Depotenziata dal Consiglio la modifica della normativa provinciale sulla democrazia diretta del 2003
Il ddl di Marini sul referendum passa in Aula, ma senza la riduzione del quorum al 20%
Gottardi: una minoranza organizzata su un tema non può opporsi alla democrazia rappresentativa
Bocciato
l’articolo 1, che era anche il più “impattante”
dei 7 da cui era formato il provvedimento perché riguardava la
riduzione del
quorum di
partecipazione dal
50 al 20% per
la validità dei referendum,
a fine mattinata il Consiglio ha approvato il disegno di legge
“depotenziato”
proposto
da Marini (5 stelle), dal
collega Degasperi, da Futura
e dal
Patt
per modificare la normativa provinciale in
materia, che
risale al 2003.
I
voti a favore sono stati 29,
astenuto
Cia
(Agire), Degasperi
(5 stelle), presente
in Aula è
risultato “non partecipante
al voto” mentre
si
è registrato un
solo “no”,
espresso
dall’assessore
Mario Tonina.
La
discussione.
Dopo
l’avvio della discussione di questa mattina sul
disegno di legge in materia di referendum e
le due sospensioni dei lavori chieste e ottenute prima dall’assessore
Bisesti per confrontarsi con Marini (5 stelle) e Zeni (Pd) e poi da
quest’ultimo per discutere con i colleghi della minoranza, nel
tentativo di trovare un accordo politico sui due disegni di legge da
loro proposti,
al rientro in Aula Marini
ha riferito che le trattative sono risultate infruttuose.
Sempre
Marini, nella sua replica, ha denunciato l’equivoco che con la
democrazia diretta si mette in pericolo la democrazia
rappresentativa. Si tratta invece di due forme complementari di
partecipazione dei cittadini alla vita democratica e al governo.
Anche la Commissione di Venezia ha precisato che la partecipazione
non si limita al voto ma si esprime anche attraverso gli istituti di
democrazia diretta. Vi è poi per Marini anche un equivoco sul
quorum. I
padri costituenti sostenevano che le regioni devono prevedere
l’iniziativa popolare e i referendum non solo sulle leggi ma anche
per il controllo degli atti amministrativi e in particolare della
spesa pubblica. Una sentenza della Corte costituzionale, la 372 del
2004 affida alle regioni la facoltà di fissare il quorum. La
Provincia di Bolzano ha conseguentemente fissato il quorum al 20%.
L’assessore
Gottardi ha chiarito la posizione della Giunta che, considerati anche
i lavori e le audizioni in Commissione, ritiene adeguato il quorum
attuale ma vuole anche tener conto dell’esigenza emersa dai due ddl
proponendo la soglia del 40%. Questo per abbassare una soglia come
questa, che effettivamente si è dimostrata troppo elevata. Tuttavia
i quorum adottati in altri Paesi europei non sono secondo l’esecutivo
esportabili anche nella nostra provincia. Ogni sistema politico che
si basa sulla democrazia rappresentativa ha delle regole che non
possono essere sovvertite da minoranze organizzate servendosi del
referendum abrogativo per cancellare le leggi. Non è vero che
mantenendo il quorum così alto si vuole trasformare il referendum in
un plebiscito né, come aveva dichiarato l’ex
on.
Fronza Crepaz, che vi è sì molta voglia dei cittadini di
partecipare “ma solo se vi è potere sul banco”. Il potere sul
banco c’è quando si va a votare e si esprime la volontà di
delegare i propri rappresentanti a legiferare. Quanto al quorum
legato non alla partecipazione dei cittadini ma alla metà
dell’affluenza al voto, anche questa è un’ipotesi da valutare ma
non trasferibile nella nostra realtà. Ogni territorio ha una propria
connotazione e nel nostro contesto la partecipazione al momento
elettorale è sempre stata alta in tutti i tipi di consultazione. Non
è quindi il quorum a limitare la partecipazione ma lo scarso appeal
che le consultazioni hanno sul corpo elettorale. Quando il tema è
sentito vi è una grande partecipazione delle comunità locali.
Quando invece il tema non è sentito la partecipazione cala. Non può
quindi una minoranza particolarmente legata un tema costringere gli
altri cittadini a partecipare. La soglia del 40% - ha concluso Gottardi - è per noi la
conditio sine qua non per l’approvazione dei due ddl.
No all'articolo 1, sì al ddl.
A
seguire il Consiglio ha respinto con 21 voti contrari e 11 il
primo ordine del giorno proposto
da
Marini in merito al proprio ddl.
Sul secondo odg Paolo Ghezzi
(Futura) ha detto di condividere l’amarezza del collega Marini, nel
frattempo uscito dall’Aula. Capisco l’inchiavardare sul quorum
del 40% dal punto di vista politico-ideologico, ma lo stesso
assessore Gottardi ha riconosciuto che la percentuale è stata
fissata in modo discutibile. Inoltre il partito che ha ottenuto più
consensi dai trentini nelle ultime elezioni dovrebbe apprezzare la
volontà di favorire la loro partecipazione al voto. L’odg, di cui
Ghezzi si è reso interprete al posto di Marini, voleva impegnare la
Giunta a definire un ipotesi progettuale di libretto illustrato
rivolto ai bambini delle scuole primarie e secondarie, perché loro
possano iniziare a capire l’importanza della partecipazione. Si
tratta di uno strumento educativo perché ci si senta partecipi della
comunità in cui si è inseriti. “Approvare l’odg mi sembra non
solo ragionevole ma doveroso perché quel che è richiesto dovrebbe
stare a cuore a tutti”.
Rossi
(Patt) ha chiesto quale posizione abbia la Giunta su questo odg. Se
gli strumenti di democrazia diretta sono apprezzati da tutti, non si
capisce perché dire di no ad un libretto come questo che avrebbe
finalità educative nei confronti delle giovani generazioni.
L’assessore
Gottardi ha spiegato che il no a questo odg è solo la logica
conseguenza della contrarietà al ddl.
Ferrari
(Pd) ha ricordato l’odg proposto dal consigliere Moranduzzo che la
maggioranza si era autoapprovata sul rafforzamento dell’educazione
civica nelle scuole del Trentino. Questo odg suggerisce invece
all’assessore all’istruzione una modalità per spiegare ai
giovani quali strumenti possono usare per partecipare ai processi
decisionali ed è quindi coerente con il testo di Moranduzzo. Non si
comprende quindi perché l’odg di oggi non si possa condividere.
L’odg
è stato respinto con 18 no, 12 sì, un astenuto e un non
partecipante al voto.
Nelle
votazioni sul testo sono stati respinti a maggioranza gli articoli 1
e 3 insieme a tutti gli emendamenti, mentre sono stati approvate le
altre 5 norme.
Il voto.
Nelle
dichiarazioni di voto conclusive, Paolo Ghezzi (Futura) ha
preannunciato il proprio voto a favore al ddl amputato dalla norma
sul quorum. E ha chiesto all’assessore Bisesti di rispondere alla
domanda che gli era stata posta dalla collega Ferrari. L’assenza di
motivazione del no agli ordini del giorno di Marini segnala una
mancanza di rispetto nei confronti del Parlamento del Trentino,
rispetto al quale il presidente del Consiglio dovrebbe richiamare.
Coppola
(Futura) ha ribadito la propria intenzione favorevole a questo ddl. E
ha aggiunto di aver trovato inusuale dal punto di vista istituzionale
che a fronte di qualcosa con cui non si è d’accordo, non ci si
sforza neppure di valutare il contenuto. Come nel caso del secondo
odg che è impossibile non condividere e lo si boccia solo solo
perché collegato al ddl. Il rispetto per l’Aula passa anche da un
atteggiamento di considerazione del punto di vista degli altri anche
quando non lo si condivide.
Filippo
Degasperi (5 stelle) si è detto dispiaciuto perché questo ddl era
una proposta pregevole che la maggioranza non ha preso in
considerazione. Cercare di confrontarsi in questo scenario è
perfettamente inutile come dimostrano anche i due odg respinti senza
motivazioni. Arriviamo ad approvare un ddl amputato dell’aspetto
più importante. Avevo suggerito al collega Marini di ritirare il
testo così ridotto perché fa solo comodo alla Giunta. Avere un
atteggiamento costruttivo nei vostri confronti è perfettamente
inutile.
Rossi
(Patt) ha motivato il proprio voto favorevole al ddl visto che nei
confronti del ddl successivo (del Pd) si prefigura una piccola
apertura. Anche Rossi ha lamentato la mancata spiegazione richiesta
all’assessore in merito al no della Giunta all’odg di Marini.
Stupisce che Gottardi non abbia dato queste spiegazioni. Questo ddl
ha avuto per Rossi il merito di riprendere quel che si era fermato e
non aveva potuto arrivare in Aula nella scorsa legislatura. Coerenza
esige che proprio per l’accordo minimale raggiunto con chi ha
proposto il ddl. Nel ddl del Pd si farà un piccolo passo avanti.
Rossi ha concluso con l’appello a non rifiutare il confronto in
Aula.
Giorgio
Tonini (Pd) ha annunciato ilvoto favorevole del gruppo da lui guidato
al ddl pur privato dell’articolo 1 sulla soglia al 20%. Non avevamo
condiviso questa soglia perché era un numero a caso, così come a
caso era il 40% proposto dalla Giunta all’insegna della prudenza.
Il Pd aveva preferito un’altra via: quella dell’aderenza alla
Costituzione che per i referendum prevede un quorum (articolo 75).
Quorum fissato nella metà del corpo elettorale: 50% degli aventi
diritto al voto. Ma allora l’Italia andava a votare con percentuali
che arrivavano al 90%. L’Italia di oggi e anche il Trentino di oggi
sono diversi: votano il 60-70% nelle elezioni che hanno successo e
molto meno in altre elezioni amministrative. Il Pd voleva quindi
adeguare il quorum al comportamento elettorale: rispettare il
principio cambiando la forma. Se il corpo elettorale è diventato più
stretto, il quorum al 50% diventa inarrivabile. Anche chi non
condivide un referendum sa che se vota no collabora con i proponenti
interessati al raggiungimento del quorum. Se ci si astiene ci si
confonde con chi non va a votare perché non gli interessa nulla.
Tutto ciò comporta distorsioni nei comportamenti degli elettori. Per
salvare lo spirito dell’articolo 75 della Costituzione bisogna
cambiarne la forma. Come? Il quorum per il referendum dev’essere la
metà più uno degli elettori che hanno effettivamente votato per il
Parlamento e nel caso del Trentino del Consiglio provinciale. Tonini
ha ricordato anche l’accordo raggiunto tra i partiti in Parlamento:
un referendum passa se i sì sono più dei no e se sono almeno il 25%
del corpo elettorale. Tonini ha detto che questo passo si sarebbe
potuto fare stando dentro il principio costituzionale. Ha aggiunto
che comunque vanno approvate almeno le parti salvate del ddl di
Marini perché questo costituisce comunque un passo avanti.
IL DIBATTITO DELLA PRIMA PARTE DELLA MATTINATA.
Lavori
sospesi su richiesta dell’assessore Bisesti per cercare un accordo
con Pd e 5 stelle sui due ddl proposti per ridurre il quorum nei
referendum
Lavori
sospesi per mezz’ora in Consiglio provinciale per cercare un
accordo tra maggioranza e minoranze sulla riduzione del quorum nei
referendum. Il tentativo di mediazione è stato proposto
dall’assessore Bisesti dopo i primi interventi ascoltati oggi in
Aula in merito ai disegni di legge di Marini (5 stelle) e Zeni (Pd)
che propongono di ridurre il quorum attualmente fissato dalla
normativa provinciale al 50% di partecipanti al voto per poter
considerare validi i referendum.
Dopo
l’illustrazione ieri pomeriggio in Aula da parte di Alex Marini (5
stelle) del disegno di legge numero 2 da lui proposto per modificare
la normativa provinciale sul referendum provinciale del 2003 con
l’obiettivo di ridurre dal 50 al 20% il quorum dei partecipanti al
voto da cui dipende la validità della consultazione, il Consiglio ha
proseguito stamane la discussione del provvedimento.
Da
segnalare a inizio seduta l’invito rivolto dal presidente Walter
Kaswalder ad un gruppo di persone entrate nelle tribune del
pubblico indossando una maglietta con la scritta “S.O.S. Sardagna”,
a togliere l’indumento o ad uscire dall’Aula, cosa avvenuta
subito, come prevede il regolamento consiliare. Kaswalder ha
ricordato di aver incontrato ieri una rappresentanza dei manifestanti
e di aver dato la disponibilità ad un incontro con i consiglieri
nella pausa dei lavori d’Aula per ascoltare le loro istanze.
La
discussione generale.
Alessandro
Savoi (Lega) ha ricordato di aver partecipato fin dal 2012 alla
gestazione di questo disegno di legge. Il quorum zero iniziale era
per Savoi “impresentabile” mentre la Lega aveva proposto un
quorum al 40% “o anche inferiore ma sempre molto vicina al 40%”.
La soglia dev’essere a suo avviso elevata perché la democrazia
diretta va bene, ma occorre salvaguardare anche la democrazia
rappresentativa: per questo solo maggioranze molto elevate possono
chiedere l’abrogazione di una legge. Giusto quindi per la Lega
aggiornare la legge provinciale sul referendum del 2003 senza però
abbassare più di tanto il quorum.
Ugo
Rossi (Patt) ha spiegato perché lui e il collega Dallapiccola
hanno deciso di sottoscrivere questo testo fin dalla scorsa
legislatura. La Giunta precedente da lui guidata aveva aperto una
trattativa con i responsabili del ddl di iniziativa popolare
raggiungendo un compromesso da loro accettato e recepito in questo
testo. Testo che introduce novità positive per la democrazia diretta
garantendo che la peculiarità istituzionale e sostanziale della
nostra Autonomia speciale. Secondo Rossi sono possibili comunque
ulteriori mediazioni suggerite anche dai colleghi del Pd. Nonostante
in Commissione non si sia riusciti a trovare una ulteriore
mediazione, si potrebbe tentare in Aula di arrivare un accordo prima
del voto. Sono stati depositati emendamenti riguardanti non il quorum
di partecipazione al voto ma di approvazione, cioè di espressione
favorevole del voto, che forse anche la maggioranza potrebbe
recepire.
Luca
Zeni (Pd) ha anticipato il contenuto del disegno di legge sulla
stessa materia da lui proposto come primo firmatario e strettamente
collegato a quello di Marini. Zeni è partito dalla disponibilitià a
ragionare su una percentuale del 25% legata ai “sì” e non ai
partecipanti al voto. Il Pd, ha aggiunto Zeni, riconosce l’importanza
del quorum e di non far scadere i ragionamenti in banalità
semplicistiche ma anche di adottare strumenti di democrazia diretta.
Occorre per il Pd tener conto della bassa partecipazione a
consultazioni elettorali e referendarie. Le campagne per
l’astensionismo ha falsato le diverse “partite” referendarie.
Per questo la proposta del Pd è di legare il quorum variabile alla
percentuale di votanti alle ultime elezioni provinciali. Se ha votato
l’’80% il quorum diventa il 40%. Il Pd ha anche preso atto in
Commissione di un accordo raggiunto in Parlamento sul 25% dei sì,
quindi la metà del 50% dell’elettorato. Questo vuol dire dare un
ancoraggio sensato alla consultazione. Zeni ha concluso rinnovando
l’appello alla maggioranza a rendersi risponibile per arrivare ad
una maggioranza larga su questo tema, così com’è giàà avventuo
in <Parlamento. Dicendo no all’adozione del criterio del 25% dei
voti favorevoli rispetto alla basse elettorale, si dovrebbe spiegare
perché non lo si vuole recepire anche a livello provinciale. Zeni ha
invitato quindi la maggioranza a non irrigidirsi sul quorum fisso del
40%, trovando in Aula con un po’ di elasticità la formulazione
congiunta alla quale non si è arrivati in Commissione.
Lucia
Coppola (Futura) ha ricordato che il proprio gruppo è tra i
sottoscrittori di questo ddl dei 5 stelle, perché l’articolo 1
sulla riduzione del quorum dal 50 al 20% dei partecipanti al voto
referendario “è importante per tutti”. Per Coppola non ci si
rende abbastanza conto di quanto la democrazia rappresentativa abbia
bisogno di essere corroborata dalla democrazia diretta, per
contrastare così la disaffezione dei cittadini al momento del voto.
Basti pensare che alle ultime elezioni europee il 40% dei cittadini
non ha partecipato al voto, o molti altri hanno votato scheda bianca
o nulla. Per la consigliera questo ddl dopo 8 anni di iter si spera
raggiunga un risultato condiviso con un compromesso accettabile da
tutti. Si tratta di rafforzare nei cittadini il senso civico e la
sensazione di contare sui temi che riguardano il bene comune. Se
reale, la democrazia dovrebbe creare fiducia coinvolgendo i cittadini
nelle decisioni che li riguardano. Cittadini che saranno così più
motivati e disposti a farsi carico in prima persona dei problemi e
dei risultati collettivi.
Claudio
Cia (Agire) ha sottolineato che questo ddl è nato nel 2012 per
un’iniziativa popolare e che era stata chiamata ad esprimersi anche
la Commissione di Venezia, organo consultivo del Consiglio d’Europa.
Commissione che sul quorum zero proposto dalla versione originaria di
questo ddl, aveva dato parere positivo. Secondo Cia questo ddl è
stato poi spogliato della vera novità che portava: l’introduzione
del quorum zero. Oggi si è annullato il significato di ogni
referendum perché prevale l’invito a non votare rivolto ai
cittadini che vengono così privati di un diritto fondamentale. Per
Cia i due ddl proposti (da 5 stelle e Pd) pur meritevoli di
attenzione, alla fine non portano nessuna novità in materia di
referendum. Per questo l’esponente di Agire ha preannunciato il
proprio voto di astensione. Sarebbe infatti sbagliato dire no visto
il lavoro degno di rispetto che è stato svolto, ma anche dire sì
perché i due testi non cambiano nella sostanza nulla.
L’assessore
Bisesti, in nome della volontà condivisa di promuovere la
partecipazione dei cittadini ai referendum, ha chiesto e ottenuto dal
presidente del Consiglio Kaswalder una sospensione per incontrare
come Giunta i primi firmatari dei due ddl, Marini e Zeni, per tentare
di raggiungere un accordo.
Al rientro in Aula Luca Zeni (Pd) ha chiesto e ottenuto dal presidente Kaswalder un’altra sospensione dei lavori del Consiglio per potersi confrontare con i colleghi della minoranza sull’ipotesi di accordo in merito ai disegni di legge oggi in discussione, riguardanti la disciplina del referendum provinciale, di cui aveva appena discusso con la Giunta insieme a Marini.