In Consiglio provinciale
Chiusa la sessione in aula, la discussione del ddl Masè proseguirà in una delle prossime sedute
Sul provvedimento pendono 1.493 emendamenti e 585 ordini del giorno
Nel
pomeriggio è ripresa la discussione generale sul ddl di Vanessa Masè
che ha l’obiettivo di ripristinare nella legge elettorale la terza
preferenza con una preferenza obbligatoria di genere. Un disegno di
legge che si trova di fronte un muro di 1493 emendamenti e 585 odg
depositati da Pd, Futura e Europa Verde. Alle 18,30, quindi
nell’orario stabilito, la discussione generale è stata sospesa e
riprenderà in una delle prossime sessioni consiliari.
Alla
ripresa dei lavori Paolo Zanella di Futura ha affermato che il
ritorno alla terza preferenza sia pure con l’obbligo di scegliere
almeno un candidato di genere diverso rappresenta un arretramento
rispetto alla doppia preferenza di genere in vigore, ritorno indietro
che potrebbe essere ritenuto incostituzionale. Non solo, ma la
maggior parte dei Consigli regionali vengono eletti con la doppia
preferenza che, come ha ricordato il prof. Vezzoni in commissione, ha
anche il vantaggio della chiarezza. La terza preferenza, numeri alla
mano, favorisce le cordate e quindi un ruolo ancillare delle donne.
Invece, serve una legge, come quella in vigore, che faciliti
l’entrata in politica delle donne anche per far fronte alle loro
esigenze di vita.
Ferrari:
le cordate delle donne non esistono
Sara
Ferrari (Pd) ha raffermato che la lotta al ddl Masè sarà condotta
fino alla fine perché lesivo per le donne e mira a cancellare una
norma che ha dato risultati, che ha aperto le porte del Consiglio a
un gruppo di donne anche del centro destra ed è stata il frutto,
nella scorsa legislatura, di un escamotage che si è reso necessario
per evitare la resistenza maschile da ambo le parti. Una condizione
di parità, e non quote riservate,che è prevista dalla Costituzione
e dallo stesso Statuto di autonomia, nonostante dal 2012 si tenti
senza successo di introdurre per le comunali la doppia preferenza di
genere con la quale si vota in tutti i comuni italiani sopra i 5000
abitanti. Al punto che nel caso della Puglia è stato il Governo a
imporre la doppia preferenza proprio perché è un diritto
fondamentale e un vantaggio economico e sociale perché le diversità
permettono di trovare soluzioni migliori. La capogruppo Pd, inoltre,
ha sottolineato il fatto che la Giunta non rispetta la legge 2012
sulla parità, su molti aspetti ha cancellato molte delle novità
introdotte dal centro sinistra compresi i corsi per la parità di
genere. Parità che è ben lungi da essere realtà perché le donne,
oberate dai lavori domestici e di cura, non hanno spesso le forze
per occuparsi della cosa pubblica. E la terza preferenza permetterà
di fare le cordate, ma solo maschili perché la logica delle due
donne e un uomo non esiste nelle condizioni attuali.
Paoli:
a Bolzano con 4 preferenze libere 9 donne in Consiglio, più che a Trento
Denis
Paoli (Lega) ha affermato che la doppia preferenza di genere, secondo
la sinistra, avrebbe favorito la presenza di donne in Consiglio ma le
4 preferenze libere a Bolzano hanno portato nel 2018 nell’aula
consiliare 9 donne, qui 8 e sono 9 perché Vanessa Masè ha
sostituito Rodolfo Borga. Anche perché con quattro preferenze (e
Paoli vorrebbe introdurle anche in Trentino) si sono potute votare
anche due donne e due uomini. Lega e centro destra sono attenti al
tema delle donne basti notare la presenza di due assessori donna e la
capogruppo delle Lega, mentre solo grazie alle dimissioni di Tonini e
l’addio di Rossi il Pd e il Patt hanno avuto capigruppo donne. A
Roma il Pd ha al governo solo tre uomini, contrariamente al centro
destra. Quindi, le parole della minoranza contrastano con i numeri.
Coppola:
per la parità nella società, più donne nelle istituzioni
Lucia
Coppola ha ricordato che l’Italia è all’ultimo posto in Europa
per molti indici di parità di genere ed è anche per questo che è
di fondamentale importanza l’educazione di genere nelle scuole.
Anche pe r contrastare il tragico fenomeno del femminicidio che,
invece, pone il nostro Paese ai vertici nei paesi dell’Ue. Ma per
garantire la parità nella società, sul lavoro va potenziata la
presenza femminile nelle istituzioni.
Rossi:
tutti parlano di parità, ma non si fa nulla per le donne che
lavorano
Ugo
Rossi (Azione) ha detto di non voler più accettare le accuse rivolte
dai banchi della maggioranza all’opposizione di fare solo
chiacchiere e a Paoli ha ricordato che è vero che a Bolzano ci sono
le quattro preferenze libere ma non c’è il premio di maggioranza.
E ha ribattuto che c’è una grande opportunità in questo
dibattito: quella di dare corpo e voce a ciò che tutti hanno detto:
cioè la necessità di potenziare anche la dignità della donna,
anche in relazione alla maternità e nel lavoro. Una necessità
condivisa da tutti, ma sulla quale non si è fatto nulla per aiutare
la donna che lavora magari affrontando il tema dei congedi parentali.
Non ha caso Rossi ha chiesto di rinviare il suo ddl sul trattamento
di natalità, proprio perché sicuro che sulle preferenze tutti
avrebbero detto che servono interventi a favore delle pari
opportunità, interventi ai quali però poi nessuno pensa. Rossi ha
detto di essere disposto a togliere la sua firma dal suo disegno
di legge n. 25 per favorire la realizzazione di parte almeno
delle dichiarazioni di principio pronunciate in queste ore in aula.
L’esponente di Azione ha detto che la politica che si basa sul
confronto dei principi non porta al bipolarismo ma ad una sorta di
bipopulismo che riduce tutto a tifoseria, mentre la politica ha il
compito di trovare soluzioni concrete. Il risultato è che sono le
donne a farne le spese. L’appello di Rossi, infine, è stato quello
di trovare soluzioni condivise, oltre gli steccati, per trovare
soluzioni reali.
Marini:
si dovrebbe ripensare il sistema elettorale aprendo alla
partecipazione
Alex
Marini (5 Stelle) ha affermato che il ddl Masè è stato presentato
in chiave ideologica, come hanno dimostrato le bocciature o la non
accoglienza di emendamenti ragionevoli. Quindi, ha vinto la logica
mediatica su quella istituzionale. Non si è parlato di voto di
disabili, di quello dei residenti all’estero, del crescente
distacco dei cittadini dal voto. Tra l’altro, ha ricordato, lo
Statuto non pone vincoli e quindi lascia una grande libertà in
materia elettorale che qui però è stata ridotta alla rappresentanza
di genere. La doppia preferenza, ha aggiunto, ha dimostrato di
funzionare perché ha portato in Consiglio un maggior numero di
donne, mentre il ddl in discussione persegue obiettivi elettorali
soggettivi. Marini ha aggiunto, sollecitato dall’intervento di
Vanessa Masè, che il Consiglio potrebbe attrezzarsi per
l’accoglienza delle consigliere mamme con i loro bambini. Ma, in
generale, l’esponente pentastellato ha affermato che servono nuove
modalità di interazione con i cittadini e la tanto osannata
stabilità governativa, che sarebbe garantita dai premi di
maggioranza, è cosa ben diversa della stabilità istituzionale che
sarebbe meglio garantita da un sistema proporzionale. Mancano delle
politiche pubbliche che dovrebbero riguardare anche altri bisogni di
parità come quelli che emergono dal mondo della disabilità.
Insomma, per Marini si dovrebbe allargare il ragionamento su tutto il
sistema elettorale (come aveva fatto il primo ddl presentato dal
Patt) introducendo, oltre al ritorno al proporzionale, elementi di
democrazia diretta, di trasparenza, di controllo dei cittadini anche
delle società pubbliche. Esempi di questo non mancano, ha ricordato
il consigliere di 5 Stello, a cominciare da quello californiano. Nel
nostro sistema andrebbe messa mano, introducendo quello alfabetico,
all’ordine delle liste elettorali che oggi hanno solo la regola del
“pettine” uomo – donna.
Dalzocchio:
col ddl Masè si passa dall’obbligo alla scelta di votare una donna
Mara
Dalzocchio ha detto che nel ddl Masè afferma un principio di
democrazia perché si passa dal dovere di votare una donna al poterla
votare. Si passa dal principio di obbligatorietà, che allontana i
cittadini dal voto, a quello della possibilità di scelta. Con la
doppia preferenza non sono state elette più donne e quelle elette lo
sono state per un cambiamento culturale positivo. Non a caso la Lega
considerata un partito maschilista è stata in grado di eleggere 6
donne, il 45% degli eletti. Mentre il Pd è arrivato a una donna su
cinque eletti. Il ddl Masè, inoltre, ha condotto su un binario
pragmatico il tema delle preferenze perché il lavoro delle donne
deve essere riconosciuto per suo valore. Le pari opportunità, ha
continuato, vanno costruite con soluzioni concrete (come
l’allungamento a luglio dell’apertura degli asili) e con la
cultura per completare un cammino che non è stato ancora ultimato.
Mara Dalzocchio ha inoltre ricordato che le donne primeggiano nel
volontariato ma hanno meno voglia di impegnarsi in politica. Ma non
per questo si devono imporre scelte che non sono condivise. La
capogruppo leghista, ricordando che le casalinghe sono un pilastro
del welfare, ha affermato che alla donna va garantita la
possibilità di scelta. Perché non tutte sono vocate alla carriera e
hanno altre ambizioni. Il tema non può quindi essere ridotto alla
doppia preferenza di genere e non è detto che questo sistema, anche
se adottato in gran parte delle regioni, non significa che sia il
migliore. In conclusione Mara Dalzocchio ha criticato anche
l’adozione del linguaggio al femminile che giunge spesso al
ridicolo e al superfluo.