Giornale OnLine

Giornale Online
10/02/2022 - In aula o in commissione

Chiusa la sessione in aula, la discussione del ddl Masè proseguirà in una delle prossime sedute

In Consiglio provinciale

Chiusa la sessione in aula, la discussione del ddl Masè proseguirà in una delle prossime sedute

Sul provvedimento pendono 1.493 emendamenti e 585 ordini del giorno

Chiusa la sessione in aula, la discussione del ddl Masè proseguirà in una delle prossime sedute

​​​​​Nel pomeriggio è ripresa la discussione generale sul ddl di Vanessa Masè che ha l’obiettivo di ripristinare nella legge elettorale la terza preferenza con una preferenza obbligatoria di genere. Un disegno di legge che si trova di fronte un muro di 1493 emendamenti e 585 odg depositati da Pd, Futura e Europa Verde. Alle 18,30, quindi nell’orario stabilito, la discussione generale è stata sospesa e riprenderà in una delle prossime sessioni consiliari.


Alla ripresa dei lavori Paolo Zanella di Futura ha affermato che il ritorno alla terza preferenza sia pure con l’obbligo di scegliere almeno un candidato di genere diverso rappresenta un arretramento rispetto alla doppia preferenza di genere in vigore, ritorno indietro che potrebbe essere ritenuto incostituzionale. Non solo, ma la maggior parte dei Consigli regionali vengono eletti con la doppia preferenza che, come ha ricordato il prof. Vezzoni in commissione, ha anche il vantaggio della chiarezza. La terza preferenza, numeri alla mano, favorisce le cordate e quindi un ruolo ancillare delle donne. Invece, serve una legge, come quella in vigore, che faciliti l’entrata in politica delle donne anche per far fronte alle loro esigenze di vita.


Ferrari: le cordate delle donne non esistono


Sara Ferrari (Pd) ha raffermato che la lotta al ddl Masè sarà condotta fino alla fine perché lesivo per le donne e mira a cancellare una norma che ha dato risultati, che ha aperto le porte del Consiglio a un gruppo di donne anche del centro destra ed è stata il frutto, nella scorsa legislatura, di un escamotage che si è reso necessario per evitare la resistenza maschile da ambo le parti. Una condizione di parità, e non quote riservate,che è prevista dalla Costituzione e dallo stesso Statuto di autonomia, nonostante dal 2012 si tenti senza successo di introdurre per le comunali la doppia preferenza di genere con la quale si vota in tutti i comuni italiani sopra i 5000 abitanti. Al punto che nel caso della Puglia è stato il Governo a imporre la doppia preferenza proprio perché è un diritto fondamentale e un vantaggio economico e sociale perché le diversità permettono di trovare soluzioni migliori. La capogruppo Pd, inoltre, ha sottolineato il fatto che la Giunta non rispetta la legge 2012 sulla parità, su molti aspetti ha cancellato molte delle novità introdotte dal centro sinistra compresi i corsi per la parità di genere. Parità che è ben lungi da essere realtà perché le donne, oberate dai lavori domestici e di cura, non hanno spesso le forze per occuparsi della cosa pubblica. E la terza preferenza permetterà di fare le cordate, ma solo maschili perché la logica delle due donne e un uomo non esiste nelle condizioni attuali.


Paoli: a Bolzano con 4 preferenze libere 9 donne in Consiglio, più che a Trento


Denis Paoli (Lega) ha affermato che la doppia preferenza di genere, secondo la sinistra, avrebbe favorito la presenza di donne in Consiglio ma le 4 preferenze libere a Bolzano hanno portato nel 2018 nell’aula consiliare 9 donne, qui 8 e sono 9 perché Vanessa Masè ha sostituito Rodolfo Borga. Anche perché con quattro preferenze (e Paoli vorrebbe introdurle anche in Trentino) si sono potute votare anche due donne e due uomini. Lega e centro destra sono attenti al tema delle donne basti notare la presenza di due assessori donna e la capogruppo delle Lega, mentre solo grazie alle dimissioni di Tonini e l’addio di Rossi il Pd e il Patt hanno avuto capigruppo donne. A Roma il Pd ha al governo solo tre uomini, contrariamente al centro destra. Quindi, le parole della minoranza contrastano con i numeri.


Coppola: per la parità nella società, più donne nelle istituzioni


Lucia Coppola ha ricordato che l’Italia è all’ultimo posto in Europa per molti indici di parità di genere ed è anche per questo che è di fondamentale importanza l’educazione di genere nelle scuole. Anche pe r contrastare il tragico fenomeno del femminicidio che, invece, pone il nostro Paese ai vertici nei paesi dell’Ue. Ma per garantire la parità nella società, sul lavoro va potenziata la presenza femminile nelle istituzioni.


Rossi: tutti parlano di parità, ma non si fa nulla per le donne che lavorano


Ugo Rossi (Azione) ha detto di non voler più accettare le accuse rivolte dai banchi della maggioranza all’opposizione di fare solo chiacchiere e a Paoli ha ricordato che è vero che a Bolzano ci sono le quattro preferenze libere ma non c’è il premio di maggioranza. E ha ribattuto che c’è una grande opportunità in questo dibattito: quella di dare corpo e voce a ciò che tutti hanno detto: cioè la necessità di potenziare anche la dignità della donna, anche in relazione alla maternità e nel lavoro. Una necessità condivisa da tutti, ma sulla quale non si è fatto nulla per aiutare la donna che lavora magari affrontando il tema dei congedi parentali. Non ha caso Rossi ha chiesto di rinviare il suo ddl sul trattamento di natalità, proprio perché sicuro che sulle preferenze tutti avrebbero detto che servono interventi a favore delle pari opportunità, interventi ai quali però poi nessuno pensa. Rossi ha detto di essere disposto a togliere la sua firma dal suo disegno di legge n. 25 per favorire la realizzazione di parte almeno delle dichiarazioni di principio pronunciate in queste ore in aula. L’esponente di Azione ha detto che la politica che si basa sul confronto dei principi non porta al bipolarismo ma ad una sorta di bipopulismo che riduce tutto a tifoseria, mentre la politica ha il compito di trovare soluzioni concrete. Il risultato è che sono le donne a farne le spese. L’appello di Rossi, infine, è stato quello di trovare soluzioni condivise, oltre gli steccati, per trovare soluzioni reali.


Marini: si dovrebbe ripensare il sistema elettorale aprendo alla partecipazione


Alex Marini (5 Stelle) ha affermato che il ddl Masè è stato presentato in chiave ideologica, come hanno dimostrato le bocciature o la non accoglienza di emendamenti ragionevoli. Quindi, ha vinto la logica mediatica su quella istituzionale. Non si è parlato di voto di disabili, di quello dei residenti all’estero, del crescente distacco dei cittadini dal voto. Tra l’altro, ha ricordato, lo Statuto non pone vincoli e quindi lascia una grande libertà in materia elettorale che qui però è stata ridotta alla rappresentanza di genere. La doppia preferenza, ha aggiunto, ha dimostrato di funzionare perché ha portato in Consiglio un maggior numero di donne, mentre il ddl in discussione persegue obiettivi elettorali soggettivi. Marini ha aggiunto, sollecitato dall’intervento di Vanessa Masè, che il Consiglio potrebbe attrezzarsi per l’accoglienza delle consigliere mamme con i loro bambini. Ma, in generale, l’esponente pentastellato ha affermato che servono nuove modalità di interazione con i cittadini e la tanto osannata stabilità governativa, che sarebbe garantita dai premi di maggioranza, è cosa ben diversa della stabilità istituzionale che sarebbe meglio garantita da un sistema proporzionale. Mancano delle politiche pubbliche che dovrebbero riguardare anche altri bisogni di parità come quelli che emergono dal mondo della disabilità. Insomma, per Marini si dovrebbe allargare il ragionamento su tutto il sistema elettorale (come aveva fatto il primo ddl presentato dal Patt) introducendo, oltre al ritorno al proporzionale, elementi di democrazia diretta, di trasparenza, di controllo dei cittadini anche delle società pubbliche. Esempi di questo non mancano, ha ricordato il consigliere di 5 Stello, a cominciare da quello californiano. Nel nostro sistema andrebbe messa mano, introducendo quello alfabetico, all’ordine delle liste elettorali che oggi hanno solo la regola del “pettine” uomo – donna.


Dalzocchio: col ddl Masè si passa dall’obbligo alla scelta di votare una donna


Mara Dalzocchio ha detto che nel ddl Masè afferma un principio di democrazia perché si passa dal dovere di votare una donna al poterla votare. Si passa dal principio di obbligatorietà, che allontana i cittadini dal voto, a quello della possibilità di scelta. Con la doppia preferenza non sono state elette più donne e quelle elette lo sono state per un cambiamento culturale positivo. Non a caso la Lega considerata un partito maschilista è stata in grado di eleggere 6 donne, il 45% degli eletti. Mentre il Pd è arrivato a una donna su cinque eletti. Il ddl Masè, inoltre, ha condotto su un binario pragmatico il tema delle preferenze perché il lavoro delle donne deve essere riconosciuto per suo valore. Le pari opportunità, ha continuato, vanno costruite con soluzioni concrete (come l’allungamento a luglio dell’apertura degli asili) e con la cultura per completare un cammino che non è stato ancora ultimato. Mara Dalzocchio ha inoltre ricordato che le donne primeggiano nel volontariato ma hanno meno voglia di impegnarsi in politica. Ma non per questo si devono imporre scelte che non sono condivise. La capogruppo leghista, ricordando che le casalinghe sono un pilastro del welfare, ha affermato che alla donna va garantita la possibilità di scelta. Perché non tutte sono vocate alla carriera e hanno altre ambizioni. Il tema non può quindi essere ridotto alla doppia preferenza di genere e non è detto che questo sistema, anche se adottato in gran parte delle regioni, non significa che sia il migliore. In conclusione Mara Dalzocchio ha criticato anche l’adozione del linguaggio al femminile che giunge spesso al ridicolo e al superfluo. ​