Oggi
ha parlato per primo Maurizio Fugatti
(Lega), definendo il ddl costituzionale come un’incursione politica
che cozza contro un processo istituzionale serio, appena avviato a
Trento. Ancora: un atto di delegittimazione dell’assemblea
legislativa, ragion per cui il capogruppo ha detto di avere
apprezzato la pronta levata di scudi del presidente Dorigatti.
Analoga
la posizione di Nerio Giovanazzi
(Amministrare il Trentino), che si è detto preoccupato nel
constatare incrinature del necessario fronte politico trasversale su
cui deve poggiare il processo di riforma statutaria, per reggere a
una fase estremamente difficile, segnata da continui attacchi a
riferimenti secolari della nostra autonomia (vedi anche la vicenda
della riforma nazionale del movimento bancario cooperativo).
Rodolfo
Borga (Civica Trentina) è stato esplicito
nel definire “una marchetta pagata alla Svp” la previsione - nel
ddl costituzionale in questione – del trasferimento alle Province
di Trento e di Bolzano dell’attuale competenza regionale sugli enti
locali. La proposta rivolta a Rossi è stata quella di correggere il
tiro e fare ora quanto si doveva fare subito: coinvolgere l’intero
Consiglio su un disegno di legge costituzionale equilibrato, da
portare a Roma supportato dall’unanimità.
Anche
Marino Simoni
(Progetto Trentino) ha sottolineato la gravità del passaggio con cui
il ddl “romano” prospetta di indebolire ulteriormente la Regione,
togliendole anche la residua competenza sugli enti locali. Il
capogruppo ha detto che il collega Walter
Viola giorni fa – nel commentare
negativamente la reazione di Dorigatti contro l’iniziativa
parlamentare – ha voluto semplicemente chiedere che la legge
istitutiva della Consulta non si fermi. “Ciò non toglie – ha
detto Simoni – che anche noi abbiamo apprezzato le parole di
Dorigatti a difesa della centralità del Consiglio provinciale”.
Il
presidente Ugo Rossi
ha ripercorso ampiamente le recenti tappe. Il disegno di legge
costituzionale rappresenta né più né meno che una delle diverse
mosse messe simultaneamente in campo per salvare e far progredire
l’autonomia speciale. “Si tratta di una polizza assicurativa per
le nostre prerogative, non di un vulnus. Semmai il problema è che
ben difficilmente verrà calendarizzato in Parlamento”.
Il
primo fronte d’impegno – ha spiegato Rossi – si svolge al
tavolo presieduto dal sottosegretario Gianclaudio
Bressa e al quale siedono tutte le autonomie
speciali: in questa sede dovranno maturare le norme da inserire negli
Statuti per dare sostanza e un procedimento al meccanismo dell’intesa
Stato-Regioni speciali, ossia al particolare compromesso introdotto
dalla riforma del Titolo V della Costituzione in corso, preziosa
salvaguardia per noi nel momento in cui si va a toccare la materia
statutaria.
Il
secondo fronte è dato proprio dal ddl parlamentare sotto accusa,
un’iniziativa politica (e non istituzionale), che mira a
manutentare con urgenza lo Statuto, rendendo permanenti le conquiste
sin qui portate a casa con le norme di attuazione, e risolvendo le
incertezze sulle nostre competenze legislative, causate dalla riforma
costituzionale del 2001. “Questa iniziativa – ha rivendicato il
presidente – non si sovrappone alla Consulta e al suo più ampio
ruolo. La Consulta deve quindi andare avanti rapidamente e deve avere
piena autonomia dall’esecutivo e adeguata dotazione finanziaria per
lavorare nel migliore dei modi”. Rossi ha anche sostenuto che non
sarà la sottrazione della competenza sugli enti locali a minare la
Regione, mentre al contrario una conquista fondamentale è l’avere
inserito già nel programma di legislatura regionale la conservazione
del quadro statutario comune fra Trento e Bolzano (e quindi aver
condiviso il punto con la Svp).
Anche
Bruno Dorigatti ha
messo in chiaro i propri intendimenti. Rinnovando la massima e
profonda stima nel presidente Rossi, il presidente del Consiglio ha
però rivendicato il ruolo di garante di tutte le forze politiche
presenti nell’assemblea, e quindi il dovere di tutelare un valore
significativo e per niente scontato come il varo della legge
istitutiva della Consulta senza nemmeno un voto contrario.
“E
allora ho dovuto dire che il ddl parlamentare è stata una mossa
inopportuna; che comunque si doveva preventivamente informare del
deposito il sottoscritto e il Consiglio provinciale; che inoltre
questa proposta di riforma può mettere in difficoltà il tavolo
presieduto da Bressa, dove si gioca un ruolo centrale in un clima già
difficile. “Ecco perché Bressa ha condiviso pubblicamente le mie
esternazioni. Ciò detto, convengo che la Consulta deve partire.
Abbiamo già un’idea condivisa con Rossi sulla struttura di cui
dotarla per darle fiato e gambe”.