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23/03/2022 - In aula o in commissione

Impianto di termossidazione dei rifiuti a Pergine: secondo i Medici per l’ambiente non va fatto

Petizione allesame della III Commissione. Per Apss e Appa emissioni minime, non ci sono rischi

Impianto di termossidazione dei rifiuti a Pergine: secondo i Medici per l’ambiente non va fatto

Impianto di termossidazione dei rifiuti a Pergine: secondo i Medici per l’ambiente non va fatto

In Terza commissione, presieduta da Ivano Job della Lega, si è parlato dell’aggiornamento del regolamento sugli impianti a fune; a lungo, con l’audizione dei Medici per l’ambiente, Apss e Appa, della petizione n. 18​ contro l’ impianto sperimentale di termossidazione dei rifiuti a Pergine e, infine di quella (la n. 12 ) per la delocalizzazione di un’attività produttiva a Quaere di Levico con il sì alla relazione della commissione.


Medici per l’ambiente: l’impianto di termossidazione peggiora la situazione di Pergine


La prima audizione sulla petizione contro l’impianto di termossidazione di Pergine è stata quella del dottor Paolo Bortolotti di Medici per l’ ambiente e coordinatore Commissione ambiente Ordine dei medici e membro dell’Uffico di presidenza dell’Isde – Medici per l’ambiente Italia, il quale ha affermato che negli ultimi anni le patologie sono aumentate con la crescita dei livelli di inquinamento. Per questo, ha aggiunto, vanno pesate le ricadute anche sul lungo periodo dei nuovi impianti. Quello di Pergine è piccolo, ma, purtroppo, le ricerche hanno evidenziato che i danni non sono solo in relazione alla quantità dell’esposizione alle sostanze nocive, ma variano anche in base al tempo. Quindi, anche a basse dosi, possono avere un impatto soprattutto sul sistema endocrino. L’inquinamento atmosferico, ha ricordato il medico, è il più grande rischio in Europa per patologie come Ictus e quelle cardiache. Non solo, le morti premature legate all’inquinamento sono 7 milioni, quelle per Covid sono state 6,5. Questo perché la respirazione permette a grandi quantità di inquinanti di entrare nel nostro organismo. I dati, ha continuato Bortolotti, dicono che sulle polveri (anche se i dati sulle 2.5 sono incompleti) siamo sotto i valore limite, che è però superiore a quello fissato dall’Oms che tiene conto dei fenomeni di bioaccumulo che soprattutto nel tempo creano danni. Il dottor Bortolotti, in sintesi, ha “bocciato” la struttura tecnica dell’impianto che ha i limiti posti dal processo di pirolisi. Inoltre, ha aggiunto, di impianti simili ce n’è solo uno in Svizzera e uno a Gela in Sicilia e i dati forniti non sono completi dal punto di vista scientifico. E’ vero che si tratta di un’iniziativa sperimentale ma 4680 ore di emissione in due anni sono pesanti e per questo andrebbero fatti controlli in continuo sugli inquinanti. L’ operazione, ha aggiunto l’esponente di Medici per l’ambiente, è di tipo commerciale perché la ditta con questa sperimentazione intende capire se un impianto piccolo potrà essere applicato sulle navi per la gestione del problema dei rifiuti. Una ricerca che andrebbe fatta in una zona costiera, anche perché, in contraddizione col Piano rifiuti provinciale, nel caso di Pergine i rifiuti andrebbero importati. Inoltre, la localizzazione è in una zona pesantemente antropizzata, con la presenza di scuole nel raggio di 1000 metri. Infine, per funzionare l’impianto ha bisogno di un motore a gasolio che comunque inquina perché il syngas prodotto non viene utilizzato. Non solo,il sì a questo impianto contraddice il messaggio del Trentino turistico che si basa sul noto: “respira”.

Ivano Job ha chiesto se ci possono essere pericoli per i bambini e il dottor Bortolotti ha detto che nelle prime fasi della vita l’impatto delle sostanze nocive è maggiore. Ma in generale il principio di precauzione deve essere applicato e quindi l’onere della prova va ribaltato: se c’è la possibilità di evitare un rischio si deve evitare. Quindi, la localizzazione dell’impianto di Pergine è sbagliata e questa sperimentazione sembra una cosa un po’ campata in aria e fuori da una programmazione generale. Lucia Coppola ha detto che si tratta di una sperimentazione sulle pelle dei cittadini. Il dottor Roberto Cappelletti, sempre dei medici per l’ambiente, ha aggiunto che nella delibera si parla di emissioni modeste e entro i limiti. Ma i limiti per il cadmio, i metalli pesanti e le diossine sono fissati per comodo e non certo in base ai livelli di rischio biologici. Cappelletti ha ricordato inoltre che la qualità dell’aria di Pergine e in Valsugana non è buona e ci si deve chiedere se questo impianto porta reali benefici ai cittadini.

Katia Rossato (FdI), sottolineando il contributo dei Medici per l’ambiente, ha ricordato che il Consiglio comunale di Pergine ha approvato l’impianto che finirà per pesare sulla popolazione. Mentre Alex Marini (5 Stelle) ha ricordato la battaglia del 2015, che vide una grande partecipazione dei cittadini e delle amministrazioni locali, contro l’istallazione di un impianto simile in località Casotte a Mori. Partecipazione che a Pergine non si è vista. Bortolotti, chiudendo il suo intervento, ha detto che il fatto che si parli di questa iniziativa di Pegine dimostra che un certo controllo dal basso c’è, ma la responsabilità delle scelte è politica. E, anche in questo caso, la scelta si dovrebbe basare sulla reale utilità per la popolazione.


L’Azienda sanitaria, emissioni ridotte non ci sono rischi


Per l’Azienda sanitaria, che ha espresso il sì all’avvio della sperimentazione dell’impianto di Pergine, è intervenuto il dottor Francesco Pizzo ricordando che il parere aggiuntivo dato all’Apss è positivo perché le emissioni sono ridotte e le sostanze emesse possono essere pericolose solo in quantità acuta. Ci potrebbero essere effetti a lungo termine, ma questo impianto sperimentale rimarrà attivo per pochi anni. Con la cittadinanza, ha detto ancora, c’è stato un incontro pubblico e si potrebbero fare monitoraggi sull’impianto per garantire una maggiore sicurezza anche se, ha ribadito, le emissioni sono molto basse. Lucia Coppola ha detto che la valutazione dell’Azienda si sarebbe dovuta basare sul principio di precauzione anche tenendo conto che entro un chilometro ci sono scuole, un asilo nido e un centro giovani. L’esponente di Europa Verde ha detto di essere basita di fronte a una valutazione che ha definito superficiale e fin troppo serena, anche perché la condizione della qualità dell’aria di Pergine è già pesantemente compromessa. Alex Marini ha condiviso la posizione della consigliera verde e anche per lui si sarebbe dovuto applicare il principio di precauzione e, infine, ha chiesto se siano state fatte comparazioni con impianti analoghi e ha ricordato che mancano dati sulle nano polveri.

Il dottor Pizzo ha risposto che per ciò che riguarda le nano particelle non si misurano perché sono ancora allo studio della comunità scientifica e quindi è difficile stabilire un limite. Ma per l’impianto di Pergine i limiti di legge ci sono e sono ampiamente rispettati dalla ditta e con emissioni così basse e per un tempo breve non ci sono rischi per la salute pubblica.


L’Appa: la sperimentazione può essere fatta in sicurezza


Infine, il dottor Gabriele Rampanelli dell’Appa, ha detto che la ditta ha fatto una domanda di localizzazione per un impianto di trattamento per pochi metri cubi di rifiuti per valutare il processo di pirolisi. Questo con lo scopo di realizzare e vendere piccoli impianti per smaltire i rifiuti che vengono prodotti sulle navi o nella lavorazione di pellami. L’iter burocratico e ambientale è stato completato correttamente da parte dell’azienda e sulle emissioni in atmosfera si è sentito il parere dell’Azienda sanitaria. La delibera però, ha ricordato il dottor Rampanelli, non conclude l’iter autorizzatorio che è in corso e per il quale sono chiesti approfondimenti alla società.

Il dottor Gabriele Tonidandel, sempre di di Appa, rispondendo al dottor Bortolotti, ha detto che le Pm 2.5 a Borgo sono comunque rilevate anche se, per un guasto, con un metodo che richiede un tempo maggiore per l’elaborazione dei dati. Nel 2004, come ha ricordato l’esponente di Medici per l’ambiente, in Trentino si registrarono anche 100 giorni di superamento dei limiti di inquinamento atmosferico, ma da 10 anni a questa parte la situazione è migliorata e l’obbiettivo è di arrivare ai limiti posti dall’Oms. Anche la situazione di Pergine rispetto a 2004 e nettamente migliorata. Sul fatto di istituire un punto di misura della qualità dell’aria anche a Pergine le evidenze hanno mostrato che non è necessario perché le informazioni sono già sufficienti. Del resto, ha aggiunto Tonidandel, si sono limitate le postazioni fisse anche a Trento e Rovereto senza perdere, anzi migliorando la qualità dei controlli. I mezzi mobili di controllo a disposizione dell’Appa sono due: uno è a Madruzzo, per controllare il cementificio delle Sarche, e l’altro a Cles.

Il direttore dell’Agenzia per l’ambiente, il dottor Enrico Menapace ha detto che nel 2022 verrà fatta una ricognizione sul piano per la tutela della qualità dell’aria e una valutazione della rete di monitoraggio. In collaborazione con l’Ordine dei medici si pensa, inoltre, di sviluppare un approfondimento sull’aria nel rapporto sull’ambiente.

Lucia Coppola ha affermato di non aver capito perché con meno centraline i controlli sull’aria sarebbero migliorati, così come il fatto che non sarebbe necessario avere una centrale di controllo a Pergine. Infine, l’esponente di Europa Verde, ha auspicato che vengano coinvolti anche i Medici per l’ambiente. Infine, ha chiesto se sia stata presa in considerazione anche la tipologia dei rifiuti che verranno trattati nell’impianto di Pergine e che possono costituire un altro motivo di rischio che si aggiunge a quelli già presenti e che pesano sulla popolazione senza un reale motivo. In sintesi, ha concluso, le minimizzazioni espresse nelle audizioni di Apss e Appa sono inquietanti.

Menapace ha ricordato che i limitatissimi quantitativi di rifiuti trattati e la dettagliata analisi del sistema tecnologico proposto dicono che può fare la sperimentazione in completa sicurezza. Comunque, la ditta lavora nel settore dell’economia circolare e questa sperimentazione potrebbe offrire soluzioni interessanti. Il problema, ha aggiunto, non sono i rifiuti trattati, ma cosa esce dal camino cil quale, ha ricordato, è sotto stretto controllo. Alex Marini, ha chiesto infine come sia possibile controllare i rifiuti speciali che vengono bruciati a Pergine. Menapace ha ribattuto che quella di Pergine è una sperimentazione che durerà due anni non prorogabili per legge e ha ricordato che sul nostro territorio non c’è il pericolo di una diffusione di impianti di trattamento di rifiuti speciali.

L’esame della petizione sull’impianto di Pergine è stato sospeso su richiesta del presidente Job per ascoltare in audizione nella prossima seduta il Comune di Pergine.

Infine, la Commissione ha preso in esame la relazione sulla petizione di Quaere che è stata approvata all’unanimità.


Impianti a fune, nuovo regolamento per comprendere gli ascensori inclinati


In apertura di seduta Silvio Dalmaso, dirigente del Servizio impianti a fune e piste da sci, ha illustrato la delibera, che ha ricevuto il sì unanime, e che contiene la nuova versione del regolamento degli impianti che è stato aggiornato per comprendere gli ascensori inclinati. Una norma prevede poi un limite di età a 70 anni per i tecnici responsabili e un’altra controlli a campione sulle assicurazioni delle piste da sci. Job ha chiesto perché si è scelta la strada dei controlli a campione sulle assicurazioni. Domanda alla quale Dalmaso ha risposto affermando che si è semplicemente esteso il sistema che si applica agli impianti di risalita alle piste. Alessio Manica del Pd ha chiesto qual è la dotazione organica del Servizio e il dirigente ha risposto che gli addetti sono 24. Un numero in linea con quelli dell’Alto Adige o Val d’Aosta. Lucia Coppola di Europa Verde ha condiviso la delibera che va nella direzione di una maggiore sicurezza, sia degli utenti che dei lavoratori, degli impianti funiviari. Dalmaso ha concluso affermando che si dovrà mettere mano, in alcuni punti, alla legge sugli impianti a fune che è del 1987. Rispondendo a Manica e Ivano Job ha detto che l’età media degli impianti si sta alzando rispetto ai 22 anni di 10 anni fa anche perché l’onda della sostituzione degli impianti e finita. L’impianto funiviario più vecchio è la Trento - Sardagna che è del 1964. Tra le seggiovie che hanno concluso la loro vita tecnica la Francolini e un impianto della Marmolada.