I consiglieri provinciali hanno incontrato i rappresentanti del personale dell'azienda inadempiente
Lavoratori senza paga della Schlaefer di Storo: la Giunta intervenga con urgenza
Al centro, Enrico Albertini della Fiom Cgil
Serve
una soluzione urgente perché gli operai della Schlaefer, ex
Waris, di Storo senza paga né contributi, ottengano la
retribuzione e gli arretrati cui hanno diritto e che l’azienda
invece nega. Nega al punto che 15 di loro dall’inizio
dell’anno si sono licenziati per giusta causa non ricevendo lo
stipendio da tre mesi. I lavoratori che dal 2017 si
sono licenziati per questa ragione sono così saliti a 30 su un
totale di 36 dipendenti. I consiglieri provinciali presenti
all’incontro avvenuto oggi alle 13.00 – oltre al
presidente Kaswalder hanno partecipato Dalzocchio, Olivi,
Tonini, Degasperi, Marini e Cia – con sei
rappresentanti dei lavoratori guidati da Enrico Albertini, della Fiom
Cgil, impiegati nell’impresa che ha sede in un
capannone di proprietà della Trentino Sviluppo spa (TS), si
sono impegnati a sollecitare la Giunta perché risponda al più
presto, con strumenti adeguati, all’emergenza economica di
queste persone.
Introducendo
l’incontro il presidente Kaswalder ha ricordato che la Schlaefer
non paga più da tempo neppure l’affitto a Trentino Sviluppo,
presente alla riunione con il direttore operativo Nicola Polito,
violando l’accordo sottoscritto con la società della Provincia che
nel 2011 aveva investito un milione e mezzo di euro per ristrutturare
l’immobile messo poi a disposizione della Waris, azienda
produttrice di pannelli solari e rubinetteria cui dal 2018 era
subentrata la Schlaefer, il cui titolare, Ermanno Pizzini, era uno
dei tre fratelli proprietari della ditta precedente.
Dopo
il riassunto fornito da Albertini dei torti subiti dai lavoratori che
più volte hanno scioperato anche ad oltranza per indurre l’azienda
a pagare il proprio personale, l’ex assessore provinciale allo
sviluppo Alessandro Olivi (Pd) ha ricordato l’estremo tentativo di
intesa con l’imprenditore compiuto proprio un anno dalla Giunta
della passata legislatura. Allora era stata accordata ancora fiducia
all’azienda alla luce del piano industriale presentato da Pizzini,
che solo più tardi si è rivelato non credibile, nel quale si
prospettava un’ipotesi occupazionale addirittura espansiva della
Schlaefer. L’ex assessore aveva chiesto all’imprenditore di
onorare subito gli impegni presi con i lavoratori e TS, altrimenti
non sarebbe più stato possibile occupare il capannone della società
pubblica. Per tutta risposta, ha concluso Olivi, Pizzini reagì
giudicando questo un ricatto al quale avrebbe risposto licenziando i
lavoratori.
Per
TS spa, Polito ha sintetizzato le tappe che hano portato prima alla
concessione del capannone a Pizzini che, in una fase critica per
l’economia della valle, quest’impresa era stata l’unica
partecipante al bando di gara volto ad assegnare l’immobile di
proprietà pubblica. Inoltre, ha aggiunto Polito, il piano
industriale presentato pareva convincente anche se poi l’accordo
sottoscritto con l’azienda non è stato rispettato. “L’impresa
ha dimostrato totale inadempienza dei vincoli occupazionali e gravi
irregolarità per quanto riguarda i pagamenti nei confronti del
fisco, dei contributi previdenziali, dei lavoratori, dei fornitori e
del canone per il capannone”. A fronte di ciò TS aveva ricevuto
dall’attuale Giunta provinciale il mandato per avviare un’azione
giudiziaria nei confronti di Waris. Azione fermata però per il
subentro della Schlaefer. Anche con la nuova azienda, però, i
problemi sono rimasti gli stessi. Oggi, ha segnalato Polito, nei
confronti di TS la Waris ha accumulato per affitti non pagati un
debito di 85.000 euro, cui si sono poi aggiunti 70.000 euro circa
della Schlaefer. Non risulta che quest’ultima abbia ancora avviato
la procedura fallimentare, mentre la Waris è in default acclarato.
“Oggi – ha concluso Polito – non pare proprio che vi siano più
margini per ritenere che l’azienda abbia un futuro. Come TS non ci
resta quindi che impegnarsi a recuperare al più presto l’immobile
cercando di avviare un’attività sostitutiva con imprese locali e
di ricollocare il personale attraverso l’Agenzia del lavoro”.
Claudio
Cia (Agire) ha ricordato che nella passata legislatura erano state
presentate delle interrogazioni sull’impresa in questione. A suo
avviso fin dall’inizio era stata data troppa fiducia ad un’impresa
che non meritava tutto questo credito. Oggi – ha concluso – siamo
arrivati all’auto-licenziamento dei lavoratori per cui ormai
possiamo fare ben poco. Polito ha risposto che TS ha fatto tutto quel
che doveva fare nei confronti dell’azienda tranne che avanzare la
richiesta di fallimento.
Alex
Marini (5 stelle) ha sottolineato la necessità di sanzionare
comportamenti aziendali come questi vanno sanzionati per una
questione di giustizia sociale, aggiungendo che occorre pensare a
recuperare subito gli stipendi.
Secondo
Kaswalder a questo punto è urgente che TS rientri in possesso del
capannone e trovi qualche ditta di qualità per riassorbire i
lavoratori.
Olivi
ha indicato due possibili strumenti che la Giunta provinciale
potrebbe mettere in campo a questo scopo, come già fatto in passato
per casi analoghi: la cessione del credito e il Confidi.
Per
l’Agenzia del lavoro, Failoni ha ricordato come solo in parte i
lavoratori che si sono licenziati per giusta causa prima da Waris e
poi da Schlaefer sono riusciti a trovare un’altra occupazione.
Filippo
Degasperi (5 stelle) ha giudicato positivo l’investimento fatto
dalla Pat sull’immobile che rende oggi riutilizzabile il capannone.
“Da parte nostra oggi non possiamo che sollecitare la Giunta a
farsi carico della situazione dei lavoratori per quanto riguarda i
loro crediti, e TS perché funga da camera di compensazione per gli
eventuali errori commessi, impegnandosi per il riutilizzo
dell’immobile”.
Anche
Mara Dalzocchio (Lega) ha auspicato che la Giunta cerchi una
soluzione adeguata per ridurre al minimo i danni causati dall’azienda
ai lavoratori, lamentando che sarebbe stato opportuno esigere da
Pizzini qualche garanzia in più in termini di coperture e non
fidarsi solo del suo piano industriale, dietro al quale c’era il
nulla. In questo modo si sarebbe forse potuto trovare prima qualche
altra azienda locale interessata.