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14/11/2022 - In aula o in commissione

Presentati e discussi oggi il nuovo Piano di tutela delle acque e uno studio sul consumo del suolo

Dalla Terza Commissione

Presentati e discussi oggi il nuovo Piano di tutela delle acque e uno studio sul consumo del suolo

In allegato, presentazione Piano di tutela delle acque e studio sul consumo del suolo

Presentati e discussi oggi il nuovo Piano di tutela delle acque e uno studio sul consumo del suolo

​​La presentazione di uno studio curato dall’Osservatorio del paesaggio sull’elevato consumo del suolo nel Trentino e del nuovo Piano di tutela delle acque 2022-2027, sul hanno impegnato oggi la Terza Commissione presieduta da Ivano Job (Misto-Coraggio Italia), alla quale ha partecipato anche l’assessore all’ambiente Mario Tonina. Sul Piano di tutela delle acque l’organo consiliare invierà il proprio parere alla Giunta entro un paio di settimana. Al termine Job ha segnalato due richieste di audizione di Alessio Manica (Pd): la prima con Dolomiti Energia per conoscere la situazione economica della società di proprietà della Provincia e avere chiarimenti sul problema del caro-bollette; la seconda sul Prt in vista delle Olimpiadi invernali del 2026.


Territorio al limite. E dai Prg comunali atteso un altro 20% di terreni urbanizzati


Il fondovalle trentino è intensamente urbanizzato e l’obiettivo di fermare il consumo di suolo appare improbo, alla luce da un lato delle previsioni edificatorie già “in pancia” ai piani regolatori vigenti, dall’altro dell’impianto normativo provinciale (l.p. 15/2015), che non prevede vincoli e limiti stringenti e imperativi. Questo è emerso oggi pomeriggio durante i lavori della Terza Commissione permanente, dove l’assessore Mario Tonina s’è presentato onorando il dettato di ben due ordini del giorno consiliari (primo firmatario Alex Marini), che richiedevano di fare il punto su questa delicata materia. Il direttore dell’Osservatorio del paesaggio trentino, architetto Giorgio Tecilla, ha illustrato lo studio più recente e documentato (febbraio 2022) dal titolo “Rapporto di ricognizione sul tema della gestione del fenomeno del consumo di suolo”.

Si premette che se il Trentino è costituito per il 55% da boschi, il problema dell’eccessiva urbanizzazione riguarda invece i fondovalle. Se a inizio ‘900 erano circa 80-90 gli ettari di suolo insediato per persona, due anni fa eravamo a quota 398. Solamente lo scorso anno 38 nuovi ettari di terreno sono stati artificializzati, con un trend calante ma sempre molto accentuato. Il dato è peggiore rispetto ad altri territori alpini come quelli di Aosta, Belluno, Sondrio e Bolzano. Un quarto circa dei fondovalle è sottratto alla natura e all’ambiente, con un trend incoerente con l’aumento della popolazione, che è molto più contenuto. A fronte di questo quadro – ha spiegato Tecilla – abbiamo Prg comunali pronti a “sfornare” in futuro un altro aumento del 20% dei terreni urbanizzati, per circa 4.270 ettari che potrebbero passare da agricoli a insediativi. Onorare l’impegno Ue per l’azzeramento del consumo di suolo entro il 2050 diventa assai problematico, posto poi che la legislazione provinciale vigente ha scelto un approccio per principi, senza indicare limiti quantitativi. L’esempio qualitativamente più virtuoso appare quello dell’Alto Adige, che ha adottato il modello “del limite disegnato”, tracciando cioè una demarcazione netta tra aree dove si può edificare (con limiti) e aree tutelate al 100%. Tecilla ha concluso che si potrebbe pensare di agire sul pianificato, eliminando dai Prg le previsioni insediative non attuate e poco sensate dal punto di vista urbanistico e paesaggistico. Ma non basterebbe, dovendosi pensare anche a regolare la voracità di aree dell’ente pubblico, che agisce anche in deroga ai piani per realizzare nuove infrastrutture. Su questo fronte occorre imporre alla pubblica amministrazione di evitare a sua volta il consumo di nuovo suolo o di compensarlo con la restituzione ad agricolo di superfici corrispondenti (e di pari pregio). 


La discussione.


Alessio Manica (Pd) ha giudicato inquietante il dato del 20%, che è la prova provata di un limite della pianificazione comunale. Il ruolo delle Comunità ha dato fastidio e ogni territorio ha guardato alle proprie necessità o di aree industriali o di aree artigianali in modo frammentato. Un altro dato che suscita perplessità per Manica riguarda il problema del non utilizzo degli edifici industriali. Questo cozza che lo svincolo di 50 mila metri quadri a Trento nord. Non è possibile che tre mesi fa siano stati regalati questi 5 ettari per uso industriale in quest’area. C’è poi per Manica il consumo del suolo da parte del pubblico. Sembra che che dietro l’iniziativa pubblica l’attenzione che chiediamo ai privati sparisca. Con questo c’entra anche il nuovo ospedale di Cavalese. Il tema del consumo del suolo è gigantesco per il Trentino. Abbiamo poche superfici per cui occorre un’analisi con studi tecnici che la politica non utilizza per governare il consumo del suolo. E’ d questi giorni la variante urbanistica per l’uscita a Rovereto sud dell’autostrada della Valdastico e sarebbe interessante quale sarebbe il consumo del suolo che quest’opera comporterebbe. Per Manica l’errore è stato dei Comuni per racimolare soldi avendo necessità di entrate.


Lucia Coppola (Misto-Europa Verde) ha condiviso i richiami di Manica ai casi importanti di consumo di suolo come quello di Spini di Gardolo. E ha citato anche la fascia lago di Riva e di Malga Laghetto dove sono previsti 80 mila metri quadri di suolo destinati a edificazione mentre dovrebbe prevalere l’uso civico. L’auspicio di Coppola è che la Provincia non permetta che avvenga quest’edificazione nell’area in cui sorgeva l’Avez del Prinzep. Vi sono insomma situazioni in cui si tiene poco conto della scarsità di suolo a disposizione del Trentino che è un territorio prevalentemente montuoso che è un bene comune e finito importante da preservare. Occorre quindi riservare molta attenzione ai documenti che riportano studi sul consumo del suolo per permettere a chi governa di prendere le migliori decisioni possibili. La consigliera ha chiesto come sia possibile l’equilibrio nel consumo del suolo tra comuni grandi e comuni piccoli, dove anche i territori decentrati versano in condizioni non buone su questo aspetto.


Il dirigente Roberto Andreatta ha precisato che il Prt, sistema di trasporto pubblico consumerebbe 5 mila ettari di suolo ma la ferrovia dell’Avisio ne porterebbe via 20 mila. Dal punto di vista economico-finanziario, lo stock che sta dentro i prg comunali ed è inespresso garantisce le entrate dei comuni. In un contesto di finanza pubblica non crescente, la situazione è destinata a rimanere in stallo. Se invece la finanza locale avesse altre forme di compensazioni, i Comuni potrebbero modificare la destinazione d’uso dei terreni. Ma oggi il Comune non ha contropartite finanziarie e non può cambiare la destinazione d’uso.


Alex Marini (Misto-5 Stelle) ha notato che il modello di sviluppo del territorio emerso dallo studio è stato totalmente fallimentare e funzionale non a dare risposte ai bisogni ma a soddisfare interessi speculativi in campo edilizio. Ormai è difficile ottenere un’abitazione decente a prezzi dignitosi. Il sistema industriale ha meno addetti per ettaro e gli addetti hanno pessimi salari. L’agricoltura ha subito gravi danni perché si sviluppata solo sulla produzione e non nel contribuire alla qualità del paesaggio in una logica multifunzionale. C’è poi il tema dell’efficienza energetica perché consumando troppo e male il suolo, lo sviluppo urbano e delle infrastrutture è caotico. La politica non attiva gli strumenti per arrestare questo fenomeno. Marini ha chiesto notizie sull’impegno previsto da uno degli ordini del giorno di misurare il consumo di suolo con dei focus sui singoli territori delle Comunità di valle. Seconda domanda: c’è un problema di finanza locale, perché il Trentino è la provincia italiana è lo strumento che dà meno peso all’addizionale comunale, ricavando risorse per la salvaguardia del paesaggio. Qualcuno Infine Marini ha riproposto un impegno previsto dagli ordin del giorno per promuovere lo sviluppo sostenibile.


L’architetto Tecilla ha risposto a Coppola e Manica sul livello locale. Questo è già presidiato. Nel sito della Provincia una sezione monitora i Comuni anhe per quanto riguarda il Prg di ciascuno. Sul tema della qualità e quantità, se si parla di metri quadri per abitante è la realt urbana la più virtuosa nel consumo del suolo. A Trento vi sono 1000 metri quadri per abitanti mentre nelle valli è molto meno. Sul tema della qualità, quando si punta alla razionalizzazione del consumo del suolo, qui occorre un controllo qualitativo. IN ogni caso su questo quadro si può, per Tecilla, intervenire ancora in modo virtuoso. Un tempo i paesaggi erano disegnati con l’obiettivo di preservare i suoli agricoli mentre in seguito l’obiettivo erano i paesaggi. Un terzo modello per il quale dovremo attrezzarci dovrà puntare sulla sostenibilità e l’ambiente.


L’assessore Tonina ha osservato che vi sono margini di tempo per analizzare questo documento che permette approfondimenti soprattutto per quanto riguarda le prospettive. Il tema del consumo di suolo deve interessare tutti. Non a caso la legge provinciale sul governo del territorio del 2015 ha fornito input e direttive in tal senso. Oggi vi è la consapevolezza che sul tema del consumo di suolo occorre essere tutti più attenti e si può invertire la rotta. Ma questo potrà avvenire solo con una condivisione trasversale specialmente da parte dei Comuni che devono ridurre i terreni edificabili. In questo momento però i terreni edificabili costituiscono un’entrata. A un anno dalla fine della legislatura, di certo per l’assessore attenzioni in questa direzione ci devono essere ma devono essere condivise con le amministrazioni comunali e le singole comunità. Un altro dato importante per Tonina riguarda il recupero dell’esistente. Vi sono strutture abitative ed edifici abbandonati che occorre trovare il modo di recuperare garantendo un risparmio del suolo. Compete al pubblico trovare le risorse per permettere che chi ha bisogno di una casa non debba preferire il nuovo al recupero dell’esistente che risulta più costoso. Questo permetterebbe di non abbandonare un patrimonio storico. significativo del nostro passato. “Il mio impegno – ha concluso – è di lavorare in questa direzione ma non si può dire che fin’ora non è stato fatt nulla, come dimostra il documento presentato oggi”.



Piano di tutela delle acque 2022-2027. Più tempo per il parere. Un quarto dei corpi idrici del Trentino è a rischio. Grave il problema delle fognature comunali


La Commissione su richiesta del presidente Job ha poi chiesto di rinviare l’espressione del parere, da rendere entro la fine di quest’anno, sulla proposta di Piano di tutela delle acque 2022-2027, parere previsto dal Testo unico provinciale sulla tutela dell'ambiente dagli inquinamenti del 1987.


L’assessore Tonina ha ricordato che sul Piano adottato preliminarmente nel dicembre scorso, la Giunta si era riservata di raccogliere osservazioni e pareri. Tonina ha ringraziato l’Appa di questo documento frutto di un lavoro di valore strategico che tiene conto della tutela delle acque dall’inquinamento nella nostra provincia, anche a seguito del recepimento di alcuni decreti ministeriali. In ogni caso il Trentino per Tonina si era già contraddistinto in passato soprattutto su questo tema, anche considerando le difficoltà emerse per la siccità dell’estate scorsa. Si tratta di operare anche per garantire un futuro sostenibile alle nuove generazioni.


Il dirigente dell’Appa Menapace ha ricordato che dopo l’approvazione preliminare del Piano, avvenuta nel dicembre dell’anno scorso, è partita una fase partecipativa molto intensa che ha coinvolto tutti i soggetti interessati, dalle le associazioni ambientaliste ai comparti produttivi. Molte delle osservazioni raccolte sono state recepite nel Piano. Menapace ha sottolineato in particolare l’importanza del “Contratto di fiume”, che attraverso il Piano potrebbe essere lo strumento più efficace con cui ogni singolo bacino potrà regolare proficuamente i conflitti che si generano per l’utilizzo delle acque dei torrenti.


Raffaella Canepel, dirigente del settore qualità ambientale, ha segnalato che il Piano di tutela delle acque aggiornato ogni sei anni consente alla Provincia di fotografare il settore, ma anche di tener conto delle normative europee. Si tratta di vigilare con questo strumento sulla qualità delle acque e di intervenire per ripristinarne la qualità così come la norma europea impone. Esistono obiettivi di qualità che per norma ciascuna realtà territoriale come la nostra deve raggiungere. Questo impone una verifica, ogni sei anni, della situazione. La Provincia deve dialogare con due autorità distrettuali. I distretti redigono i piani di gestione all’interno di questi piani di gestione si inserisce il piano tutela delle acque del Trentino. Il Tavolo tecnico acque coordina tutti i soggetti per individuare i temi sui quali intervenire. Si descrive lo stato qualitativo dei cori idrici del Trentino sia superficiali sia sotterranee. Il monitoraggio è il cuore del Piano tutela delle acque. L’Appa con biologi e chimici e altri operatori monitorano fisicamente i corsi d’acqua e le acque sottorranee raccogliendo campioni biologici e di acqua poi analizzati in laboratorio. Questa fotografia deve dialogare con un0’analisi fatta a tavolino che permette di capire la situazione rispetto ai vari impatti che gravano sul nostro territorio, come l’impatto da agricoltura e l’impatto da depurazione. Questo permette di capire se siamo o no in sintonia con quanto la norma europea prevede e di ripristinare con appositi correttivi gli aspetti che non risultano adeguati. Canepel ha citato poi i molti allegati contenuti nel Piano di tutela delle acque (vedi slides). Ha poi sottolineato l’importanza delle concessioni idriche e dei criteri per poterle concedere. Ad esempio sospendendo la possibilità di concedere nuove derivazioni dove i corpi idrici hanno uno stato di qualità elevata e quindi da preservare perché particolarmente di pregio. IN altri casi le concessioni vengono sospese laddove i corpi idrici non hanno lo stato di qualità che dovrebbero possedere. Per questo vi è un’attenzione maggiore verso un rilascio un po’ generoso che vi è stato in passato, perché la corsa allo sfruttamento delle acque a scopo idroelettrico è stata notevole. I contratti di fiume esprimono la volontà di avere una visione allargata sulle necessità, esigenze, vocazioni o aspettative che un determinato ambito territoriale ha. Questo permette una pianificazione più attenta. Se il rischio di non raggiungere la qualità delle acque in un corpo idrico è tangibile, scatta un “piano delle misure” per arrivare all’obiettivo. Piano delle misure che l’amministrazione si pone per riuscire a perseguire questo obiettivo di qualità. Le acque possono risentire di un inquinamento da nutrienti, da sostanze organiche, chimico o microbiologico. Su 398 corpi idrici 104 sono a rischio, vale a dire un quarto. Questo vuol dire che alcuni hanno problemi conclamati e altri potrebbero averne. Sono i corsi d’acqua del fondovalle ad avere i problemi maggiori. Si tratta di 51 corpi idrici fluviali, 6 lacustri sui 10 più grandi e uno sotterraneo. I laghi di Molveno e Levico presentano una situazione qualitativamente buona. I corsi d’acqua sono 377 e 51 fluviali mentre i non fluviali sono 98. Il corpo idrico è una parte del corso d’acqua. Dove la pressione sul territorio è maggiore emergono maggiori problemi nei corsi d’acqua, problemi che possono rientrare con il piano delle misure. Molti sono i fattori che incidono sul livello qualitativo complessivo dei corsi d’acqua. I tre quarti dei corpi idrici del Trentino hanno già raggiunto l’obiettivo di qualità. I territori di montagna come la Val Rendena, la Val di Fiemme, la Val di Fassa, la Valsugana e la parte alta della Val di Sole presenta una qualità elevata perché la pressione è meno elevata, mentre scendendo nel fondovalle verso le zone più impattate dall’utilizzo del suolo, la qualità dei corpi idrici tende a scendere. Questo accade nella Val di Non, nella Valle dell’Adige e la Valsugana che versano in situazioni talvolta critiche. Il Piano di tutela individua anche per la prima volta delle zone vulnerabili da nitrati di origine agricola che hanno imposto l’individuazione di un programma di azione specifico in tre territori: Alta Val di Non, la zona del Lago di Serraia e l’Alta Valsugana dove le acque presentano un’elevata quantità di nitrati provenienti dalla zootecnica e da produzioni agricole che utilizzano sostanze chimiche. Appa porta avanti un monitoraggio costante in queste aree per verificare se saranno ancora affette da questo problema o no. Le misure adottate consistono nella depurazione civile con i depuratori di Cloz, Caldes e Rumo che incideranno sulla qualità delle acque; poi vi sono misure legate all’utilizzo di fitofarmaci e nitrati per cui si sta dialogando con i soggetti agricoli per portare a casa risultati tangibili a breve. Vi sono poi scarichi industriali, ma a questo livello l’impatto è limitato. C’è il caso della Cartiera di Villa Lagarina il cui scarico è stato spostato. Vi è poi la misura della riqualificazione ecologica dei corsi d’acqua. Infine per la quantità delle acque vi è l’attenzione posta alle concessioni. Un focus riguarda i cambiamenti climatici e le norme di attuazione del Paino. Si tratta di 17 articoli che riguardano tutte le iniziative da mettere in campo per attuare con 15 delibere le misure previste dal Piano.


Carla Monauni, direttore dell’ufficio qualità delle acque, ha evidenziato il processo di partecipazione pubblica attivato per acquisire il contributo di vari enti per migliorare la proposta iniziale del Piano di tutela delle acque. Sono stati coinvolti una quarantina di soggetti tra imprese e consorzi irrigui. Dai pareri raccolti sono state recepite alcune osservazioni importanti, ad esempio l’attenzione ai cambiamenti climatici dei quali occorre tener conto. I Comuni hanno espresso la necessità di ottenere risorse per la gestione delle problematiche legate alle fognature pubbliche. Uno dei principali problemi dei corsi d’acqua in condizioni non buone è legata alla non adeguata efficienza delle fognature comunali che hanno quindi bisogno di essere sistemate soprattutto separando le acque bianche dalle acque nere. Questo problema riguarda quasi tutti i Comuni del Trentino. I difetti delle fognature comunali sono accentuate da un eccesso di piovosità che si verificano in certi periodi dell’anno molto più di quel che avveniva in passato. Un’altra osservazione recepita è l’esigenza di avere più bacini di accumulo necessari per fronteggiare situazioni di siccità e con uno scopo polivalente, non solo a beneficio dell’agricoltura ma anche per il turismo nelle alte stagioni.


La discussione.


Rispondendo a una domanda di Lorenzo Ossanna (Patt), Canepel ha spiegato che la definizione di corpo idrico “buono instabile” indica una situazione a rischio, buoni ma non sufficienti perché vicini alla perdita dello stato di qualità richiesto, meritevole quindi di attenzione per evitare che questo succeda. Per fugare questo rischio Appa ha imposto delle misure a tutela di questi corpi idrici. Sulla quantità delle acque si può agire attraverso il deflusso minimo vitale, sulla razionalizzazione della risorsa acqua, ma in modo più incisivo occorre agire sulla qualità specialmente per quanto riguarda l’agricoltura.

Job ha messo l’accento sul problema legato ai comuni, specie i piccoli comuni, dove i sindaci devono impegnarsi a mettere in atto le misure richieste per migliorare la qualità delle acque.


Manica ha posto alcune domande sui depuratori delle acque, rispetto ai quali da questo quadro il Trentino non sembra adeguatamente sistemato. Poi c’è il problema della dispersione dalla rete delle acque potabili, che occorre affrontare. Ancora, sulla procedura di rilascio delle concessioni idroelettriche, c’è un passaggio che pone in capo alla struttura provinciale la possibilità di dare indicazioni per superare il diniego ad ottenere il rinnovo. Sfruttamento idroelettrico: l’articolo sul percorso di valutazione dettagliato delle concessioni non c’è più: dov’è finito? Poi la modifica a un articolo dove il piano prevede un obbligo di monitoraggio e prelievo solo per quanto riguarda i corpi idrici di maggiori dimensioni, mentre in precedenza l’analisi coinvolgeva anche gli altri.


Canepel ha risposto rassicurando Manica in merito all’articolo sulla valutazione delle concessioni, che – ha spiegato è rimasto nel Piano di tutela ma è stato reinterpretato e migliorato. Quanto ai depuratori, il Trentino dispone di una rete ottimale. La Provincia ha già provveduto con i quattro di sua competenza (Trento nord, Rumo, Caldes, Cloz), ma il problema vero è alle spalle dei depuratori e riguarda le reti fognarie costruite male o prive di manutenzione, che non consentono ai depuratori di lavorare bene. Il problema non sta nei depuratori ma nel cattivo funzionamento delle fognature comunali. Vi sono addirittura fontane agganciate alle reti fognarie. Vi è quindi la necessità dello sdoppiamento delle acque. Vi sono Comuni che non hanno la fognatura bianca e la fognatura nera. Quanto alle fasce lago, per rendere coerenti le norme di attuazioni del Pup e quelle del Piano tutela delle acque, è stato previsto il parere dell’Appa in merito agli interventi in queste aree.


Marini ha sollevato la questione della leggibilità delle delibere della Giunta, il cui data base ha seri problemi di accessibilità, e ha poi ricordato lo studio sulla Valle del Chiese di cui non si è saputo più nulla. Ha chiesto se è stata individuata la fonte dell’inquinamento e se gli interventi previsti per la sistemazione delle fognature sono rinviate a data indefinita (entro tre anni). Marini ha posto anche una domanda sulla composizione dell’osservatorio provinciale sulle acque pubbliche. Infine ha osservato che nel Piano dovrebbe rientrare anche il tema della “rinaturazione” o riqualificazione dei corpi idrici.


Menapace ha assicurato che tutti i dati ambientali saranno resi trasparenti sul sito


Canepel ha segnalato che sul fonte dell’inquinamento del Chiese lo studio è in corso e si è in attesa dei sondaggi. Sulle fognature per lo sdoppiamento delle acque, il problema sollevato da Marini è vero ma servono le risorse perché i comuni non sono in grado di intervenire né per la ricognizione della dispersione né per rimediare. Pe la rinaturazione il Piano prevede all’articolo 13 il risanamento dei corpi idrici. Caneppele ha detto di non aver elementi per chiarire la questione della composizione dell’osservatorio.



Richiesta un’audizione di Dolomiti Energia sulla situazione economica della società


Prima di concludere i lavori, il presidente Job ha segnalato la richiesta, presentata da Alessio Manica del Pd, di un’audizione del cda di Dolomiti Energia, società di cui la Provincia è proprietaria, per conoscerne la situazione economica e debitoria, approfondendo anche questione del caro-bollette. Sempre Manica ha chiesto che la Giunta illustri in Commissione il Prt (Pass Rapid Transit), opera prospettata in vista delle Olimpiadi del 2026. La decisione sull’audizione di DE – ha suggerito il presidente Job – verrà presa dalla Commissione il 22 novembre per verificare la possibilità di prevedere l’incontro il 25 novembre. Quanto al Prt Job ha ricordato che la competenza è dell’assessore agli enti locali Mattia Gottardi e che non vi sono i tempi per effettuare l’audizione entro quest’anno. Rinviato, infine, l’esame della petizione che chiede la messa in sicurezza di via Aldo Moro ad Arco, la Commissione ha concluso i lavori.​

Allegati
Il Piano di tutela delle acque, sintesi
Lo studio sul consumo del suolo