In mostra un inedito confronto tra immagini dei migrandi di oggi e di cent'anni fa
Torna a Palazzo Trentini il dramma dei migranti, stavolta nelle fotografie di Giorgio Salomon
I primi furono gli albanesi e oggi ciascuno di noi ha un amico albanese
Scatti
d’autore di Giorgio
Salomon,
su testi di Franco
Filippini
e progetto espositivo di Manuela
Baldracchi
raccontano il dramma dell’emigrazione, la fuga dalle dittature,
dalle persecuzioni religiose ed ideologiche, dalla fame e dalla
miseria. Immagini e parole che suonano come un richiamo
all’assunzione di una nuova responsabilità morale, alla presa di
coscienza di una guerra che torna a riguardare anche noi, oggi come
100 anni fa.
Inaugurata
nel pomeriggio a Palazzo Trentini la nuova iniziativa culturale ed
espositiva, dal titolo "Ombre
di guerra e disperazione”,
opera un toccante raffronto visivo tra le sofferenze delle genti
costrette oggi ad abbandonare la propria terra e l'epopea dei
profughi trentini di 100 anni fa, un dramma quest'ultimo cui la
Presidenza del Consiglio provinciale ha già dedicato il prezioso
doppio volume di ricerca storica “Gli spostati”, in
collaborazione con il Laboratorio di storia di Rovereto.
“Questa
mostra”, ha infatti ricordato il Presidente del Consiglio
provinciale Bruno
Dorigatti
introducendo l’evento, “vuole essere la prosecuzione in chiave
attuale di quel racconto, nella consapevolezza che attorno alla
gestione di questi temi si giocano il nostro futuro e la nostra
storia”. Gli scatti di Salomon, ha proseguito Dorigatti,
accompagnati dal sapiente allestimento di Baldracchi in un percorso
di immagini e testi curati da Filippin, “ci impongono di non
sottrarci allo sguardo della sofferenza, richiamando l’umanità che
alberga dentro di noi per non lasciarci inghiottire dall’egoismo e
dall’indifferenza”.
Giorgio
Salomon
ha definito la mostra “una delle più belle della sua carriera”,
proprio per la grande umanità che riesce a “fotografare”, grazie
ad un lavoro non solo di immagini, nato da un fortunata
collaborazione che dura da molti anni con Filippin e Baldracchi.
“Evacuati,
instradati, perlustrati…trattati come se non avessero alcuni
diritto, come “oggetti da amministrare”: il giornalista Franco
Filippin
ha richiamato le parole pronunciate 99 anni fa da Alcide Degasperi
davanti al Parlamento viennese per definire i profughi trentini ed ha
così spiegato la genesi della mostra, che coniuga il prezioso
archivio di Giorgio Salomon con una riflessione sull’attualità di
una storia che tristemente si ripete. L’accento è sulla dignità,
sull’umanità che va recuperata, restituita a persone che troppo
spesso oggi come ieri, si vorrebbero trattare come “ombre” (e qui
il titolo della rassegna) da cui distogliere lo sguardo per
dimenticarne l’esistenza.
L’architetta
Manuela
Baldracchi
ha illustrato il percorso espositivo che, partendo dall’accostamento
di scatti di ieri e di oggi, conduce il visitatore in un viaggio
nella storia scandito da tavole numeriche e testimonianze. Il
movimento, l’andare, il camminare sono la cifra di questo viaggio:
“passi che gettano ombre (ecco di nuovo il riferimento al titolo)
che si incrociano in un punto ideale, quello della consapevolezza che
emerge dall’incontro ciclico con la sofferenza ed il dolore”. Il
movimento, con un incedere quasi cinematografico, opera quindi uno
zoom sui volti, sugli sguardi, sugli occhi dei protagonisti di questo
andare, trascinando il visitatore dentro le loro storie, le loro
paure, le loro aspettative e le loro speranze. La mostra, nota
Baldracchi, “non offre risposte, quanto piuttosto solleva
interrogativi”. E citando Filippin conclude osservando che “i
primi furono nel 1991 gli albanesi e oggi ciascuno di noi ha un amico
albanese”.
A
Palazzo Trentini in Via Manci 27 a Trento fino al 23 aprile.