La giornata dedicata dalla Quarta Commissione all'ascolto di tutti i soggetti interessati
Criteri per l'affidamento dei servizi socio-assistenziali: cooperative e associazioni rischiano di chiudere
In allegato, i documenti distribuiti durante i lavori.
I LAVORI DEL POMERIGGIO E, A SEGUIRE, QUELLI DEL MATTINO
Le
audizioni in Quarta commissione, sul tema della riforma del sistema
di affidamento da parte della Pat dei servizi socio assistenziali
sono continuate nel pomeriggio di oggi con i rappresentanti di
Anffass Associazione per i minori (Appm), l’Ordine
delle professioni infermieristiche di Trento (OPI), l’Ordine degli
assistenti sociali del Trentino Alto Adige, quello dei tecnici
sanitari di radiologia medica (TSRM) e delle professioni sanitarie
tecniche, della riabilitazione e della prevenzione della Provincia di
Trento (PSTRP), l’Associazione nazionale educatori professionali
(ANEP).
In
sintesi, in particolar modo Anffas e Appm, hanno ribadito le loro
perplessità su alcuni punti chiave delle linee guida e del catalogo
dei servizi che la Giunta intende adottare per attuare la riforma del
settore socio – assistenziale nata dalla legge 13 del 2007. Prima
di tutto il possibile ricorso alla gare d’appalto e l’esclusione
dal catalogo dei servizi delle figure sanitarie che, Anffas in primo
luogo, ritengo essenziali per utenti disabili che, nella maggior
parte dei casi, sono costretti a seguire terapie in molti casi
complesse.
Anffas:
preoccupati per un bene comune costruito in più di 50 anni di
lavoro.
Il
presidente dell’Anffas, Luciano Enderle ha affermato che la
preoccupazione non riguarda l’Anffas ma il bene comune costruito
in mezzo secolo di lavoro dalle associazioni e dalla comunità
trentina per garantire una qualità di vita alle persone più
fragili. Andare al ribasso in una gara d’appalto o scardinare i
principi base di un sistema di welfare collaudato come quello
Trentino, ha affermato, è pericoloso anche perché le gare rischiano
di far perdere il lavoro prezioso dei volontari e della famiglie.
C’è, ha aggiunto Enderle, il bisogno di rendere il sistema più
efficiente, ma lo si deve fare facendo attenzione a non togliere la
sussidiarietà fatta da chi vive i bisogni quotidiani. Tutto è
contenibile economicamente, ha continuato, dalla sanità ai disabili,
ma chi governa deve valutare gli impatti. Perché, ha concluso
Enderle, il rischio è che per risparmiare oggi si debba spendere di
più domani.
Il
direttore dell’Anffas, Massimiliano Deflorian, ha posto
l’attenzione su un tema specifico: l’esclusione netta dal
catalogo dei servizi della possibilità dell’assistenza sanitaria.
Un tema che tocca direttamente l’associazione perché, ha
ricordato, tra gli 850 utenti seguiti circa 600 hanno bisogno di
terapie. Un’assistenza che oggi Anffas fornisce e che deve
continuare a fornire sia per i disabili che vengono accompagnati nel
servizio diurno e, a maggior ragione, in quello residenziale.
Una
richiesta condivisa e appoggiata da Lucia Coppola di Futura, da Paola
Demagri del Patt e da Alex Marini di 5 Stelle, anche se da parte
della dirigente del Servizio politiche sociali della Provincia,
Federica Sartori, il problema non è tanto quello di inserire gli
infermieri nel catalogo dei servizi ma di trovare un raccordo tra gli
aspetti socio assistenziali e quelli sanitari. Un tema sul quale si
lavorerà. In commissione su questo è intervenuto il presidente
dell’Ordine delle professioni infermieristiche, Daniel Pedrotti, il
quale ha sottolineato la necessità di prevedere la figura
dell’infermiere laureato nel catalogo dei servizi. Questo perché,
anche tra i disabili, aumenta la necessità di servizi sanitari
qualificati. Soprattutto per la gestione corretta delle terapie che
hanno bisogno, in molti casi, di essere accompagnate da valutazioni
cliniche.
Appm:
voucher
e rette rischiano di pesare sulla qualità dei servizi.
Anche
l’Associazione provinciale per i minori, rappresentata in Quarta
commissione dal presidente Marco Depaoli e dal direttore Paolo
Romito, ha messo in evidenza la preoccupazione per l’introduzione
della gare d’appalto e anche per il sistema dei voucher
per i servizi. Pensare ad una rotazione delle associazioni che
erogano i servizi per i minori che verrebbe introdotta con le gare
d’appalto, ha affermato Romito, avrebbe un impatto assolutamente
negativo sulla continuità educativa. I ragazzi seguiti dall’Appm,
sono oggi 300, si troverebbero di fronte a nuovi educatori (oggi
174), a relazioni personali spezzate e da ricostruire. Inoltre, e
questo è stato sottolineato anche dall’Anfass, le associazioni, di
fronte alla precarietà degli appalti, sarebbero disincentivare a
fare investimenti. Sul versante delle rette e dei voucher,
ha proseguito Romito, pur condividendone la logica, c’è il rischio
di irrigidire le prestazioni che, nel campo socio – assistenziale,
hanno invece bisogno di flessibilità per adattarle alle esigenze
individuali dei ragazzi. Inoltre, ha chiuso Romito, pensare alla
compartecipazione alle spese da parte delle famiglie nella stragrande
maggioranza dei casi seguiti da Appm è semplicemente impossibile.
Infine,
in Quarta commissione, in questa “ricognizione” sulla riforma del
sistema socio – assistenziale, seguita all’approvazione da parte
del Consiglio della risoluzione proposta da Alex Marini di 5 Stelle,
è intervenuta Anna Giacomuzzi presidente dell’Associazione
nazionale educatori professionali che ha presentato l’intricata,
anzi confusa, situazione seguita dall’introduzione di queste figure
professionali nell’Ordine dei dei tecnici sanitari di radiologia
medica e delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e
della prevenzione.
La
lunga giornata di audizioni si è chiusa con l’intervento di Luca
Zeni del Pd il quale ha auspicato che la riforma, avviata con la
legge del lontano 2007, possa arrivare in porto in tempi rapidi.
I LAVORI DI QUESTA MATTINA
Le audizioni della Quarta Commissione erano iniziate questa mattina. Dal
2021
in
poi forse
solo
5 delle 400 cooperative sociali del
Trentino sopravviveranno
se
con il nuovo sistema provinciale per
l’affidamento dei servizi alla persona le Comunità di valle
dovessero preferire la
logica delle
gare
d’appalto
alla
formula
della
co-progettazione.
Formula
che
l’assessorato competente – Stefania Segnana era
presente con il dirigente
Ruscitti – dovrebbe privilegiare non solo a parole
ma
con scelte politiche chiare
a
tutela del radicamento,
delle relazioni con il territorio e della qualità dei servizi alla
persona assicurati negli
ultimi decenni
dai soggetti
del Terzo Settore. A lanciare sia
l’allarme
sia
questa proposta sono
stati prima
la
Consulta provinciale delle
politiche sociali, poi
i sindacati confederali e
infine
i
rappresentanti delle
cooperative di
servizio alla
persona,
tutti
ascoltati stamane dalla
Quarta Commissione presieduta da Claudio Cia. Una
Risoluzione
approvata
nei mesi scorsi dal Consiglio impone
alla Quarta
Commissione di
acquisire
il parere di questi e
altri soggetti
(si
veda per questo il comunicato successivo)
in merito alle linee
guida sull’affidamento
dei servizi socio assistenziali. Linee
che attueranno la
legge provinciale 13 del 2007 (la “riforma del welfare) dal
cui regolamento dipenderà,
appunto, il
futuro
sistema
dei
servizi sociali, che
nel Trentino coinvolgono in larghissima misura il privato-sociale.
Consulta
delle politiche sociali e Terzo
Settore
hanno
chiesto il rinvio della
scadenza del giugno 2021 fissata dalla Giunta
per
la definizione dei
nuovi
criteri di
affidamento
dei servizi,
per
permettere
approfondimenti
e chiarimenti
sul previsto
cambiamento delle
regole.
LA
CONSULTA PROVINCIALE PER LE POLITICHE SOCIALI
Occello:
cooperative
a rischio fallimento.
Presente
l'assessore alle politiche sociali Stefania Segnana e il dirigente
Ruscitti, ad essere ascoltata per prima è stata la Consulta
provinciale delle politiche sociali, per
la quale sono intervenuti il
presidente Massimo
Occello, i
consiglieri Loris
Montagner e
Massimo
Deflorian
sottolineando
innanzitutto il confronto avuto dall’organismo con i territori.
Confronto avvenuto con 107 rappresentanti di più di 70 realtà del
Terzo Settore, esponenti delle Comunità di valle e assessori locali,
i cui risultati sono raccolti in un documento
di
11 pagine (allegato).
Occello
ha
sintetizzato le principali criticità e richieste emerse in merito ai
nuovi criteri indicati dalle linee guida. Innanzitutto, ha ricordato,
i
soggetti del Terzo Settore chiedono tempo per avere chiarimenti e per
approfondire le
novità.
E
ha segnalato che il problema
principale di
questi soggetti è
la sostenibilità economica del sistema per
l'impresa
cooperativa. Per
una media
azienda sociale implementare
la qualità prevista con le nuove regole comporterebbe altri 30.000
euro
di spesa e
15-20.000 di
successiva manutenzione.
Secondo
problema: oggi il margine
netto di
utile di queste imprese sociali è
del 2,5-3% e
l'incremento
dei costi sarebbe
del 5%
circa. Secondo
Occello, quindi, nel 2021,
quindi,
delle oltre 400 cooperative
e associazioni quelle
che
riusciranno a resistere in queste condizioni si contano sulle dita di
una mano. L’aumento
della retribuzione per ciascun operatore di una cooperativa sociale
sarebbe in media del 20%.
Per
il presidente sarà difficile a queste condizioni trovare un accordo
tra mondo
cooperativo e sindacati.
Eppure
un accordo si deve trovare se si vuole salvaguardare il sistema del
welfare del Trentino e perseguire gli ambiziosi obiettivi di questa
riforma dell’affidamento dei servizi. Il
catalogo delle professioni per le cooperative comporta nuovi costi,
con
posizioni
e livelli che si alzano di
molto.
“Qui
il rischio è che salti il sistema
trentino della
cooperazione sociale.
Per
evitare questo pericolo servono risorse
che
sostengano il sistema
pubblico degli
affidamenti
che si credeva fosse a costo zero, mentre così non è. Qui si va
verso il fallimento”, ha
ribadito il presidente della Consulta.
“L'utile netto di una cooperativa come
quella guidata da Occello è di
90.000 euro su un bilancio di quasi 4 milioni di euro. Proiettato nel
2021 la
cooperativa
andrà a perdere 150.000 euro e dovrà dichiarare lo stato di crisi.
Per il
risanamento occorrerebbe
ridurre
fin
d’ora gli
stipendi”. Ma
ecco la speranza: “pare
– ha
aggiunto Occello – che per
reperire
le
risorse l'assessore abbia annunciato un'apertura e che quindi
nel
bilancio 2020-2022 vi siano
ulteriori risorse
allocate nel fondo di riserva”.
Le
dichiarazioni non bastano: servono indicazioni precise alle Comunità
di valle.
Il
presidente ha evidenziato che anche se la scelta fosse quella di
evitare le gare d’appalto e
si privilegiassero le
procedure collaborative della co-progettazione, questo comporterebbe
la necessità di approfondire
le
questioni degli degli
aiuti di Stato, dei titoli per cui i singoli soggetti hanno in uso le
sedi (proprietà,
affitto, affitto agevolato), dei contributi de minimis,
dell'accreditamento libero o di secondo livello, delle tariffe, delle
rette e dei voucher. Voucher che sono
stati evocati ma
per
i quali non
è
stata data dalla Provincia un'indicazione
precisa
alle
comunità di valle. Anche
per quanto riguarda i contratti del personale delle cooperative,
secondo Occello “non bastano
le clausole sociali per risolvere i problemi”. Perché
il
problema è cosa accade a una cooperativa sociale dopo che è stata
sconfitta nella partita per una gara d’appalto.
Le
proposte: tutela dei funzionari, costi del personale, scaglionamento
nel tempo.
Ecco
allora le proposte della Consulta. Primo:
rendere
più vincolanti le linee
guida nella
definizione delle responsabilità
delle stazioni affidanti. Come?
Non limitandosi a dichiarare che
gli appalti sono residuali e
a spingere per la co-progettazione. Servono garanzie. Perché un
conto è
dire che non si devono
fare
gli appalti e un'altra è che
poi questo avvenga realmente.
Occorre
secondo il presidente rafforzare
la
tutela giuridica
dei
funzionari, altrimenti
la gara d’appalto
non
sarà certo l'ultima
delle procedure alle quali si
farà ricorso.
Secondo:
occorre
affinare il catalogo prestando
più attenzione
ai profili professionale e al personale, anche per
i costi.
Serve poi scaglionare l'impatto organizzativo nel tempo, per attuare
nel miglior modo possibile la riforma del 2007. Parliamo
– ha ricordato – di 400
cooperative
il cui valore complessivo stimato è di oltre
100 milioni di euro. Lo scaglionamento nel
tempo permetterebbe
di attenuare
la
“botta” che
si causerebbe se si facesse tutto
insieme. Ancora,
per
rendere
preferibili le procedure
non
di gara bisognerà inserire esplicitamente questo obiettivo nei piani
sociali delle Comunità di valle e del Comune di Trento. Si
dovrà infine maturare
la consapevolezza che serviranno più risorse per mantenere il
sistema del welfare nel tempo, perché
con
il
livello
di qualità prefigurato
i costi porterebbero le cooperative al fallimento.
“Questo
– ha concluso Occello – non è un tema da maggioranza
o da
opposizione
ma del Trentino. Perché
dagli affidamenti
dei
servizi e dal catalogo
dipende
la sostenibilità o meno del nostro sistema di welfare”.
Valutazione
dei soggetti non solo ex post ma anche iniziale e in itinere.
La
vicepresidente della
Consulta Liliana
Giuliani ha evidenziato che in questi anni di stasi si è allentato
il dialogo tra gli enti del Terzo Settore e la parte politica della
Provincia. Ora
si sta
recuperando terreno,
ma per riuscirci ci vuole tempo. Gli enti del Terzo Settore non sono
contro il cambiamento, ma chiedono che sia governato. Infine per
Giuliani il
tema della valutazione, che può apparire l'ultimo step del processo
di accreditamento. Non può esservi solo una valutazione ex, ha
spiegato, ma
serve ex ante e in itinere se
si vuole una corretta co-progettazione.
Occorre recuperare una prossimità e una fiducia reciproche. Al
riguardo riguardo
Occello ha
aggiunto che
nel nuovo
regolamento
proposto
non
c'è un sistema di accreditamento che tenga presente la valutazione
del servizio prestato e la sua durata negli anni. Sicuramente il
Comune di Trento e le Comunità di valle hanno referenze, avendo
servito
il popolo per tanti anni. Ma
il nuovo modello prevede
una valutazione solo ex post senza
tener conto della
storia di
questi servizi.
Non conta, quindi,
che
un soggetto abbia fatto bene o abbia fatto male.
Giorgio
Casagranda, consigliere
della Consulta
ha richiamato
alla necessità che anche il mondo del volontariato si impegni in uno
sforzo
di adeguamento alla nuova situazione e alla riforma del Terzo
Settore. Questo
per evitare il
più possibile che a
soffrire del cambiamento sia l'utenza
finale. Questo, ha
concluso, dev'essere
un momento di crescita per tutti e non di maggiori problemi.
Nel
welfare trentino esiste il “nero” e servono buone regole anche
per i privati.
Sempre
Occello ha poi sollevato il problema del monopolio pubblico del
settore quando i budget disponibili stanno calando e i bisogni
aumentano. Il sistema che abbiamo costruito è costoso, ha
proseguito, e per questo bisognerebbe aprire il sistema del welfare
pubblico anche ai soggetti privati. Un mercato privato ben regolato
sarebbe un partner importante per il sistema pubblico. Non si tratta
di andare verso una deregulation, ma di definire buone regole, ha
precisato il presidente della Consulta per le politiche sociali.
Anche per far emergere il “nero” e contrastare gli squali che
sguazzano in questo settore senza render conto a nessuno. “Attenzione
– ha concluso Occello – a lucidare le scarpe già lucide di un
sistema pubblico aumentandone ulteriormente i costi”.
Le
domande dei consiglieri e le risposte di Occello.
Luca
Zeni
(Pd) ha chiesto se la Consulta dispone di documenti
per supportare
giuridicamente
la
tesi di una
maggiore regolamentazione del privato oltre al sistema autorizzativo
già previsto. E
ha chiesto
cosa significhi affermare che aumentare la qualità aumenta i costi.
Ultima domanda: quali sono i tempi che la Consulta ritiene congrui
per
chiudere la partita sui nuovi criteri, visto che
sul tema dell'affidamento dei servizi si sta lavorando già da un
anno e che vi sono delle scadenza da rispettare.
Il
presidente Occello ha risposto ricordando che il lavoro di
approfondimento svolto dal servizio provinciale competente ha messo
in luce anche elementi giuridici utili a dipanare la matassa. Quanto
ai privati, a suo avviso il mercato privato stenta a decollare un po'
perché la gente è abituata ad avere servizi gratuiti e un po'
perché “vi è molto nero”, ad esempio nel campo del badantato.
Questo mercato va regolamentato meglio. Quanto al perché alzando la
qualità non si riuscirebbero a coprire i costi, Occello ha risposto
segnalando gli oneri derivanti dalle consulenze necessarie ad una
cooperativa sociale per dimostrare di essere a norma. “Non si
possono trasferire i costi delle riforme sulle cooperative senza che
si rischi la loro chiusura”. Tempi: i soggetti coinvolti nei
servizi chiedono di essere istruiti meglio e per questo chiedono più
tempo. La scadenza del giugno 2021 andrà spostata avanti per
chiarire bene ciò che il regolamento implica.
Alex
Marini (5
Stelle) ha chiesto se vi siano indagini in questo settore visto che
Occello ha accennato al fatto che solo 5 imprese cooperative su 400
potrebbero sostenere i costi previsti dalla riforma.
Occello
ha risposto che è stata fatta una proiezione e applicando il
contratto che pesa per l'80-90% circa sui costi totali. Emerge che
per le cooperative di tipo A il solo contratto implicherebbe il 6% di
aumento. Risultato: circa il 3% di perdite. Vi sono oneri derivanti
dal contratto provinciale, oneri dovuti alle professioni e ai livelli
inseriti nel catalogo, altri costi derivanti dal sistema di qualità
che ammonterebbero per una cooperativa media a circa 30.000 euro,
solo per avviare il sistema. Ancora: bisognerà pagare tutti
consulenti per fare le verifiche dell’adeguatezza alle norme.
Occello ha ricordato di aver proposto alla Provincia di destinare più
risorse a sostegno dei piccoli soggetti del welfare, o l'attivazione
di una solidarietà tra le cooperative promossa dalla Federazione,
oppure di attivare tutte e due le misure insieme. “Poi però – ha
concluso il presidente – non se ne è fatto nulla, forse perché la
politica era impegnata altrove”.
I
SINDACATI CONFEDERALI
I
sindacati confederali: la Pat adegui da gennaio gli stipendi degli
operatori.
Per
la Cgil e la Uil sono intervenuti, presentando
un documento unitario sottoscritto anche dalla Cisl, i
segretari confederali Andrea
Grosselli e
Marcella Tomasi. Secondo
Grosselli
occorre
innanzitutto che la
Provincia consideri
le risorse destinate ai servizi socio-assistenziali
un
investimento. Questo
perché la
presa in carico dei bisogni sociali da parte di una comunità apre
alla
prospettiva
di un
contenimento
dei costi indotti per le casse pubbliche, ad
esempio nel campo sanitario. Se
questo è l'obiettivo è naturale che all'inizio, per concretizzare
le
novità
previste
dalle linee guida
servono risorse aggiuntive. Si tratta di investire soprattutto sulle
risorse umane interne alla pubblica
amministrazione per
governare questo passaggio e dare
al personale
le competenze necessarie.
Quanto
all’affidamento dei servizi sociali, anche secondo le tre sigle
sindacali il sistema
degli appalti deve restare residuale. Non per una questione
ideologica
ma perché altre forme di affidamento permettono di fare di più
spendendo meno. Investire
per i sindacati confederali vuol dire innanzitutto pensare ai 9.000
addetti del
settore
che
lavorano nel
privato-sociale,
che attendono da 8
anni un aumento dello
stipendio.
Se
questo aumento non arriverà dal sistema pubblico le cooperative non
potranno sostenere i
costi che non si possono scaricare sulle tariffe.
Solo
se la Provincia garantirà questi aumenti da subito, a partire dal
gennaio 2020, come previsto dal contratto,
anche il successivo processo di definizione delle regole sugli
affidamenti e sui cataloghi potrà
essere gestito
senza subire la pressione dei
costi.
Perché, ha
concluso Grosselli, se
vi
sarà una
pressione sul lato dei costi anche la qualità dei servizi sarà
un
obiettivo impossibile da raggiungere.
Puntare
anche sul contratto integrativo territoriale per pagare meglio gli
Oss.
Marcella
Tomasi
della
Uil ha ricordato
il contratto
integrativo territoriale in fase di rinnovo, che prevede anch'esso
costi a carico dei soggetti del Terzo Settore. La professionalità
degli Oss è ormai merce rara, ha
osservato, e quindi investire
di più su questo settore renderebbe questo lavoro più appetibile.
Si
tratta di investire per evitare pericolose chine
involutive in
questo settore.
Per
gli aumenti servono 3 milioni di euro in più nel bilancio.
Infine
a una domanda di Marini (5 Stelle) su come andrebbero
investite le maggiori risorse chieste dai sindacai visto che la
Provincia destina ogni anno più di 110 milioni ai servizi sociali,
Grosselli ha risposto che la prima soluzione è quella contrattuale.
Il bilancio pubblico dovrebbe immettere aggiungere milioni di euro
per garantire gli aumenti del 2019 con un più 5,5%. A regime
serviranno poi circa 4 milioni. Occorre inoltre diffondere i sistemi
equitativi, con la compartecipazione degli utenti sulla base delle
loro capacità. Terzo: servono investimenti sul welfare collettivo e
quindi sulla contrattazione territoriale che può essere uno
strumento potente per garantire ai cittadini risorse aggiuntive per
avere un budget con cui far fronte ad un bisogno. Ad esempio i tre
miliardi gestiti da Laborfonds sono sotto-utilizzati. Con queste
risorse si potrebbe aumentare il budget e la capacità di spesa delle
famiglie perché possano fronteggiare situazioni di non
autosufficienza.
LE
COOPERATIVE E IL FORUM DEL TERZO SETTORE
Bassetti
(Cnca): non disperdere il patrimonio di esperienza delle cooperative.
Introdotto
dal vice della Federazione cooperative Italo
Manfredini,
il
presidente
del Cnca (Coordinamento
nazionale comunità di accoglienza)
Claudio
Bassetti
ha rilevato
che i
tempi imposti per
arrivare all’introduzione dei nuovi criteri sono
troppo
stretti
mentre
occorre approfondire
con la necessaria ponderazione le scelte da compiere a favore della
qualità del welfare. Per
Bassetti la
prima
criticità
sta
nell'affidamento
dei
servizi con il
metodo della
gara
d’appalto,
che
rischia di far prevalerre la logica del minor costo quando vi sono
strumenti con
cui incentivare il volontariato al
di fuori
dalle logiche di mercato. Servono per questo scelte politiche fondate
sulla consapevolezza delle differenze
qualitative tra l'offerta più
economica
e
altre.
Si tratta di non
subordinare fornitura
dei servizi sociali
alla
logica del puro mercato,
per valorizzare invece
il radicamento sociale e comunitario dei soggetti che operano in
questo campo anche
con il
volontariato. Per
questo è preferibile la formula dell'accreditamento
aperto, lasciando
la scelta dell'appalto
ad
un livello residuale, mentre oggi proprio
quest’ultima rischia
di essere la più diffusa.
C'è poi
per Bassetti il
problema della sostenibilità economica. Per
la qualità dei servizi prevista dal nuovo sistema servono
risorse che non
pensabile attingere né dagli utenti con le tariffe, ferme da 12
anni, né dal patrimonio delle cooperative.
Vi è poi il problema del
personale per il quale i nuovi criteri esigono requisiti
e titoli professionali.
Bassetti ha ricordato che le cooperative
sociali grazie
al loro radicamento territoriale sono
in grado di realizzare una raccolta fondi importante nei territori in
cui operano.
Se
passasse la
linea delle gare d'appalto si avrà
un
risparmio solo virtuale mentre si accentueranno la
mancanza di personalizzazione
dei
servizi e
si
allargheranno con il tempo le situazioni di disagio. Il punto è
riconoscere che non ci si può permettere di disperdere il patrimonio
di esperienza accumulato dalle cooperative
sociali
sul territorio. Cooperative che sono sono
veri
e propri “sensori
sociali” in grado di costruire opportunità e comunità. Il rischio
è che vengano cancellate esperienze no profit radicate nei territori
con un mix di professionalità e volontariato finalizzato al bene
comune.
Il
Consolida chiede alla Provincia di orientare le Comunità di valle.
Serenella
Cipriani del Consolida ha evidenziato che “il Terzo Settore non
mangia risorse ma ne permette la ridistribuzione e ne incrementa la
disponibilità grazie al proprio radicamento sul territorio. Per
Cipriani occorre che la Provincia dia valore al Terzo Settore con
risorse che ne riconoscano il ruolo. Come? “Le Comunità di valle –
ha proposto – vanno orientate dalle politiche dalla Provincia,
dando centralità al ruolo del Terzo Settore”. Altro sforzo
richiesto: trovare risorse per fronteggiare gli effetti del rinnovo
del contratto dei lavoratori. “E’ ben vero, ha ricordato
Cipriani, che l'assessore Segnana ha dichiarato che l'affidamento dei
servizi tramite gara sarà residuale, ma allora occorre che la
Provincia orienti le Comunità in questo senso per premiare la
qualità e non il prezzo. Dal canto suo, ha concluso Cipriani, il
Consolida cercherà di reperire altre risorse”.
Il
Cip: qui sono in ballo migliaia di posti di lavoro.
Angelo
Prandini della cooperativa La Bussola, ha avvertito che qui sono
in ballo migliaia di posti di lavoro e servizi sociali primari. A suo
avviso affidare un servizio di questo tipo con gli strumenti di
co-progettazione rimette al centro la partita economica. Le linee
guida della Provincia prevede anche lo strumento della
co-progettazione ma poi le Comunità di valle scelgono la gara
d’appalto che appare più tutelante. Ecco perché la Provincia deve
fornire una strategia e indicazioni precise e non limitarsi a
considerare residuale il ricorso alle gare d’appalto. Si è in
attesa di una direzione politica forte che si attagli alla realtà
specifica del Tretnino. La fiducia di un territorio e quindi anche la
possibilità di reperire fondi dalle comunità locali, non si
acquista vincendo gara d'appalto ma perché la gente si fida di chi
lavora bene a servizio delle persone.
Fabiano
Lorandi ha richiamato l'attenzione sul fatto che nell'operazione
ascolto avviata dalla Pat per il riordino del sistema del welfare del
Trentino dovrebbero essere coinvolti anche coloro che di questi
servizi sono destinatari. A suo avviso vi è ancora il tempo e lo
spazio per ascoltare anche queste persone, facendo così
un'operazione di prevenzione che costituisce un investimento e un
risparmio. In secondo luogo Lorandi ha suggerito di mettere in campo
una valutazione d'impatto su ciò che attualmente il sistema di
welfare trentino produce, anche in termini di gradimento e di
criticità espressi da chi usufruisce dei servizi. Il rischio è che
si vada verso una forzosa omogeneità delle risposte da dare con i
servizi.
Sempre
per il Cip Paolo Damianis ha osservato che fondamentali
sono gli scambi dati dai servizi delle cooperative sociali non solo
in termini di assistenza ma di relazioni. Ciascuno dei protagonisti
si dà una mano mentre la competizione ostacola il benessere
individuale. Il welfare migliora la qualità della vita evitando
l'isolamento che comporta poi dei costi a carico delle comunità.
Oggi siamo già in forte competizione tra cooperative e aumentare
ancor più questa competitività snaturerebbe i servizi.
Mario
Defranceschi ha messo in guardia dal rischio di affidarsi al
“tranello delle procedure che spingono a lavorare nel welfare con
un modello premiante, mentre in questo campo si lavora meglio con un
modello che punta a valorizzare”.
Sandra
Dorigatti ha evidenziato che l'attuazione della legge 13
favorisce un riavvicinamento conoscitivo tra gli apparati e le realtà
territoriali del welfare trentino. Questo percorso deve concludersi
con il rafforzamento dei servizi alla persona, il cui valore sta
nella valorizzazione delle differenze. Anche a suo avviso l'elemento
mancante in questo processo è la valutazione con cui completare un
percorso di qualità. Il Trentino ha saputo sostenere questa
integrazione sussidiaria tra pubblico e privato-sociale e oggi
occorre continuare in questa direzione.
Forum
del Terzo Settore: la Pat scelga tra logiche compartecipative o
competitive.
Andrea
La Malfa
del
Forum del Terzo Settore ha ricordato
che a causa dell’invecchiamento della popolazione i servizi di
welfare avranno sempre
più importanza.
Ha aggiunto che nel Trentino
il numero degli operatori attività in questo settore è doppio
rispetto al resto d'Italia e
che per l’affidamento dei servizi alla persona la
co-progettazione corrisponde
al
principio di sussidiarietà previsto dalla Costituzione. Quanto
alla fiducia necessaria in questo campo la scelta politica è tra
logiche compartecipative e logiche puramente competitive. Anche nelle
prime vi è competizione, ma la co-progettazione permette di far
emergere i bisogni dal basso con logiche partecipative di tipo
democratico come avviene per i soci delle cooperative. Nelle società
di capitale le persone usano un servizio
ma non partecipano a pieno titolo al
sistema.
Questo
è
un
concetto chiave per
distinguere la co-progettazione dagli
appalti.
Quanto
all'Irap
applicata
anche alle associazioni
che aiutano i soggetti svantaggiati nei servizi di assistenza, La
Malfa ha ricordato che nel
luglio scorso il Consiglio provinciale aveva
approvato
un ordine del giorno che
va ora attuato per
risolvere il
problema.
Le
domande dei consiglieri e le risposte.
Marini
(5 Stelle) ha chiesto come andrebbe condotta la valutazione dei
servizi di cui hanno parlato Lorandi e Dorigatti.
Coppola
(Futura) ha apprezzato la qualità dei contributi forniti e
sottolineato che l'esperienza pregressa accumulata dai soggetti del
Terzo Settore, che non può essere ignorata come accadrebbe se
venisse privilegiata la logica delle gare d'appalto. Anche per
Coppola c’è ancora tempo per poter accogliere questa istanza di
approfondimento e ha chiesto per questo il parere del dirigente
Ruscitti e dell'assessore Segnana.
Lorandi
ha risposto dando la disponibilità a partecipare ad un percorso di
valutazione che la Provincia indicherà. E ha aggiunto che da parte
del Terzo Settore non vi è alcun timore di essere valutati e anche
criticati per migliorare i servizi alle persone. Persone che proprio
per questo andrebbero ascoltate. Perché la prossimità a queste
persone consente di cogliere e ridefinire i bisogni che esprimono e
questo può avvenire solo in un rapporto di fiducia e continuità.
Prandini
ha osservato che se vi fosse una valutazione saremmo tutti meno
preoccupati perché altrimenti restano solo le “sparate” di chi
vuol vincere una gara. con le tecnologie non è così difficile
sapere cosa le persone pensano dei servizi.
Mauro
Tommasini del Consolida ha evidenziato che occorre conoscere da
vicino la realtà del Terzo settore che il Trentino ha già in casa e
che collabora già strettamente con il servizio sociale pubblico
territoriale impegnato a sostenere le persone in difficoltà. Questo
è un elemento cruciale per valutare i servizi. C'è differenza in
tal senso tra presa in carico e prestazione: c'è infatti bisogno di
“accompagnare” e affiancare le famiglie, non di standardizzare le
risposte con gli appalti. Il welfare oggi ha bisogno di reti, di
flessibilità e di radicamento nel territorio, non di
standardizzazioni.
Dorigotti
ha ricordato che per la valutazione di impatto esistono nel Trentino
istituti specializzati come la Fondazione Demarchi. Occorre poi avere
sia una valutazione dell'impatto sulle persone nell'immediato sia una
valutazione nei tempi più lunghi per capire come poi la vita di una
famiglia è cambiata. Dare poi a questa valutazione un carattere di
sistematicità sarebbe molto utile.
Claudio
Cia (Agire) ha osservato che occorre riconoscere anche le
anomalie da correggere nel sistema attuale. Tra queste il fatto che
per l'assistenza domiciliare le famiglie scelgono non solo in base
alla fiducia ma anche in base alla cooperativa che copre un certo
territorio. In questo modo non si favorisce il merito e gli operatori
vengono cambiati più volte a prescindere dalla qualità.
Paolo
Ghezzi (Futura)
ha giudicato strategico il tema per il Trentino di domani e si è
detto certo che l'assessora ascoltando questi contributi avrà
elementi in più per formare una visione politica nella Giunta che
per la verità non è ancora chiara. Anzi,
ha aggiunto, l’esecutivo ha espresso segnali
contraddittori anche in questo campo. Ghezzi ha poi invitato i
rappresentanti del Terzo Settore a
prestare attenzione alle leggi di bilancio che da lunedì saranno
all'esame della Prima Commissione, per proporre eventuali
suggerimenti e modifiche dato
che su questo documento si basano
anche
le
politiche sociali
del Trentino.
Alessia
Ambrosi (Lega)
ha concluso
sottolineando
che
l'eventuale costo da sostenere oggi nei servizi sociali è un
investimento per il futuro.