Stamane in Consiglio provinciale. Iniziata la trattativa su ordini del giorno ed emendamenti
Conclusa la discussione generale sulla riforma delle comunità
In allegato, il disegno di legge e il pacchetto delle modifiche
Si
è conclusa nella mattina di oggi in Consiglio provinciale, la
discussione generale al disegno di legge 145 di riforma delle
comunità di valle dell’assessore Mattia Gottardi. I lavori
sono stati sospesi per valutare le 537 proposte emendative e i 132
ordini del giorno e permettere una trattativa tra le parti per
arrivare ad una condivisione il più ampia possibile del testo. Si
riprende alle ore 15.00.
Il
consigliere Alex Marini (Misto-5 Stelle) ha completato
l’intervento del pomeriggio di ieri, riprendendo il filo del
discorso sui contenuti della riforma e sugli argomenti dei propri
ordini del giorno. In particolare, uno dei documenti affronta la
questione energetica e i modelli di autoconsumo legati alle diverse
caratteristiche orografiche del territorio, con riferimento alle
quali le comunità potrebbero svolgere un ruolo strategico. Altro
argomento ripreso da un ordine del giorno, quello dei diversi modelli
familiari, con riferimento ai quali andrebbero declinate ed
implementate le politiche per la casa, da considerare, quest’ultima,
un bene pubblico da offrire alla popolazione in una logica di
ottimizzazione dei costi e non solo di valore
immobiliare/speculativo: a questi fini servirebbe un osservatorio ad
hoc. Ancora: rafforzare il ruolo attivo dei consigli comunali nelle
attività istituzionali e nei rapporti con le comunità e la
Provincia.
Coppola:
una riforma rischiosa, che riduce il controllo dal basso
Lucia
Coppola (Misto-Verdi per l’Europa) ha detto che avrebbe
immaginato un maggiore autonomia per i sindaci, dal momento che le
comunità sono un ente intermedio tra provincia e comuni. Restano
sullo sfondo tante problematiche che i comuni stanno affrontando da
tempo, come la criticità per la figura del segretario comunale (ben
60 comuni ne sono privi), il sottodimensionamento del personale, la
difficoltà a sostituire i pensionamenti ecc. Si discute da tempo
della forma e del potere degli enti intermedi (a partire dai
comprensori) per migliorare la capacità concreta di interfacciarsi
con i comuni. Oggi stiamo parlando di modificare le comunità con
una riforma che presenta una certa complessità e che in prima
battuta non appare convincente perché, pur apprezzando
l’atteggiamento partecipativo dell’assessore, riduce il controllo
dal basso. Il rischio, cioè, è che questa ennesima riforma
sottragga le comunità al controllo del popolo sovrano, non
rispettando i principi democratici della costituzione, a meno che le
deliberazioni di questo ente non vengano sottoposte al parere della
maggioranza dei comuni.
Demagri:
riconosciuta la disponibilità dell’assessore, un ordine del giorno
per ribadire la posizione del Patt
Paola
Demagri (Patt) ha riconosciuto la disponibilità dell’assessore
che ha deciso di ascoltare gli addetti ai lavori e coloro che hanno
fatto proposte migliorative alla proposta. Un atteggiamento
propositivo che è stato supportato dal Patt nell’avvallare la
richiesta di accelerare i tempi di discussione del testo. Gottardi ha
fatto un passo indietro, sulla base della considerazione delle
esigenze e delle necessità territoriali, considerazioni sia tecniche
che politiche. Il Patt ha quindi deciso di non presentare
emendamenti, ma di racchiudere la propria posizione e richiesta di
approfondimento in un ordine del giorno su alcuni punti che
riguardano il segretario manager, le comunità di valle nel ruolo di
erogatrici di servizi sovracomunali, la commissione strategica
economica e urbanistica ecc. Demagri ha definito la proposta una “non
riforma”, però migliorativa dei servizi ai cittadini.
Paccher:
la comunità diventa ente di supporto ai comuni, senza limitarne
l’autonomia
Roberto
Paccher (Lega) ha premesso di conoscere molto bene il
funzionamento delle comunità per averne avuto personalmente
esperienza. Ha rilevato i problemi di questo ente troppo
politicizzato, contro il quale la Lega fece una battaglia massiccia,
chiedendo l’indizione di un referendum, molto partecipato, ma che
non raggiunse il quorum. Il resto è storia, l’ente fu dichiarato
illegittimo dalla Corte costituzionale e la comunità di valle che
volevamo combattere di fatto non esiste più. La riforma che oggi
stiamo discutendo risponde all’esigenza di migliorare le comunità
esistenti perché non possiamo pensare che certi servizi siano
gestiti direttamente dai comuni, serve un ente sovracomunale per dare
una visione. Paccher ha dichiarato di apprezzare questa proposta
perché mentre la precedente comunità sottraeva competenze ai comuni
e ne limitava l’autonomia, con questa riforma la comunità diventa
un ente di supporto. La spesa di 4 milioni di euro non giustifica il
cambio del nome, facendo prevalere il risparmio delle risorse
pubbliche: non per questo la riforma va minimizzata perché cambia
totalmente la prospettiva rispetto a questo ente.
Rossi:
questa non è una riforma, ma un aggiustamento
Ugo
Rossi (Azione), che già ieri aveva espresso il proprio pensiero
rispetto alla proposta, ha precisato che il costo del cambio del nome
è emblematico: sul programma con il quale la Lega è andata
raccogliere i voti in campagna elettorale si precisava che si sarebbe
cambiato anche il nome dell’ente. Detto questo la Lega ha fatto
bene a non tradurre il proprio programma perché era “una panzana”.
Ancora, rivolto a Paccher: come si fa a dire che questa proposta
aggiusta la questione giuridica delle competenze tra comunità di
valle e comuni visto non c’è un solo articolo che affronta tale
argomento. Questo lavoro prende semplicemente atto della realtà
ridefinendo il ruolo dei sindaci rispetto ai meccanismi di
rappresentanza dei comuni, ma non è certo una riforma, ha concluso.
In replica a Rossi, Paccher, che ha invitato il collega
di Azione all’autocritica, ha ribadito di aver conosciuto le
criticità dell’ente per esperienza personale, rilevando che oggi
la situazione delle comunità di valle è molto diversa rispetto alla
campagna elettorale, perché è cambiato il quadro normativo di
riferimento (anche con l’intervento della Corte costituzionale).
Olivi:
un mero aggiustamento, la vera riforma istituzionale sarebbe stata
“cambiare la Provincia”
Alessandro
Olivi (PD) ha confessato che le sue perplessità e la sua
parziale insoddisfazione politica su questa proposta derivano dalla
convinzione che serviva una riforma, per la convinzione che in
Trentino non c’è posto per tre passaggi istituzionali, perché un
buon governo dell’autonomia a suo avviso non dipende dalla
moltiplicazione della filiera istituzionale. Serviva un’azione più
coraggiosa e rimane come mandato futuro a quest’aula, la ricerca
delle regole condivise per un riequilibrio del rapporto tra Provincia
e sistema degli enti locali, cosa che questa legge non fa. Non siamo
riusciti a “cambiare la Provincia”, affinandone le funzioni di
ente di indirizzo strategico e di sviluppo e assegnando ai territori
reali spazi di autonomia: questa sarebbe stata la funzione di un
riassetto istituzionale. Oggi il fronte dei territori appare
frammentato e lo è più di prima. Mi ha fatto una certa impressione
il Manifesto dei sindaci della valle dei Mocheni perché non hanno
detto di scegliere di appartenere ad una lista per il fatto di
riconoscersi in un modello, ma in funzione delle risposte avute per
quel territorio. Su questo vale la pena di riflettere perchè il tema
del riequilibrio istituzionale è cruciale per la qualità ed
efficienza del sistema istituzionale. La Provincia deve avere la
forza di spostare risorse reali, umane e finanziarie, rendendo più
alto il ruolo degli enti locali come enti di governo dell’autonomia.
Sul ruolo del Consiglio delle autonomie Olivi era tentato di
sottoporre all’aula, con un emendamento provocatorio, la proposta
di far diventare i comuni trentini la vera seconda camera
dell’autonomia, un momento di rappresentanza propulsivo e
dialettico con la Provincia. Questo sarebbe il vero, coraggioso
cambiamento, ha aggiunto, che dovrebbe però passare anche dalla
consapevolezza dei sindaci che si devono seriamente interrogare sulla
convenienza della filiera corta (il solitario negoziato con la Giunta
di turno), oppure sull’opportunità di affidarsi ad un luogo comune
di rappresentanza. Ha concluso riflettendo su cosa sia cambiato per i
cittadini con l’introduzione delle comunità di valle, osservando
che un sistema istituzionale dovrebbe essere al servizio dei
cittadini, sgravando la burocrazia, producendo risposte più rapide,
più efficienti e più trasparenti. Forse in questo è mancata la
riforma istituzionale, nell’averla concepita come modifica del
livello della rappresentanza politica e non come opportunità di
modernizzazione del Trentino.
Degodenz:
bene la riforma e il modello partecipativo
Pietro
Degodenz (UpT), convinto del senso e dell’utilità dell’ente
intermedio delle comunità, ha apprezzato il percorso fatto
dall’assessore che ha saputo ascoltare e confrontarsi con i
territori migliorando la riforma in discussione, recependo le
osservazioni e le richieste dei sindaci. Degodenz ha anticipato
alcuni emendamenti su alcuni passaggi tecnici.
Dalzocchio:
una riforma che ridà dignità ai comuni e ai sindaci
Mara
Dalzocchio (Lega) ha detto di aver apprezzato fin qui solo
l’intervento dell’assessore Gottardi. L’ente pensato nel 2006
non andava incontro alle esigenze dei comuni che allora erano stati
espropriati delle loro autonomia e i sindaci delle loro peculiarità,
con questa riforma i comuni tornano al centro. L’obiettivo delle
comunità istituite dal centrosinistra era quello di un ente
intermedio di controllo. Ben venga questa riforma che ridà dignità
a sindaci e comuni, restituendo il protagonismo all’ente più
vicino al cittadino, invertendo il paradigma e affidando alle
comunità il ruolo di servizio.
Job:
bene rafforzare il ruolo delle comunità
Il
consigliere del Misto Ivano Job ha citato in apertura le
parole autonomia, federalismo, indipendenza, che richiamano dei
concetti che a suo parere nella provincia di Trento sono già realtà.
Ha detto di apprezzare la volontà di dare forza all’ente delle
comunità di valle, che già svolgono un ruolo prezioso sul
territorio nella gestione dei servizi in forma unitaria. Dobbiamo
imparare a stimolare i cittadini all’apprezzamento dell’ente
pubblico, altrimenti rischieremo di “italianizzarci”, ha detto,
augurandosi che chi amministrerà le comunità di valle aiuti i
comuni, i sindaci, ma anche i cittadini stessi. Job ha poi citato le
criticità nella gestione dei comuni (come le difficoltà di
personale ed economiche) ed ha ricordato che i comuni periferici sono
spesso in maggiori difficoltà in eventi di calamità, proponendo di
ampliare l’impegno della comunità anche nel rapporto sovracomunale
di collegamento.
Cia:
plauso alla riforma e al modello partecipato
Claudio
Cia (FdI) ha plaudito a chi negli anni ha lavorato per costruire
un percorso all’altezza delle sfide dei territori e all’assessore
Mattia Gottardi per aver attivato un modello di dialogo e di ascolto
partecipato che ha portato alla costruzione di questa riforma. Ha
apprezzato le modifiche recepite dall’assessore, come l’aver
permesso che il Presidente della Comunità possa essere anche un
cittadino comune, senza un ruolo politico in essere. Altro aspetto
accolto dall’assessore quello dell’estensione a tre mesi del
limite dei trenta giorni dall’elezione del consiglio comunale per
la nomina del presidente della Comunità di valle. Infine, bene anche
che il cittadino eleggibile, possa essere nominato con il consenso
dei due terzi dell’organo chiamato ad eleggerlo. Ha infine
confermato l’apprezzamento per la proposta che FDI voterà
convintamente.
Gottardi apre la trattativa ed è disposto ad accogliere alcune proposte
Conclusa
la discussione generale è intervenuto l’assessore Mattia Gottardi,
confermando la volontà di accogliere alcune delle sollecitazioni
proposte in aula e presentate tramite emendamento, chiedendo la
sospensione dei lavori, almeno fino alle 13, per permettere di
avviare la trattativa e trovare un accordo il più possibile
condiviso sulla riforma.