Giornale OnLine

Giornale Online
01/12/2021 - In aula o in commissione

Tra 5-6 anni la Provincia non utilizzerà più le discariche. A giugno chiuderanno a Imer e Monclassico

Audizioni su 4 petizioni in materia ambientale per la III Commissione

Tra 5-6 anni la Provincia non utilizzerà più le discariche. A giugno chiuderanno a Imer e Monclassico

Nella foto, la discarica di Imer. Previsto un incontro sulla variante al Pup prima dell'aula

Tra 5-6 anni la Provincia non utilizzerà più le discariche. A giugno chiuderanno a Imer e Monclassico

​​​​​​​Raffica di petizioni discusse oggi dalla III Commissione presieduta da Ivano Job (Lega). Presente il vicepresidente e assessore Mario Tonina, dopo aver ascoltato i referenti di quattro comitati che hanno raccolto le firme dei cittadini, nell’ordine, contro la riapertura della discarica di Imer, contro la riaccensione del forno del cementificio di Sarche e contro nuovi prelievi idrici a scopo idroelettrico o irriguo, l’organo ha ascoltato l’esponente della petizione che sollecita la costruzione di barriere acustiche a Marter lungo la statale della Valsugana. Decisa, poi, la consultazione del comitato di cittadini firmatari di un’altra petizione recentemente depositata in Consiglio provinciale, che segnala la pericolosità del progettato impianto sperimentale di termossidazione di rifiuti a Pergine.

La Commissione si è poi espressa all’unanimità a favore della delibera proposta dalla Giunta che semplifica i criteri sia per la concessione di contributi a sostegno della realizzazione di interventi di eliminazione o superamento della barriere architettoniche in edifici privati, sia relativi alla concessione di un contributo straordinario per l'acquisto di un nuovo alloggio a favore di persone disabili e delle loro famiglie.

Infine, sempre all’unanimità su proposta di Alessio Manica (Pd), i commissari hanno deciso di organizzare un incontro informativo di carattere tecnico con l’assessore Tonina e i dirigenti provinciali competenti, in merito alla variante al Pup proposta dalla Giunta prima che l’argomento approdi, probabilmente a febbraio, nell’aula del Consiglio provinciale.


Petizione 15 sulla riapertura della discarica di Imer.


Giuseppina Romagna, referente del comitato promotore della petizione, ha segnalato come in questi giorni i rifiuti scaricati dai container quando toccano il suolo gelato liberano nell’aria un’inquietante nuvola di gas. Probabilmente – ha avvertito – non si tratta di emissioni salutari. Ha poi ricordato che su questo pericolo era stata interpellata l’assessora Segnana che però non ha mai risposto. Questa discarica – ha concluso Romagna – dev’essere chiusa perché la salute va messa al primo posto. “Stiamo già lavorando per ricorrere alla Corte dei diritti dell’uomo”.

Giovanni Gobber, altro referente, ha sollecitato la chiusura immediata della discarica perché – ha lamentato – “ci stanno buttando addosso tonnellate di immondizie a una distanza di 100 metri da casa e dobbiamo tenere chiuse le tapparelle. Ci si dica quale discarica del Trentino funzionano a 100 metri dalle abitazioni. Non è possibile andare avanti così anche perché – ha ricordato – l’assessore Tonina aveva dichiarato che ci sono ancora 6 anni di possibile conferimento dei rifiuti a Ischia Podetti”.

Daniele Gubert ha sottolineato la pesantezza della situazione per i residenti e che tutti i tentativi di dialogo con le istituzioni non hanno avuto un buon esito. “A un territorio periferico come il nostro – ha protestato - si chiede di assolvere funzioni a servizio di metà Trentino, senza che nulla sia stato condiviso e costruito insieme. Questo è un vero e proprio sopruso. Ha un impatto enorme su un piccolo territorio come quello di Imer sopportare fino al giugno prossimo il conferimento di 8.000 tonnellate di rifiuti. Alle persone che abitano di fronte a questa discarica si rende la vita impossibile: le famiglie sono esasperate e vi è anche un danno all’immagine in un comprensorio turistico rinomato come questo. C’è un’evidente sproporzione, secondo Gubert, tra il disagio arrecato a Imer e al Primiero e il risparmio che si suppone di realizzare. “Vi sono gravi responsabilità nella gestione del piano rifiuti della Provincia – ha tuonato – e il nostro territorio non si sente di dover pagare questo prezzo”. L’alternativa – ha proseguito – è che Imer si tenga e si gestica da solo i propri rifiuti, pari a 750 tonnellate prodotte nel Primiero. Sempre meglio delle 8.000 tonnellate portate da fuori”. “Con questa petizione diamo voce a 3.000 cittadini e chiediamo solo un’unica cosa: venite a vedere. Perché per capire basta venire a vedere la situazione di chi vive vicino alla discarica di Imer”.


Lucia Coppola (Misto-Europa Verde) ha espresso solidarietà alla popolazione di Imer e del Primiero, area caratterizzata da attività agricole e turistiche. La Provincia non dovrebbe entrare in rotta di collisione con i cittadini firmatari della petizione.


Filippo Degasperi (Onda Civica) ha detto di essersi recato a Imer per capire la situazione e di aver constatato come una comunità che si è comportata in modo virtuoso si vede ora penalizzata rispetto ad altre comunità che invece in materia di raccolta e conferimento dei rifiuti, non si sono comportate così bene. Secondo il consigliere si sarebbero potute trovare soluzioni alternative meno costose aumentando la tariffa rifiuti alle comunità che non si sono comportate in modo virtuoso. E ha aggiunto che la soluzione potrebbe essere individuata nell’inceneritore di Bolzano perché Imer non si può certo usare come valvola di sfogo.


Roberto Paccher (Lega) ha rimarcato che la discarica di Imer non è stata fatta dall’attuale maggioranza ma esiste da 45 anni. Il problema della localizzazione inadeguata della discarica va imputato al precedente governo provinciale. La discarica di Imer era stata chiusa senza alcun atto che prevedesse la cessazione dell’utilizzo. Oggi c’è l’impegno ufficiale della Provincia a chiudere definitivamente nel giugno prossimo la discarica. Quindi il territorio del Primiero potrà mettere la parola fine su questo problema che oggi è solo temporaneo.


Alex Marini (Misto-5 stelle) ha osservato che la riapertura degli impianti di Imer e Monclassico costituisce un nodo da sciogliere nell’ambito del nuovo piano provinciale per la gestione dei rifiuti, atteso da anni e di prossima emanazione. Un problema riguarda anche la discarica di Villa Agnedo nel Comune di Castel Ivano, dove è stata autorizzata la riapertura di una discarica con un fondo non impermeabile quando quel sito doveva essere chiuso. Imer si è trovata a subire scelte calate dall’alto e immotivate. Marini ha chiesto all’assessore di illustrare la complessità della situazione. Anche perché la prospettiva che si profila per risolvere il problema è la proposta del presidente degli industriali Manzana di realizzare un inceneritore. Proposta non respinta dalla Giunta provinciale.


Alessio Manica (Pd) ha ricordato che la III Commissione è l’unico strumento che il Consiglio ha per evitare che di questa partita si occupi solo la Giunta provinciale. Sarebbe opportuno recarsi come Commissione sul territorio per visionare la situazione come richiesto dal Comitato. Occorre stare attenti nell’affermare che il problema dei rifiuti è stato causato dalla precedenti amministrazioni provinciali. Un tempo il luogo di conferimento più rilevante del Trentino era stato individuato a Rovereto. Da allora il Trentino ha cambiato passo ed è uno dei più virtuosi in Italia. Nel 2003 si pensava di costruire un inceneritore da 150.000 tonnellate a Trento ma fortunatamente quel progetto non è andato avanti, mentre si è stretto un accordo di collaborazione con Bolzano. Si tratta di capire cosa esattamente si sta conferendo a Imer, i volumi dei rifiuti, il numero di mezzi pensanti da cui sono trasportati, come mai quest’emergenza è esplosa all’improvviso inducendo la Provincia a scontrarsi con le comunità. Si tratta di capire se ha senso conferire a Imer visto l’impatto sui residenti.


Ivano Job ha ribadito che l’obiettivo è portare alla chiusura definitiva la discarica di Imer per la rimessa a prato di quel territorio. Non si vuole danneggiare nessuno con questa procedura, perché l’obiettivo è ripristinare l’area una volta superata l’emergenza. Vero è che la discarica di Imer è vicina alle case. In ogni caso mancano 7 mesi alla chiusura della discarica. E il problema delle discariche, per Job, è comunque stato ereditato dall’attuale Giunta provinciale.


L’assessore Tonina ha sottolineato che da parte della Giunta non c’è alcuna intenzione di causare disagi alla popolazione e al territorio del Primiero ma che occorreva fronteggiare l’emergenza rifiuti con provvedimenti immediati. Il 23 novembre scorso – ha ricordato Tonina – il Comune di Imer ha adottato una delibera (testo allegato) condivisa sia dalla maggioranza che dalla minoranza, a partire dalla quale la Giunta si è impegnata formalmente a ridurre da due anni a un anno la riapertura della discarica. Il quinto aggiornamento del piano rifiuti stabilirà che una volta esaurita tra 5-6 la capacità di Ischia Podetti, che nel nuovo catino in via di predisposizione potrà accogliere circa 250.000 tonnellate, lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani non avverrà più utilizzando le discariche. Per l’autunno del prossimo anno i nostri uffici hanno garantito che il nuovo catino di Ischia Podetti potrà essere aperto. Questa prospettiva ha permesso alla Giunta di dimezzare la previsione delle tonnellate di rifiuti da conferire a Imer e Monclassico. Inoltre la Provincia di Bolzano ci ha assicurato che l’anno prossimo potrà accogliere nel proprio inceneritore 20.000 tonnellate di rifiuti trentini. Infine c’è l’impegno preciso della Giunta provinciale a limitare solo a fine giugno 2022 il conferimento dei rifiuti a Imer. “Questo impegno – ha sottolineato Tonina – nel passato non c’è stato”. Sì quindi alla riapertura delle discariche, ha concluso l’assessore, ma per arrivare alla loro chiusura definitiva e alla successiva bonifica del territorio.

Daniele Gubert ha ribattuto a Manica che nel 2015 all’origine della mancata chiusura definitiva della discarica c’era stato un inganno della Provincia. A Job che ha accennato al ripristino di un prato una volta conclusa l’operazione conferimento, Gubert ha osservato che si tratterà però di un “prato ripido” a causa della montagna di rifiuti che si sta riversando ogni giorno in quel sito. All’assessore ha chiesto di tenere conto della realtà attuale, che vede la posizione del sindaco di Imer e della sua maggioranza largamente delegittimata.


Il presidente Job ha concluso l’audizione precisando che l’incontro di oggi su questo tema non conclude l’esame della petizione da parte della Commissione che proseguirà con un’altra audizione dei referenti insieme ai tecnici della Provincia.



Petizione 16 contro la riaccensione del forno del cementificio di Sarche.


Marco Pisoni, referente del comitato che ha raccolto le firme in calce a questa petizione, ha ricordato che i forni del cementificio erano stati chiusi nel 2015. E che tra due mesi l’attività del cementificio ripartirà a ciclo completo insieme alla riapertura della cava adiacente, che era stata risistemata sul piano naturalistico e paesaggistico. Le criticità: il comitato è dell’idea che la fabbrica si trovi in un sito totalmente inadeguato dal punto di vista delle infrastrutture, che la valle abbia una vocazione turistica e non industriale. Pisoni ha evidenziato soprattutto che il cementificio produrrà un’enorme quantità di C02 utilizzando come combustibile carbone di petrolio residuo di raffinerie e dei fanghi essiccati. Il comitato promotore della petizione chiederà quindi alla Provincia di sollecitare studi per tecnologie e macchinari che catturino la C02 prodotta nella Valle dei Laghi a tutela del biodistretto. Anche perché queste emissioni sono molto difficili da ridurre utilizzando un filtro catalitico. Pisoni ha chiesto alla Commissione di ascoltare anche le associazioni ambientaliste della Valle dei Laghi. C’è poi da tener presente il potenziale inquinamento del torrente Limone che scorre a pochi metri dalla fabbrica. Altra criticità: l’economia della Valle dei Laghi alla quale la fabbrica porterebbe un modesto beneficio occupazionale, con 15-20 nuovi assunti e il sacrificio di molti altri potenziali posti di lavoro futuri nel settore turistico. Garanzie: per il comitato è importante una condivisione dei controlli non solo da parte di Appa ma anche da un ente terzo, e che venga mesa in funzione una centralina esterna alla valle i cui dati raccolti siano pubblicati online e resi accessibili a tutti i residenti della Valle dei Laghi, per sapere cosa esce da questa fabbrica. Si chiedono inoltre diversi controlli e analisi frequenti sui fanghi essicati derivanti da depuratori. Altro problema: il traffico. La presenza di questa fabbrica comporterà un forte afflusso di mezzi pesanti e vanno quindi individuati orari non di punta per questi passaggi. Infine il Comitato chiede l’istituzione di un Tavolo di lavoro permanente di monitoraggio e confronto che coinvolga la Provincia, gli enti pubblici, l’azienda e i cittadini residenti per la salvaguardia dell’ambiente. Questa prospettiva – ha ricordato Pisoni – è già stata condivisa dall’assessore Tonina. Per permettere al Tavolo di lavorare sarebbe utilissimo commissionare con risorse provinciali uno studio scientifico sulla Valle dei Laghi che coinvolga vari atenei e fornisca gli elementi di valutazione per decidere la linea di sviluppo da perseguire in questo territorio. Si tratta inoltre di pensare fin d’ora con questo Tavolo alla scadenza delle autorizzazioni prevista nel 2028. Sarebbe quindi opportuno essere in grado già nel 2027 di ragionare a questo Tavolo sulla possibilità di rinnovare o meno queste autorizzazioni. Infine il Comitato ritiene che occorra perseguire il piano territoriale della Comunità Valle dei Laghi, in cui non vi è alcun accenno a quest’industria. Vi è piuttosto l’obiettivo di sviluppare un’economia legata alla produzione agricola biologica e al turismo promosso anche dall’Apt del Garda. Ancora, occorre puntare sugli investimenti utilizzando i contributi europei per qualificare le aziende agricole in chiave biologia. Questo cozza con lo sviluppo di un’economia industriale altamente inquinante. Va scoraggiata – ha ammonito Pisoni – un’economia mordi e fuggi per privilegiare un’economia più lungimirante a favore delle nuove generazioni.


Marco Ferrari del comitato, ha ricordato che manca una logistica adeguata per ospitare un polo industriale di questo tipo con 250.000 tonnellate di trasporto di materiali su mezzi pesanti su gomma. Occorre scegliere se perseguire il potenziamento della vocazione turistica della Valle dei Laghi o di riaccendere questo forno. Perché nella Valle dei Laghi a coabitazione tra industria e ambiente è impossibile. La speranza – ha concluso Ferrari – è in un ripensamento da parte dell’azienda perché individui un altro sito più servito dal punto di vista infrastrutturale nel quale spostarsi.


Lucia Coppola nel condividere le osservazioni e in particolare la richiesta di un Tavolo di lavoro avanzata dal comitato per monitorare l’andamento della situazione, ha evidenziato la bellezza paesaggistica e ambientale di quest’area collocata a ridosso del lago di Garda e che sta diventando sempre più una meta turistica capace di rispondere a una crescente domanda di vacanza. A suo avviso la Valle dei Laghi non è adatta ad ospitare questo cementificio che andrebbe, quindi, spostato altrove.


Filippo Degasperi ha ricordato che dopo la chiusura dell’intermodalità a Rovereto i mezzi pesanti attraversano la Valle dei Laghi per arrivare a Trento. La Valle dei Laghi sta oggi cercando di caratterizzarsi in chiave turistica ma ora il cementificio rischia di vanificare questa traiettoria di sviluppo economico. Per Degasperi la Provincia ha autorizzato l’uso di quest’area per il sito industriale senza tener in alcun conto la vocazione della Valle dei Laghi. La concessione della cava scade nel 2024, per cui la Provincia potrebbe cercare di arrivare a un compromesso con il cementificio che non potrebbe più utilizzare il sito.


L’assessore Tonina ha riconosciuto al comitato una grande correttezza nel sottoporre i problemi alla Provincia senza cercare lo scontro ma in modo propositivo per affrontare costruttivamente le criticità. E ha assicurato che i servizi della Provincia ne terranno conto. E ha aggiunto che anche i vertici del cementificio di Sarche si sono dimostrati sensibili alle esigenze di tutela del territorio comprendendo di dover impegnarsi con la la massima disponibilità a non penalizzare l’agricoltura e l’ambiente della Valle dei Laghi. Per questo l’azienda ha previsto dei lavori che dovranno ridurre il più possibile l’impatto. E la Giunta provinciale è intenzionata a condividere con le amministrazioni comunali della Valle dei Laghi un percorso orientato a un equilibrio tra attività economiche e rispetto della vocazione del territorio. La responsabilità della riapertura del cementificio – ha concluso Tonina – è comunque di chi ha permesso a suo tempo la riattivazione del sito industriale.


Alessio Manica ha osservato che gli scenari sono due: quello della riapertura imminente e quello a medio termine quando scadranno le autorizzazioni. L’area c’è e consente la riapertura ma si può ancora lavorare sulla mitigazione, il contenimento degli impatti, la valutazione ambientale, che possono diventare materia di confronto con l’azienda. La Provincia insieme alle amministrazioni locali che non possono essere assenti, potrebbe ragionare sull’adozione di tecnologie, mascheramenti, pannelli visivi che informino la popolazione sui dati emissivi. Occorre per questo sedersi al Tavolo con la proprietà per rendere più sopportabile la presenza della fabbrica sul territorio.


Alex Marini ha sottolineato le conseguenze pesanti che la riapertura dei forni porterà in termini ambientali e anche per il carattere energivoro di quest’industria. Vi sarà anche un impatto sul sistema economico perché vi è un potenziale effetto negativo sui settori agricolo e sul terziario turistico (outdoor e arrampicata). Non si tratta solo di attendere un’analisi di Appa ma di attivare uno studio che esamini l’intero sistema considerando tutti i potenziali effetti dell’attività industriale. Il consigliere ha chiesto se la Provincia è disposta a mettere subito a disposizione 20.000 euro per questo studio interdisciplinare prima di rilasciare la concessione per l’attività estrattiva dalla cava.



Petizione 17 contro nuovi prelievi idrici a scopo idroelettrico o irriguo.


Salvatore Ferrari del comitato permanente per la salvaguardia delle acque del Trentino, formato da 18 associazioni, ha sottolineato che per la prima volta nella storia dell’autonomia trentina in 45 giorni una petizione popolare su temi ambientali ha raccolto un così alto numero di adesioni: 30.491​​​​ firme di cittadini. E la raccolta è ancora in corso online. A sottoscrivere la petizione non sono solo residenti ma anche i fruitori degli sport fluviali e i pescatori dilettanti legati al Noce. Ferrari ha ricordato che in passato il comitato aveva consegnato a questa Commissione consiliare una serie di richieste tra le quali anche quella di sospendere provvedimenti amministrazioni finalizzati a nuove concessioni di prelievi dal Noce a scopo idroelettrico. Ma da allora, in 7 anni nessun provvedimento normativo da parte della Giunta provinciale è stato adottato. Si tratterebbe di escludere per i soggetti privati la dichiarazioni di pubblica utilità, urgenza e indifferibilità di prelievi a scopo idroelettrico per evitare lo sfruttamento di un bene pubblico come l’acqua in tutto il territorio provinciale. Altra richiesta: fermare il prelievo a scopo irriguo dal fiume Noce. Infine con una lettera inviata al presidente della Provincia che non ha ricevuto alcuna risposta, il comitato ha chiesto un incontro per esaminare un progetto di prelievo dal Noce di acqua a servizio dei frutteti situati in val di Non.


Tommaso Bonazza, portavoce del comitato per la salvaguardia delle acque del Trentino, ha osservato che sarebbe un’occasione persa se la Provincia non rinnovasse la propria legislazione in questa materia. Il versante sud delle Alpi sarà nei prossimi decenni sempre più arido e l’acqua oggi ancora abbondante non è detto che rimarrà tale anche domani. L’acqua è un bene pubblico che va trattata come tale. I risultati del referendum di qualche anno fa su questo tema sono rimasti nei cassetti della politica. Ora occorre ripartire pensando a uno schema con tre cerchi concentrici: il cerchio esterno sull’ambito dell’ambiente; il cerchio intermedio è quello della società; il terzo cerchio è quello dell’economia. Senza mantenere l’integrità del cerchio esterno dell’ambiente non avremo più i due cerchi interni. Meglio quindi come Provincia combattere una battaglia concentrata sul cerchio esterno dell’ambiente. L’acqua ha un valore che non è solo economico e non può essere vista solo sotto questa luce. Per Bonazza occorre quindi chela Provincia si doti in tempo utile di una normativa sull’uso dell’acqua che risulti al passo con i tempi, utilizzando la leva dell’autonomia.


Sandro Rossi, rappresentante della Sat nel comitato difesa acque del Trentino, ha ricordato lo statuto della società alpinisti tridentini, che cita espressamente la tutela dell’ambiente naturale e quindi anche dell’acqua.


Lucia Coppola ha rilanciato la richiesta del comitato di un provvedimento legislativo da parte della Provincia su questo tema.


Alessio Manica ha chiesto a che punto sia la Provincia con la moratoria in essere, con il piano tutela acque con il tubone di Santa Giustina. Quanto alla richiesta del comitato di una norma provinciale, Manica ha ricordato di aver già sottoposto in Consiglio provinciale una proposta in tal senso, che però è stata bocciata.


Alex Marini ha ricordato la sua richiesta alla Provincia di uno studio per misurare l’impatto dell’aumento delle temperature sul sistema idrico del Trentino, considerati i cambiamenti climatici in atto


L’assessore Tonina ha evidenziato l’impossibilità di rispondere a tutte le domande poste, assicurando però che su questi temi l’agenzia delle acque pubbliche e il dipartimento della Provincia sono fortemente impegnati per realizzare interventi orientati nella giusta direzione e basati su istruttorie scrupolose. Il problema – ha precisato però – non si risolverà con un provvedimento normativo ma nell’ambito dell’aggiornamento del piano di tutela delle acque al quale l’assessorato sta lavorando.



Petizione 14 per le barriere acustiche sulla Valsugana nei pressi di Marter.


Alessandro Roat, referente del comitato, ha segnalato i problemi del rumore e dell’inquinamento causato dal traffico in transito vicino a Marter soprattutto merci lungo la statale. Per questo è stata chiesta la costruzione di barriere acustiche per migliorare la qualità di vita dei residenti. Ne è scaturita una petizione perché dopo 45 anni è tempo di arrivare a risolvere il problema con soluzioni tecniche di isolamento acustico analoghe a quelle adottate a Bassano del Grappa.


Alessandro Montibeller, sindaco di Roncegno, ha spiegato che anche l’amministrazione comunale da lui guidata ha segnalato questa esigenza. E che la problematica è oggi acuita dalle barriere verticali erette sul versante nord perché i rumori rimbalzano sul versante nord dove vi sono molti residenti. A questo problema si aggiunge quello del transito dei convogli della ferrovia della Valsugana. Si sta ragionando sulla posa di asfalto fonoassorbente lungo la statale in quel tratto. Il sindaco ha comunque il disagio di 450 residenti e di quanti transitano lungo la ciclabile sul lato non protetto dalle barriere antirumore. Quindi anche il Comune caldeggia l’installazione di barriere sui due lati.


L’ingegner Mario Monaco, dirigente generale dell’agenzia provinciale per le opere pubbliche, ha confermato la volontà di riasfaltare la statale in quel tratto con materiale fonoassorbente. L’intervento di installazione delle barriere antirumore a Marter figura infatti al quarto posto tra quelli previsti dalla Provincia dopo Calstelnuovo, Grigno e Novaledo. Tuttavia la Provincia assicura la priorità di un intervento lungo la statale 47 a Marter per risolvere il problema di decadimento dell’asfaltatura, che mette a rischio la sicurezza del manto stradale. Per l’asfaltatura la gara c’è già stata è il costo previsto è di circa 350.000 euro. Non sarà tuttavia possibile realizzare l’intervento quest’inverno. I lavori sono quindi previsti nella primavera prossima.


Roberto Paccher (Lega) ha ricordato di aver sempre sostenuto l’’urgenza di affrontare il problema che, ha precisato, nasce dalla Giunta Rossi che nel 2017 aveva indicato la soluzione nell’asfaltatura antirumore. Intervento però non risolutivo. Per questo è necessaria l’installazione di una barriera lungo i quasi 1000 metri di statale per liberare i circa 500 residenti da questo disagio.


Alessio Manica ha replicato a Paccher sottolineando che il piano del 2017 non era frutto di una scelta politica ma di valutazioni tecniche che indicano anche dove è più urgente intervenire e con quali soluzioni. Anche Manica ha comunque confidato nella possibilità che dopo l’asfalto si possano attuare interventi più strutturali.



Decise le audizioni sulla petizione 18 riguardante la pericolosità del progettato impianto sperimentale di termo-ossidazione di rifiuti a Pergine.


La Commissione ha accolto la richiesta di approfondire le richieste della petizione popolare sostenuta dalle firme di cittadini di Pergine in merito al progetto di un impianto sperimentale di termo-ossidazione di rifiuti, che preoccupa i residenti, prevedendo audizioni con i referenti dell’iniziativa.



Barriere architettoniche e acquisto di nuovi alloggio. Sì alla delibera della Giunta sull’aggiornamento dei criteri per la concessione di contributi.


La Commissione ha infine espresso all’unanimità il proprio parere favorevole alla delibera proposta della Giunta provinciale sui nuovi criteri e le nuove modalità per la concessione dei contributi per la realizzazione di interventi di eliminazione o superamento della barriere architettoniche negli edifici privati (come previsto dall'art. 16 della legge provinciale 7 gennaio 1991, n. 1) e dei criteri per la concessione del contributo straordinario per l'acquisto di un nuovo alloggio (come previsto dall'art. 16 bis della legge provinciale n. 1 del 1991, ai sensi dell'articolo 23 della medesima legge provinciale).

Il dirigente Roberto Pallanch ha ricordato che la delibera nasce dalla modifica di un articolo della legge provinciale sulle barriere architettoniche all’interno della manovra finanziaria dell’anno scorso. I criteri dell’articolo 16 risalenti al 2013 sono stati quindi aggiornati introducendo una procedura semplificata che prevedono la concessione del contributo per lavori fino a 30.000 euro. Il contributo è concesso anche tenendo conto della presenza in casa di una persona disabile. Nel caso in cui persone disabili hanno bisogno di sbarrierare l’edificio in cui risiedono, si procederà a una perizia tecnica e alla raccolta del parere di tutti i servizi pubblici coinvolti. Si manterrà la cornice dell’Icef. Il contributo può arrivare fino a un massimo di 60,000 euro utilizzando il combinato disposto tra Icef e valore dell’alloggio in cui la famiglia vive. Sono stati infine stretti i confini della disabilità perché solo chi avrà codice di disabilità 0,5-0,6 potrà accedere a questo contributo. In prima applicazione della nuova procedura si partirà con la raccolta delle domande dal 1 marzo 2022.

Coppola ha giudicato utile e necessaria questa delibera per andare incontro alle esigenze dei portatori di handicap, anche considerati i costi di questi interventi.

Manica ha rilevato tre aspetti positivi: l’introduzione della conferenza dei servizi che semplifica e accorcia le istruttorie su questo tema sfruttando le competenze; il mantenimento dell’Icef per tener presente l’elemento reddituale per garantire l’equità nell’utilizzo delle risorse; l’aumento a 30.000 euro della procedura semplificata. Manica ha chiesto di chiarire il punto in cui si accennava per la concessione del contributo la valutazione dell’alloggio di partenza del richiedente, non idoneo ad essere sbarrierato.

Pallanch ha risposto che ancorarsi all’alloggio di partenza è uno strumento di semplificazione. Se l’alloggio non è sbarrierabile, serve una perizia tecnica per verificare la situazione e dal momento che è in corso l’istruttoria della conferenza dei servizi, non si può chiedere alla famiglia del disabile di aver già individuato l’alloggio definitivo. Le rendite catastali sono basse e non rappresentative del valore commerciale degli immobili. Quindi per tenere sufficiente margine nella definizione della spesa ammissibile per il nuovo alloggio che probabilmente più costoso di più di quello di partenza, si è considerato l’alloggio di partenza anche se nell’articolo della legge c’è un tetto massimo di spesa di 60.000 euro.

Mara Dalzocchio (Lega) ha apprezzato il rinnovamento dei criteri della legge del 1991 che pongono rimedio alle criticità emerse nel tempo. I cittadini hanno incontrato difficoltà in questo periodo a presentare le domande di contributo. Ben venga quindi la semplificazione della procedura e l’ampliamento della possibilità di accesso al contributo provinciale.


Variante al Pup: decisa un’informativa tecnica in Commissione


Su richiesta di Alessio Manica la Commissione ha deciso sempre con voto unanime di organizzare un incontro informativo di carattere tecnico sulla variante al Pup con l’assessore Tonina e i dirigenti provinciali. L’incontro avverrà prima del passaggio previsto nell’aula consiliare che – ha avvisato l’assessore – potrebbe slittare a febbraio.​

Allegati
La delibera del Consiglio comunale di Imer
Le richieste del Comitato permanente per la salvaguardia del fiume Noce presentate nell'audizione del 28 marzo 2014
La richiesta di incontro inviata al presidente Fugatti in merito all'utilizzo e alla qualità delle acque