obiettivo. Piano delle misure che
l’amministrazione si pone per riuscire a perseguire questo
obiettivo di qualità. Le acque possono risentire di un inquinamento
da nutrienti, da sostanze organiche, chimico o microbiologico. Su 398
corpi idrici 104 sono a rischio, vale a dire un quarto. Questo vuol
dire che alcuni
hanno
problemi conclamati e altri potrebbero averne. Sono i corsi d’acqua
del fondovalle ad avere i problemi maggiori. Si tratta di 51 corpi
idrici fluviali, 6 lacustri sui 10 più grandi e uno sotterraneo. I
laghi di Molveno e Levico presentano una situazione qualitativamente
buona. I corsi d’acqua sono 377 e 51 fluviali mentre i non fluviali
sono 98. Il corpo idrico è una parte del corso d’acqua. Dove la
pressione sul territorio è maggiore emergono maggiori problemi nei
corsi d’acqua, problemi che possono rientrare con il piano delle
misure. Molti sono i fattori che incidono sul livello qualitativo
complessivo dei corsi d’acqua. I tre quarti dei corpi idrici del
Trentino hanno già raggiunto l’obiettivo di qualità. I territori
di montagna come la Val Rendena, la Val di Fiemme, la Val di Fassa,
la Valsugana e la parte alta della Val di Sole presenta una qualità
elevata perché la pressione è meno elevata, mentre scendendo
nel
fondovalle verso le zone più impattate dall’utilizzo del suolo, la
qualità dei corpi idrici tende a scendere. Questo accade nella Val
di Non, nella Valle dell’Adige e la Valsugana che versano in
situazioni talvolta critiche. Il Piano di tutela individua anche per
la prima volta delle zone vulnerabili da nitrati di origine agricola
che hanno imposto l’individuazione di un programma di azione
specifico in tre territori: Alta Val di Non, la zona del Lago di
Serraia e l’Alta Valsugana dove le acque presentano un’elevata
quantità di nitrati provenienti dalla zootecnica e da produzioni
agricole che utilizzano sostanze chimiche. Appa porta avanti un
monitoraggio costante in queste aree per verificare se saranno ancora
affette da questo problema o no. Le misure adottate consistono nella
depurazione civile con i depuratori di Cloz, Caldes e Rumo che
incideranno sulla qualità delle acque; poi vi sono misure legate
all’utilizzo di fitofarmaci e nitrati per cui si sta dialogando con
i soggetti agricoli per portare a casa risultati tangibili a breve.
Vi sono poi scarichi industriali, ma a questo livello l’impatto è
limitato. C’è il caso della Cartiera di Villa Lagarina il cui
scarico è stato spostato. Vi è poi la misura della riqualificazione
ecologica dei corsi d’acqua. Infine per la quantità delle acque vi
è l’attenzione posta alle concessioni. Un focus riguarda i
cambiamenti climatici e le norme di attuazione del Paino. Si tratta
di 17 articoli che riguardano tutte le iniziative da mettere in campo
per attuare con 15 delibere le misure previste dal Piano.
Carla
Monauni,
direttore
dell’ufficio
qualità
delle
acque, ha
evidenziato il processo di partecipazione pubblica
attivato
per acquisire il contributo di vari enti per migliorare la proposta
iniziale del Piano di tutela delle acque. Sono stati coinvolti una
quarantina di soggetti tra imprese e consorzi irrigui. Dai pareri
raccolti sono state recepite alcune osservazioni
importanti, ad esempio l’attenzione ai
cambiamenti climatici dei
quali occorre tener conto.
I
Comuni hanno espresso la necessità di ottenere risorse per la
gestione delle problematiche legate alle fognature pubbliche. Uno dei
principali problemi dei corsi d’acqua in condizioni non buone è
legata alla non adeguata efficienza delle fognature comunali che
hanno quindi bisogno di essere sistemate soprattutto separando le
acque bianche dalle acque nere. Questo problema riguarda quasi tutti
i Comuni del Trentino. I difetti delle fognature comunali sono
accentuate da un eccesso di piovosità che si verificano in certi
periodi dell’anno molto più di quel che avveniva in passato.
Un’altra osservazione recepita è l’esigenza di avere più bacini
di accumulo necessari per fronteggiare situazioni di siccità e con
uno scopo polivalente, non solo a beneficio dell’agricoltura ma
anche per il turismo nelle alte stagioni.
La
discussione.
Rispondendo
a una domanda di Lorenzo
Ossanna (Patt),
Canepel
ha spiegato che la definizione di corpo idrico “buono instabile”
indica una situazione a rischio, buoni ma non sufficienti perché
vicini alla perdita dello stato di qualità richiesto, meritevole
quindi di attenzione per evitare che questo succeda. Per fugare
questo rischio Appa ha imposto delle misure a tutela di questi corpi
idrici. Sulla quantità delle acque si può agire attraverso il
deflusso minimo vitale, sulla razionalizzazione della risorsa acqua,
ma in modo più incisivo occorre agire sulla qualità specialmente
per quanto riguarda l’agricoltura.
Job
ha messo l’accento sul problema legato ai comuni, specie i piccoli
comuni, dove i sindaci devono impegnarsi a mettere in atto le misure
richieste per migliorare la qualità delle acque.
Manica
ha posto alcune domande sui depuratori delle acque, rispetto ai quali
da questo quadro il Trentino non sembra adeguatamente sistemato. Poi
c’è il problema della dispersione dalla rete delle acque potabili,
che occorre affrontare. Ancora, sulla procedura di rilascio delle
concessioni idroelettriche, c’è un passaggio che pone in capo alla
struttura provinciale la possibilità di dare indicazioni per
superare il diniego ad ottenere il rinnovo. Sfruttamento
idroelettrico: l’articolo sul percorso di valutazione dettagliato
delle concessioni non c’è più: dov’è finito? Poi la modifica a
un articolo dove il piano prevede un obbligo di monitoraggio e
prelievo solo per quanto riguarda i corpi idrici di maggiori
dimensioni, mentre in precedenza l’analisi coinvolgeva anche gli
altri.
Canepel
ha
risposto rassicurando
Manica in merito all’articolo sulla valutazione delle concessioni,
che – ha spiegato è rimasto nel Piano di tutela ma è stato
reinterpretato e migliorato. Quanto ai depuratori, il
Trentino dispone di una
rete ottimale. La
Provincia ha già provveduto con i quattro di sua competenza (Trento
nord, Rumo, Caldes, Cloz), ma
il problema vero è alle
spalle dei depuratori e
riguarda le reti
fognarie costruite male o prive
di manutenzione, che non
consentono ai depuratori di lavorare bene. Il problema non sta nei
depuratori ma nel cattivo funzionamento delle fognature comunali. Vi
sono addirittura fontane agganciate alle reti fognarie. Vi
è quindi la necessità dello sdoppiamento delle acque. Vi
sono Comuni che non hanno la fognatura bianca e la fognatura nera.
Quanto
alle fasce lago, per rendere coerenti le norme di attuazioni del Pup
e quelle del Piano tutela delle acque, è stato previsto il parere
dell’Appa in merito agli interventi in queste aree.
Marini
ha sollevato la questione della leggibilità delle delibere della
Giunta, il cui data base ha seri problemi di accessibilità, e ha poi
ricordato lo studio sulla Valle del Chiese di cui non si è saputo
più nulla. Ha chiesto se è stata individuata la fonte
dell’inquinamento e se gli interventi previsti per
la sistemazione delle fognature
sono
rinviate a data indefinita (entro tre anni). Marini ha posto anche
una domanda sulla composizione dell’osservatorio provinciale sulle
acque pubbliche. Infine ha osservato che nel Piano dovrebbe rientrare
anche il tema della “rinaturazione” o riqualificazione dei corpi
idrici.
Menapace
ha assicurato che tutti i dati ambientali saranno resi trasparenti
sul sito
Canepel
ha
segnalato che sul fonte
dell’inquinamento del Chiese lo studio è in corso e si è in
attesa dei sondaggi. Sulle fognature per lo sdoppiamento delle acque,
il problema sollevato da Marini è vero ma servono le risorse perché
i comuni non sono in grado di intervenire né per la ricognizione
della dispersione né per rimediare. Pe
la rinaturazione il Piano prevede all’articolo 13 il risanamento
dei corpi idrici. Caneppele ha detto di non aver elementi per
chiarire la questione della composizione dell’osservatorio.
Richiesta
un’audizione
di Dolomiti Energia sulla situazione economica della società
Prima
di concludere i lavori, il presidente Job ha segnalato la richiesta,
presentata da Alessio Manica del Pd, di un’audizione del cda di
Dolomiti Energia, società di cui la Provincia è proprietaria, per
conoscerne la situazione economica e debitoria, approfondendo anche
questione del caro-bollette. Sempre Manica ha chiesto che la Giunta
illustri in Commissione il
Prt (Pass Rapid Transit), opera prospettata in vista delle Olimpiadi
del 2026. La decisione sull’audizione di DE – ha suggerito il
presidente Job – verrà presa dalla Commissione il 22 novembre per
verificare la possibilità di prevedere l’incontro il 25 novembre.
Quanto al Prt Job ha ricordato che la competenza è dell’assessore
agli enti locali Mattia Gottardi e
che non vi sono i tempi per effettuare l’audizione entro
quest’anno. Rinviato,
infine,
l’esame
della petizione
che chiede la messa in sicurezza di via Aldo Moro ad Arco, la
Commissione ha concluso i lavori.