L'autonomia
Rapporti con lo Stato e con l'Unione Europea

I rapporti con l'ordinamento statale

La presenza dello Stato in regione può essere ricondotta a una tipologia limitata di fenomeni:

  • l'attività, come nella rimanente parte del territorio nazionale, di organi e di amministrazioni statali che svolgono al livello locale funzioni rimaste totalmente in capo allo Stato (esercito, forze di polizia ecc.): questi ambiti sono destinati a permanere, probabilmente, perché riguardano aspetti più tipici dello Stato centrale;
  • l'attività di organi o uffici che operano in limitati settori dove alcune funzioni sono rimaste allo Stato all'interno di competenze o attività altrimenti attribuite al livello locale (di regola sono ambiti ristretti, espressamente indicati nelle norme di attuazione): questi ambiti sono molto più limitati che nelle altre regioni (comprese quelle a statuto speciale), e potrebbero subire ulteriori riduzioni per effetto di processi di ridefinizione delle competenze o di delega di funzioni amministrative;
  • di generale applicazione è il principio di leale collaborazione, che - fatto proprio dalla giurisprudenza costituzionale come criterio di regolazione dei rapporti fra Stato e regioni - ha trovato attuazione in vari istituti, anche di applicazione generale (ad esempio nell'istituzionalizzazione della conferenza Stato - regioni e delle relative intese). Questo principio è presente (talvolta implicitamente) anche nelle norme che regolano i rapporti fra Stato e autonomie speciali, è stato costituzionalizzato dalla riforma del 2001 (art. 120, secondo comma, della costituzione) ed è espresso anche, in qualche modo nella disciplina transitoria sulla rappresentanza parlamentare delle regioni contenuta nell'(inattuato) articolo 11 della legge costituzionale n. 3 del 2001. E' previsto infatti che la commissione parlamentare per le questioni regionali (in attesa della revisione del titolo I della costituzione) sia integrata da rappresentanti delle regioni, delle province autonome e degli enti locali, per esprimere - sulle leggi di principio nelle materie di competenza concorrente e sulle leggi in materia finanziaria - pareri condizionanti il procedimento legislativo parlamentare, che ne risulterebbe quindi rinforzato;
  • permane la presenza presso le due province di un commissario del governo (articoli 87 e 88 dello statuto; decreto del presidente della repubblica n. 49 del 1973), quale organo statale di raccordo e di coordinamento di carattere generale; le sue funzioni devono oggi essere rilette alla luce della riforma del titolo V della costituzione, posto che l'originario articolo 124 della costituzione (che rappresentava la base costituzionale della figura del commissario di governo) è stato abrogato dall'articolo 9 della legge costituzionale n. 3 del 2001:
    • un commissario del governo è presente in ognuno dei due capoluoghi di provincia; quello con sede in Trento opera anche per l'ambito regionale;
    • nel disegno statutario esso ha compiti di rappresentanza del governo in ambito locale, di coordinamento e di vigilanza sull'attività degli uffici statali operanti in ambito provinciale, di vigilanza sull'attività delegata dallo Stato alle province. Inoltre lo statuto gli attribuisce le funzioni che nelle province ordinarie sono svolte dai prefetti, sempre che esse non siano affidate ad altri organi (nelle due province autonome non è presente - quindi - la figura del prefetto), nonché compiti connessi al mantenimento dell'ordine pubblico, per svolgere i quali si avvale degli organi e delle forze di polizia (art. 88 dello statuto);
    • in seguito alla riforma costituzionale del 2001 è stata soppressa (implicitamente) la funzione di controllo governativo delle leggi delle province e della regione che è prevista dall'art. 55 dello statuto, e che era effettuata per il tramite del commissario del governo.
  • Potere governativo d'indirizzo e coordinamento. Di rilievo, in quanto incide sull'esercizio dei poteri amministrativi a livello locale e sul coordinamento fra funzioni e interessi dello Stato e delle istituzioni locali, e in quanto deroga ai principi generali applicati per le altre regioni, è la norma di attuazione contenuta nell'art. 4 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266 , sugli atti d'indirizzo e coordinamento:
    • gli atti d'indirizzo e coordinamento adottati dal governo vincolano la regione o la provincia solo in relazione ai risultati da perseguire;
    • prima dell'adozione degli atti è prescritta la consultazione della regione o della provincia interessata;
    • se la regione o la provincia rileva l'incompatibilità dell'atto con il sistema statutario, l'atto d'indirizzo non diventa immediatamente efficace; regione e provincia possono sollevare conflitto di attribuzione davanti alla corte costituzionale e l'efficacia dell'atto è sospesa fino alla sentenza.

Alla luce della riforma del titolo V della costituzione (con la scomparsa del limite dell'interesse nazionale e con una più rigorosa delimitazione delle competenze statali), però, questo potere deve intendersi superato (indizi in tal senso sono anche nella giurisprudenza costituzionale).

  • Potere sostitutivo del governo. La riforma del titolo V della costituzione introduce una disciplina di principio sull'esercizio del potere sostitutivo del governo in caso di inerzia delle regioni e degli altri enti locali: l'articolo 120, secondo comma della costituzione (rinviando alla legge dello Stato la disciplina della procedura, che deve garantire il rispetto di sussidiarietà e di leale collaborazione) stabilisce che il governo può sostituirsi agli organi regionali (oltre che nell'ipotesi di mancato adeguamento alle norme comunitarie) anche nelle seguenti ipotesi:
    • quando vi sia pericolo grave per l'incolumità e la sicurezza pubblica;
    • quando lo richieda la tutela dell'unità giuridica o dell'unità economica, e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali.

Questa disciplina (per com'è stata attuata nelle legge 5 giugno 2003, n. 131) non si estende alle autonomie speciali, sia perché contrasta con la clausola dell'articolo 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001, sia perché opera una specifica disciplina che, per l'ordinamento del Trentino - Alto Adige, è dettata dall'apposita norma di attuazione contenuta nel decreto del Presidente della Repubblica 19 novembre 1987, n. 526 (articoli 5 e 8).

Controlli sugli atti della regione e della provincia autonoma

Con la riforma del titolo V della costituzione il sistema dei controlli sugli atti della regione e delle province autonome ha comunque subito un ridimensionamento. Per un altro verso la riforma dello statuto del 2001 e la nuova forma di governo provinciale hanno introdotto significativi mutamenti anche nella disciplina dei controlli sugli organi politici.

I controlli della corte dei conti

Sono qui ricordati i controlli non giurisdizionali. E' possibile distinguere fra controllo sugli atti (di legittimità e di tipo preventivo) e controllo sulla gestione amministrativa (di tipo successivo).

Controllo degli atti: lo statuto non contiene regole specifiche sui controlli degli atti e dell'attività svolta dalla regione e dalle province autonome: questa disciplina è contenuta in un'apposita norma di attuazione (decreto del presidente della repubblica 15 luglio 1988, n. 305):

  • nel capoluogo di provincia sono costituite distinte sezioni di controllo della corte dei conti, finalizzate al controllo di legittimità (oltre che su alcuni tipi di atti di organi statali operanti in regione, al cui controllo è delegato un giudice ad hoc) sulla gestione dei bilanci delle province (la sezione di Trento anche sugli atti della regione);
  • forme di controllo generalizzate su atti o categorie di atti (come i regolamenti) sono state superate in seguito all'abrogazione del primo comma dell'articolo 125 della costituzione e delle conseguenti modifiche della norma d'attuazione ;
  • sono soggetti a verifica anche i rendiconti della regione e delle province autonome. La corte esprime una decisione con osservazioni e trasmette ai consigli interessati una specifica relazione: i rendiconti sono quindi approvati con legge regionale o provinciale.

Controllo sulla gestione amministrativa: è regolato da normativa statale (vedi in particolare la legge 14 gennaio 1994, n. 20). Opera nei confronti di tutte le pubbliche amministrazioni, e non è finalizzato alla verifica della legittimità di singoli atti, ma a una verifica complessiva su settori d'attività dell'ente, anche sotto un profilo di efficienza e di economicità:

  • si effettua dalla sezione locale di controllo, secondo un programma annuale di controlli, e punta a verificare anche la conformità dei risultati raggiunti dall'azione amministrativa rispetto agli obiettivi stabiliti dalle leggi e dai programmi;
  • si svolge attraverso delle relazioni/referti che sono trasmessi (per quanto riguarda il controllo sulla gestione della provincia autonoma) al consiglio e alla giunta provinciale.

I controlli sugli organi

Limitando il discorso alla provincia, essi riguardano il consiglio provinciale e il presidente della provincia.

Vi rientrano i casi di scioglimento sanzionatorio del consiglio provinciale (art. 49 bis dello statuto), che:

  • è stabilito per il caso che il consiglio compia atti contrari alla costituzione, o gravi violazioni di legge, o non sostituisca la giunta o il suo presidente che abbiano compiuto analoghi atti o violazioni; o per ragioni di sicurezza nazionale;
  • lo scioglimento è disposto con decreto del presidente della repubblica a conclusione di una procedura complessa (che prevede la deliberazione del governo, l'acquisizione del parere della commissione parlamentare per le questioni regionali e la nomina di una commissione di tre esperti per la gestione ordinaria delle attività e per la convocazione delle nuove elezioni);
  • quanto a effetti: lo scioglimento del consiglio provinciale comporta nuove elezioni provinciali, ma non comporta lo scioglimento del consiglio regionale, e i componenti del consiglio provinciale disciolto continuano a esercitare le funzioni di consigliere regionale fino all'elezione del nuovo consiglio provinciale (art. 49 bis, sesto comma, dello statuto);
  • i consigli provinciali sciolti continuano a esercitare le loro funzioni fino all'elezione dei nuovi consigli provinciali (art. 33, terzo comma, dello statuto);
  • da notare che mentre lo scioglimento del consiglio provinciale non travolge quello regionale, quello del consiglio regionale travolge anche i consigli provinciali: entro tre mesi si procede infatti alle nuove elezioni dei consigli provinciali (art. 33, primo comma, dello statuto).

La rimozione del presidente della provincia (art. 49, settimo comma, dello statuto) è disposta con decreto del presidente della repubblica (su deliberazione del governo e previo parere della commissione parlamentare per le questioni regionali):

  • è stabilita per i casi in cui il presidente della provincia abbia compiuto atti contrari alla costituzione o reiterate e gravi violazioni di legge; e per ragioni di sicurezza nazionale;
  • la rimozione del presidente della provincia eletto a suffragio universale e diretto comporta le dimissioni della giunta e lo scioglimento del consiglio (art. 50, quarto comma, dello statuto).