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22/06/2016 - In aula o in commissione

Cecile Kyenge: "L'Europa dovrà rimuovere le cause del fenomeno migranti"

La V Commissione ha incontrato l'eurodeputata che ha presentato il suo dossier

Cecile Kyenge: "L'Europa dovrà rimuovere le cause del fenomeno migranti"

I punti salienti della relazione approvata a larga maggioranza dal Parlamento europeo

Cecile Kyenge: 'L'Europa dovrà rimuovere le cause del fenomeno migranti'

​​La V Commissione del Consiglio provinciale ha incontrato stamane Cecil Kashetu Kyenge, autrice del dossier dedicato all'immigrazione e all'asilo politico presentato al Parlamento europeo e approvato a larghissima maggioranza sia per fronteggiare la crisi umanitaria in corso tenuto conto anche dei profughi causati dalla guerra in Siria e in marcia lungo la rotta balcanica, sia per delineare la strategia politica complessiva dell'Ue, dal momento che questo fenomeno epocale interesserà ancora a lungo il Vecchio Continente.

Oltre l'emergenza. “L'immigrazione – ha esordito K – rappresenta un dato strutturale del nostro tempo e della nostra società. Occorre quindi un approccio diverso per fornire delle soluzioni. Serve quindi un approccio olistico, cioè globale, che consideri tutte le sfaccettature del fenomeno. Il tutto in funzione di un progetto di breve, medio e lungo termine. Si tratta di superare una politica emergenziale per elaborare una politica lungimirante, con azioni sia interne che esterne. Soluzioni tipo “rimandiamo i migranti a casa loro”, sono utili solo in campagna elettorale. Il contesto più generalizzato del problema è la crisi dei valori europei. Fino ad oggi il fenomeno immigrazione è stato affrontato con un approccio improntato alla sicurezza. Ma questo approccio è insufficiente. Chi fugge fugge da guerre, povertà, problemi climatici. Il fenomeno migratorio può travolgere solo un'Europa divisa, mentre un'Europa unita può rilanciare di fronte a questo fenomeno i valori europei.

I primo punto evidenziato dalla relazione Kyenge al Parlamento europeo riguarda l'attività di “ricerca e salvataggio” per attuare il principio di solidarietà tutelando la vita umana. “Mare Nostrum – ha ricordato l'eurodeputata – aveva salvato più di 150 mila persona portando all'arresto di 300 scafisti. Si tratta di predisporre una risposta permanente in mare dell'Unione europea”.

Secondo punto. Kyenge ha messo in luce l'esigenza di una gestione solidale a livello europeo delle domande d'asilo. Si tratta di superare l'attuale regolamento di Dublino che prevede tutti gli oneri dei migranti a carico dello Stato di primo approdo. Occorre, ha spiegato Kyenge, andare verso un sistema centralizzato attribuendo le responsabilità non più ad un solo Stato ma all'Unione e quindi a tutti gli Stati membri. Per questo la domanda d'asilo va rivolta non pi al singolo Stato di approdo ma all'Unione europea. Il principio è quello dell'equa distribuzione delle responsabilità.

Secondo Kyenge la Commissione ha presentato a maggio una proposta non innovativa né coraggiosa rispetto a Dublino: il principio sarebbe “chi non accoglie paga” con unn approccio burocratico che non tiene conto di tutti i fattori. Si pagheranno 250.000 euro per ogni migrante non accolto, come alternativa all'accoglienza. Un errore, secondo Kyenge, perché la Commissione che avrebbe tutti i poteri per indurre gli Stati membri ad assumersi una responsabilità, impone invece una sanzione. Vi sono altri strumenti, come l'apertura di procedure di infrazione, che non richiedono il consenso di uno Stato membro. Per Questo K ha preannunciato la volonmtà di costringere la Commissione a mettere in atto iniziative per costringere gli Stati membri a superare il loro egoismo. Occorre avviarsi ad un approccio centralizzato.

Terzo punto: la ricollocazione interna ed esterna. Gli Stati membri avevano preso l'impegno giuridico di ricollocare 160 mila rifugiati entro il 2017. Oggi, a pochi mesi dalla scadenza i migranti ricollocati sono 2.280, 1503 dalla Grecia e 777 dall'Italia. Numeri molto bassi mentre l'Ue chiedeva di ricollocare almeno 6.000 persone al mese. Anche su questo punto la Commissione dovrebbe prevedere la procedura di infrazione verso gli Stati membri che non adempiono ai loro obblighi. Dal settembre ad oggi solo poco più di 2.000 persone sono state ricollocate.

Quarto punto: i corridoi umanitari, che vanno attivati contro i viaggi della morte e il traffico di vite umane. Questo attivando visti umanitari. Il primo corridoio umanitario è stato realizzato in Italia, dalla comunità S. Egidio e dalle chiese evangelica e valdese con la collaborazione dello Stato. Trento è una delle 4 città d'Italia ad aver accolto rifugiati provenienti dal corridoio umanitario.

Quinto punto: potenziare l'azione europea contro il traffico e lo sfruttamento lavorativo dei migranti. Si chiede in sostanza alla Commissione e all'Europa di rafforzare questa lotta allo sfruttamento. Una risoluzione votata a Strasburgo un mese fa ha riguardato la lotta al traffico degli esseri umani.

Sesto punto: salvare Schengen e la libertà di circolazione delle persone, evitando la chiusura delle frontiere compresa quella del Brennero. La Commissione sta lavorando ad una gestione comune delle frontiere europee con una guardia costiera e di frontiera. Frontiere esterne che devono diverntare le frontiere degli Stati membri. Serve per questo un regolamento al quale stiamo lavorando e K lo sta seguendo molto da vicino. La guardia costiera italiana ha esperienza in materia di ricerca e salvataggio in mare e si tratta allora di integrare le forze in un progetto europeo globale.

Settimo punto: rafforzare i canali legali di immigrazione anche economica modificando la carta blu. La carta blu è una direttiva emanata nel 2009 dalla Commissione ed adottata negli Stati membri. Ma nel 2014 in tutta l'Ue sono stati rilasciate 14.000 carte blu. La Germania 12.000. Siamo 28 stati membri, ne restano 2.000: segno che la Carta blu non ha funzionato. Ogni Stato ha la propria legge sull'immigrazione, che non tiene conto delle sanatorie che hanno permesso di aprire le porte, e per questo ha rilasciato 112 Carte blu. L'idea è di riprendere e adattare questo strumento adattandolo al mercato del lavoro e ai bisogni attuali. Tra le cause forzate dell'immigrazione c'è anche la ricerca di un lavoro e la speranza di vita per sé e la propria famiglia. Bisognerebbe modificare la Carta blu facendola diventare uno strumento centralizzato e non più alternativo alle leggi nazionali. La Carta blu si vorrebbe aprisse agli immigrati muniti di un'alta specializzazione. Le risorse si potranno ricavare dalla Carta blu superano i 2 miliardi, che potranno rientrare nelle casse dell'Ue una volta messe in campo. Insomma anche l'immigrazione può diventare una risorsa per i Paesi di accoglienza.

Ottavo punto, comunicato dalla Commissione pochi giorni: promuovere un piano d'azione europeo di integrazione dei migranti. La domanda è: oggi stiamo investendo molto suylla prima accoglienza dei migranti, ma occorre interrogarsi se esiste una fase successiva e come verrà gestita per non lasciare su una strada i migranti dopo la prima accoglienza. Il piano per l'intergrazione dovrà riguardare tutti i settori, affrontare le sfide demografiche.

Nono punto. Serve infine una strategia europea che rafforzi il partenariato dell'Europa con i Paesi dell'Africa in particolare sub sahariana. La proposta è di una cooperazione rafforzata potenziando strumenti come il fondo fiduciario per l'Africa proposto dopo il summit a La Valletta dell'anno scorso. Non bastano 1 miliardo e 800 milioni di euro proposti dalla Mogherini. Se diamo importanza a quest'azione esterna dobbiamo anche saper investire su questo punto. La proposta del governo italiano del Migration compatc presentata alla Commissione va in questa direzione.

“Si tratta – ha concluso Kyenge – non di contrastare l'immigrazione ma le cause profonde che spostano e muovono le persone. L'Europa tutta unità può farcela ed è per questo strategica la cooperazione politica e non solo economica con l'Africa”. L'eurodeputata ha ricordato di essere anche vicepresidente dell'assemblea paritetica tra ACP (Africa-Caraibi–Pacifico) e Unione europea. A suo avviso oggi occorre chiedersi che natura avrà questo tipo di cooperazione tra Unione europea e Paesi di provenienza dei migranti. La proposta migliore per K è la regionalizzazione: rafforzare i legami Ue-Africa, Ue-Caraibi e Ue-Pacifico anche a livello politico. Questo sforzo punta coinvolgere anche la società civile perché i progetti devono essere a lungo termine.


La discussione. Rimuovere le cause e puntare allo sviluppo.


Giacomo Bezzi ha aperto la discussione osservando che “l'Europa oggi è in decadenza e si fatica a disegnare una prospettiva di sviluppo tra 30-50 anni in Europa. Il continente che si svilupperà di più sarà a mio avviso l'Africa. Stento anche a vedere quali risorse finanziarie si potranno trovare per permettere ai giovani immigrati di integrarsi in Europa. Ho partecipato alle proteste dei migranti a Trento: un 50% chiede di andare altrove, i restanti chiedono lavoro. Sono ragazzi che possono sicuramente lavorare. Ma il lavoro potrebbero trovarlo in futuro in Africa e non in Italia. Che prospettive vi possono essere allora?”.

Lucia Maestri ha osservato che sul tema dell'immigrazione l'Europa ha fatto flop come dimostra anche la prospettata chiusura del Brennero. La domanda è quale potere ha il Parlamento europeo di indirizzo vero sulla Commissione, pur avendo adottato a maggioranza questo documento politico. Sul tema dell'immigrazione si gioca il futuro dell'Europa unita, ma è evidente che l'attuale Europa non ce la può fare. Vi sarebbe bisogno di un riequilibrio dei rapporti tra i poteri del Parlamento e degli altri organismi di governo europei. Serve inoltre un lavor culturale sulla popolazione europea e anche trentina. Urge un impegno cogente per sviluppare politiche di integrazione una esistenza “umana” a chi arriva nelle nostre terre.

K. ha risposto a Bezzi spiegando innanzitutto che le risorse per i giovani che arrivano fin qua provengono dallo sfruttamento delle loro forze nei campi e nelle miniere. Non tutti riescono a pagare. Il denaro proviene comunque dal lavoro nero di questi giovani per pagare i trafficanti. C'è una rete importante dietro questo traffico di esseri umani. Per le donne la situazione è ancora più triste, perché per arrivare in Europa sono costrette a prostituirsi o vengono violentate. Queste persone sono trattate come merci di scambio. Dalla Somalia all'Etiopia vengono venduti a un altro gruppo di trafficanti fino a che arrivano in Libia da cui s'imbarcano per attraversare il mare. Secondo: tutto dipende dai nostri accordi con questi Paesi, nei quali dobbiamo mettere l'etica al centro di tutte le intese economiche e politiche. K. Ha portato l'esempio del cortana, l'oro, lo zinco che in base ad una decisione del Parlamento europeo dovrebbero avere la tracciabilità dall'estrazione al prodotto finito. Solo così si può contrastare lo sfruttamento del lavoro delle persone, perché queste ricchezza vadano a beneficio della popolazione. Su questo punto, ha spiegato K, il Parlamento è arrivato al Trilogo, sedendo allo stesso tavolo per co-legiferare insieme alla Commissione e al Consiglio, cambiando la proposta originaria.

Ultima risposta di K. a Bezzi: occorre puntare ad una cooperazione economica di lungo periodo con i Paesi in via di sviluppo per favorire anche la collocazione in Africa di PMI italiane che hanno molto da offrire a quegli Stati e al tempo stesso la possibilità di crescere. Si tratta di andare verso l'internazionalizzazione dell'economia e l'Italia ha tanto da offrire in termini di conoscenze e di posti di lavoro. Infine per K molti migranti fuggono per l'instabilità politica dei propri Paesi e l'Ue ha degli strumenti per questo, con cui accompagnare le elezioni e l'affermazione della democrazia in questi Stati, il sostegno ai movimenti dei giovani. Occorre accompagnare queste nazioni africane verso l'autosufficienza. Dall'Africa guardano alla libera circolazione delle persone e con le merci con invidia e sviluppare questa possibilità all'interno di quel continente sarebbe fondamentale. Perché oggi, ha spiegato K, su 10 persone che si muovono in Africa 9 restano in Africa e una arriva in Europa.

A Maestri K ha risposto sottolineando che occorre che nel Parlamento si lavori molto per la sensibilizzazione di tutti gli Stati membri, compresi quelli che ancora non hanno conosciuto questo problema. In questo modo il dossier può essere condiviso anche nei singoli Stati e non solo dentro il Parlamento. ​

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  • Cecile Kyenge
  • La V Commissione con Cecile Kyenge