Nel pomeriggio in Consiglio provinciale.
E’ tuttora in corso
l’ostruzionismo da parte delle minoranze consiliari verso il d.d.l.
Masè sulle tre preferenze con alternanza di genere nel voto
provinciale. Si è arrivati al 79° ordine del giorno respinto, 70
sono saltati ieri per l’assenza giustificata di Lucia Coppola, ne
rimangono ancora 551, a firma Zanella di Futura e Ferrari del Pd.
La
discussione è stata caratterizzata già a partire da questa mattina
da un ampio dibattito attorno
agli
episodi
di molestie avvenuti all’adunata degli Alpini di Rimini.
Sara
Ferrari per prima ha parlato di brutti esempi d’una mentalità
arretrata e intrinsecamente patriarcale, gravemente offensivi nei
confronti delle donne che ne sono state vittime. Questi atteggiamenti
(che un tempo sarebbero stati ritenuti normali) sono in realtà
“tossici” anche per gli uomini e per gli Alpini. Ciò non
significa peraltro una condanna generalizzata del Corpo.
Mara
Dalzocchio ha detto che va separata la responsabilità individuale da
quella del Corpo degli Alpini, che ha dimostrato di essere da sempre
prezioso e in prima linea nel campo della solidarietà. Quindi, sì
alla condanna dei comportamenti individuali, no alle accuse
generalizzate agli Alpini. L’Ana, ha concluso, ha preso le distanze
da comportamenti messi in atto da persone che però non sappiano se
fanno o no parte del Corpo. Poi l’esponente leghista ha ricordato
che tutti gli episodi di molestia vanno condannati, anche quelli
accaduti a Capodanno a Milano.
Giorgio
Tonini, ricordando le severe parole di condanna del ministro della
Difesa Guerini, ha affermato che non si difendono le istituzioni -
anche le più preziose (ha fatto l’esempio dei Carabinieri e del
caso Cucchi) - tollerando comportamenti inaccettabili, anche se
fossero stati compiuti da uno solo. Perché gli episodi di Rimini non
sono degni della storia e del cappello degli Alpini.
Paolo
Zanella ha chiarito che nessuno intende criminalizzare gli Alpini,
affermando però che l’Ana dovrebbe condannare e denunciare con
fermezza questi atteggiamenti, che non si possono declassare a
semplici episodi di maleducazione, perché si tratta di molestie
sessuali.
Alex
Marini ha proposto di invitare il presidente nazionale dell’Ana in
commissione, senza contrapposizioni, per capire cosa è accaduto a
Rimini, e ad elaborare linee guida per evitare altri episodi di
questo tipo.
Riprendendo
il confronto nel pomeriggio, Roberto
Paccher ha
ammonito
che associare
gli alpini e l’adunata alle molestie è inammissibile. Le 400.000
persone che hanno partecipato all’adunata non sono tutti alpini e
non è accettabile che si getti un’ombra su un’associazione che
offre il proprio servizio agli altri con massima disponibilità e
senza chiedere nulla in cambio. L’associazione nazionale non deve
giustificare niente, saranno i responsabili a rispondere in proprio.
Sara
Ferrari ha
reagito energicamente per ribadire
che le
minoranze non
hanno in
nessun modo attaccato
il Corpo
degli Alpini, ma
hanno solo
esortato l’associazione nazionale a prendere le distanze da quanto
accaduto, proprio perché il comportamento di pochi non sia lesivo
dell’onorabilità di un Corpo
che tutti stimiamo.
Luca
Guglielmi
ha insistito:
qui
si vuole mettere alla berlina l’associazione degli Alpini e per
colpa di uno si rischia di fare onta a tutti. Simile la posizione di
Alessandro
Savoi:
rispettiamo gli Alpini – ha
voluto dire -
che sono la parte migliore dell’Italia, anche perché magari i
responsabili delle molestie non hanno nemmeno svolto la leva. Non è
tollerabile denigrare gli Alpini per perdere tempo.
Claudio
Cia ha
polemizzato direttamente con il collega Zanella, poi Mara
Dalzocchio
ha
tra
l’altro citato
una
petizione on
line
che
chiederebbe, a seguito dei fatti di Rimini, la sospensione
dell’adunata degli Alpini per due anni.
Sul
tema delle tre preferenze di voto.
E’
seguita
una nuova, fitta serie di interventi di segno opposto
maggioranza-minoranza sul tema del ddl Masè e delle tre preferenze
di voto. L’assessora
Stefania Segnana – cui
ha poi espresso condivisione Luca Guglielmi - ha opinato che
le
tre preferenze potrebbero dare
la possibilità ad
una donna
di fare squadra con un’altra e
“non approvarla sarebbe
un’opportunità mancata per le donne”.
Sara
Ferrari
e
Paolo
Zanella
hanno
ribattuto
che
l’elettore statisticamente
esprime
un terzo di preferenze per le donne e due terzi per gli uomini. La
presenza femminile non sarebbe dunque
per nulla garantita
dalle tre
preferenze
e
basta andare a vedere cosa accadeva quando le tre preferenze c’erano.
Mara
Dalzocchio: le
sei donne elette nella Lega non sono state elette per la legge
elettorale, ma perché nella Lega da sempre le donne vengono
valorizzate e sostenute.
Vanessa
Masè: l’espressione delle preferenze è una facoltà e anche la
lettura dei dati da
parte delle minoranze è
strumentale. La
consigliera della Civica ha infine respinto nella maniera più
assoluta la lettura
che il
ddl
sia funzionale al suo
interesse personale.
Giorgio
Tonini:
diluire
in tre le preferenze significa prendere una direzione in
contraddizione
rispetto
al
dettato
della
Costituzione
(“la
Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità
tra donne e uomini”) e
fare un inspiegabile passo indietro dopo una sola legislatura di
sperimentazione della
doppia preferenza “di genere”.
Al momento quello attuale è il sistema conosciuto che meglio
favorisce e promuove la rappresentanza di genere.
Alessandro
Savoi: basta
che le
donne scelgano le donne, come fa la Lega, quella
delle
minoranze è
“strumentalizzazione
ideologica pura”.
Claudio
Cia ha contestato
i dubbi di costituzionalità paventati da Tonini. Questa proposta –
ha
obiettato -
non mette in discussione la rappresentanza di genere, anzi: offre
maggiore opportunità di scelta al cittadino.
Michele
Dallapiccola ha ironicamente ringraziato i colleghi di maggioranza
per aiutare le opposizioni a portare avanti l’ostruzionismo. Alex
Marini ha tra
l’altro riflettuto
sulla possibile
centralizzazione
degli uffici per scrutinare le schede, così
come
avviene da
poco in
Valle d’Aosta. Oltre
che comportare
risparmi di denaro, permetterebbe
di
limitare al massimo il controllo politico sugli elettori e di
semplificare
le operazioni di scrutinio.