Fabio Biasi scrive alle autorità nazionali e provinciali: un danno per lo sviluppo dei bambini
Il Garante dei diritti dei minori contro l'obbligo di indossare sempre la mascherina a scuola
Incide negaivamente sull'educazione, sull'equilibrio psichico e sulla qualità delle relazioni sociali
In una lunga lettera
indirizzata alle autorità nazionali e trentine il Garante per i
diritti dei minori della Provincia, Fabio Biasi, critica e invita “a
ripensare con urgenza” l’obbligo di indossare la mascherina da
parte di alunni e studenti nelle scuole anche quando si trovano nei
banchi e in posizione statica.
Ma ecco il testo
integrale della missiva rivolta, nell’ordine, al Presidente del
Consiglio dei Ministri Giuseppe Conte, a Roberto Speranza - Ministro
della Salute, a Lucia Azzolina - Ministro dell’Istruzione, a
Francesco Boccia - Ministro per gli affari regionali e le autonomie,
a Maurizio Fugatti - Presidente della Provincia autonoma di Trento,
a Stefania Segnana - Assessore provinciale alla salute, politiche
sociali, disabilità e famiglia, a Mirko Bisesti - Assessore
provinciale all’istruzione, università e cultura, a Walter
Kaswalder - Presidente del Consiglio della Provincia autonoma di
Trento, a Viviana Sbardella - Sovrintendente Scolastico della
Provincia autonoma di Trento, e Roberto Ceccato - Dirigente del
Dipartimento istruzione e cultura della Provincia autonoma di Trento.
“Egregi signori il
Garante per i diritti dei minori della Provincia autonoma di Trento
esprime profonda e crescente preoccupazione in ordine alla recente
misura adottata dal Governo centrale ed estesa a tutto il Paese,
riguardante l’obbligo di indossare la mascherina da parte di alunni
e studenti nelle scuole, anche in posizione statica. A prescindere da
considerazioni circa gli effetti sulla salute fisica che l’uso
prolungato delle mascherine comporta, ciò costituisce un’ulteriore
limitazione, che – unitamente alle misure adottate in precedenza –
incide pesantemente sul mondo dell’educazione e sul principio
stesso dell’educare: appare come un’ulteriore applicazione
esasperata del principio di precauzione sanitaria, con pressoché
totale disconoscimento di tale principio per altri aspetti della
salute, quale quello relativo all’equilibrio psichico ed alla
qualità delle relazioni sociali. L’introduzione delle misure di
distanziamento sociale e dei dispositivi di sicurezza, che nascondono
gran parte del volto degli interlocutori (insegnanti ed altri
lavoratori, compagni di scuola) ha sollevato e solleva tuttora
rilevanti questioni e importanti ricadute per lo sviluppo psico –
sociale dei bambini e dei ragazzi, quali “adulti in divenire”. E’
stato autorevolmente sottolineato come il riconoscimento del volto
costituisca una delle più importanti abilità dell’essere umano,
poiché influenza la formazione dei legami relazionali con il
prossimo. Molti studi hanno dimostrato come già dalla nascita pare
esservi una predisposizione innata al riconoscimento del volto umano:
un volto parzialmente celato è un volto non pienamente
riconoscibile, di cui non si evince l’autenticità. E’ stato
autorevolmente sostenuto come “un volto non visibile nella sua
interezza scompone quella integrazione olistica che appartiene alle
disposizioni neuronali di cui siamo depositari ed infrange un patto
segreto ed antico dell’uomo di fronte all’altro uomo. I bambini
semplicemente direbbero “non vale!”. Anche nella stessa
dimensione onirica, l’uomo senza volto rappresenta uno stereotipo
che rimanda ad una condizione di angoscia profonda, un enigma carico
di inquietudine… E’ proprio il volto che inizia e rende possibile
ogni discorso ed è il presupposto di tutte le relazioni umane: il
volto dell’Altro entra nel nostro mondo, esso è una visitazione,
una responsabilità, esso mi guarda e mi ri - guarda...”. La
mascherina, quale presidio indicato come idoneo, anche quando
indossata dagli insegnanti rappresenta dunque già di per sè un
elemento fortemente perturbante per il bambino, che non ha così modo
di percepire l’intenzionalità, l’espressione che rispecchia
un’emozione, né il labiale mentre la persona parla: se poi tale
dispositivo diventa obbligatorio per gli stessi alunni, si impongono
necessariamente ulteriori approfondimenti in ordine agli effetti
sulla loro salute psicofisica. Preme ricordare che questo nuovo,
ultimo provvedimento si inserisce in un contesto di paure e stati
d’ansia generalizzate ed ormai consolidate da alcuni mesi che
colpisce tutti, ed ha un potere molto più grande sugli individui che
si stanno formando. La scuola è purtroppo diventata il luogo degli
annunci, dei vari provvedimenti spesso confliggenti tra loro, che
hanno come unico risultato quello di essere moltiplicatori d’ansia,
in una situazione che rischia ancora una volta di lasciare
inascoltati i principali attori di questa realtà: le alunne e gli
alunni. Tutto ciò comporta un'evidente violazione delle norme della
convenzione di New York sui diritti del Fanciullo del 20 novembre
1989, ratificata in Italia con legge 27 maggio 1991, n. 176. Da tempo
e da più parti si va ripetendo come l’impatto di questa situazione
sia particolarmente destabilizzante sul benessere psichico di
tantissimi bambini, soprattutto – ma non solo – di chi già
soffre di particolari problematiche. Se, dunque, da un lato è giusto
tutelare la salute fisica, è altrettanto doveroso porre attenzione
alla salute globale delle persone, quale definita dall’Organizzazione
Mondiale della Sanità: i bambini ed i ragazzi, che, sulla base dei
dati attuali, sono maggiormente risparmiati dal virus dal punto di
vista fisico, sono per contro danneggiati per ciò che riguarda il
loro benessere psicologico ed emotivo. Non possiamo nasconderci
quanto i bambini abbiano da metabolizzare su ciò che è accaduto e
sta accadendo, nelle loro case e negli spazi pubblici che
frequentano. Esemplificando: - l’interruzione delle normali
attività; - l’improvvisa separazione dagli amici; - la paura
stessa del virus; - il vivere, in ambito scolastico, un clima di
costanti paure, divieti ed incertezze, anche di tipo didattico; - il
dover ubbidire a norme e protocolli che si pongono in netto,
stridente contrasto con le leggi naturali del comportamento umano,
che sono essenziali per la stessa vita di relazione e di scambio; -
il dover subire, in caso di trasgressione di quelle norme, rimproveri
o sanzioni a volte irragionevoli ed inutilmente punitive; -
l'assistere impotenti ad una quotidiana, crescente conflittualità,
che coinvolge le stesse famiglie, la scuola e gli spazi sociali
condivisi; - l'esposizione eccessiva a strumenti digitali, con il
rischio del radicarsi di quel nuovo preoccupante fenomeno, già
definito "demenza digitale". Non si può non ricordare
sempre, fino alla noia, che la natura umana è intrinsecamente
relazionale ed il nostro cervello si sviluppa solo grazie a relazioni
di una certa natura: le relazioni familiari, come quelle sociali,
hanno bisogno, per poter evolvere, di appoggiare continuamente ad una
presenza fisica e di poter essere vissute con fiducia, e non con
sospetto e paura! Ogni surrogato - anche super tecnologico - sarà
sempre deficitario (vedi Didattica a distanza) e qualsiasi
limitazione - soprattutto quando è potenzialmente produttiva di
“danni collaterali” - non può essere protratta oltre un tempo di
ragionevole tollerabilità. Continuare ad instillare nella persone, e
ancora più nei bambini, il timore del “nemico invisibile” di cui
il prossimo può essere portatore, porta ad impoverire e annichilire
ogni possibilità di crescita, scambio, arricchimento; equivale in
sostanza - come è stato ben sottolineato - a cancellare ogni
possibilità di vita intensa e felice. Questo ulteriore sacrificio
non fa che aggravare le già pesanti limitazioni imposte e ciò,
malgrado le Scuole abbiano compiuto e stiano compiendo grandi sforzi
- è bene riconoscerlo - allo scopo di far fronte alla complessità
della situazione e garantire un servizio adeguato. Ma forse questi
sforzi non bastano: se alunni, insegnanti ed operatori dovranno
imparare a convivere con delle limitazioni, si rendono necessari
investimenti di maggiori risorse finanziarie ed umane, per adeguare
gli istituti scolastici a criteri di maggiore sicurezza per tutti,
indipendentemente ed al di là dell’emergenza COVID. La centralità
della salute mentale è un bene irrinunciabile dell’individuo e le
restrizioni anti - COVID, se non calmierate e compensate con adeguate
misure e sostegni, rischiano di diventare acceleratori non solo di
malessere e di disagio psichico globale, ma anche di disuguaglianze
sociali, familiari, individuali e territoriali: pare dunque legittimo
domandarsi se non si possa pensare ad altri possibili interventi, di
natura strutturale, organizzativa, ambientale, tali da evitare
ulteriori compressioni e limitazioni fisiche, che incidono sui
sacrosanti diritti - prima di tutto naturali - di bambini e ragazzi.
Pare urgente inoltre chiedere che i Governi – nazionale e locali –
possano avvalersi, in prospettiva delle loro decisioni, di saperi
completi ed interdisciplinari, che possano aiutare a contemperare le
esigenze sanitarie in senso stretto e la qualità della vita di tutti
i consociati. Questo Garante – pur consapevole della gravità e
complessità della situazione in essere – si appella alle SS.LL.,
per chiedere un ripensamento urgente rispetto alle misure da ultimo
adottate, che incidono pesantemente sulla vita dei bambini, dei
ragazzi e delle loro famiglie, già da tempo messi a dura prova.
Confidando nella sensibilità e nella disponibilità delle SS.LL.,
colgo l’occasione per augurare un buon lavoro e per porgere saluti
cordiali.
IL GARANTE DEI
DIRITTI DEI MINORI - Fabio Biasi -"