L'audizione concessa dalla Quinta Commissione ad un gruppo di operatori della cultura
Senza stipendio da mesi i lavoratori precari di Muse, Mart e i tecnici dello spettacolo
Condizioni di lavoro aggravate dall'emergenza Covid-19
La
Quinta
Commissione presieduta da Alessia Ambrosi (Lega), ha concesso
ieri
sera un’audizione
a un
gruppo
di lavoratori precari della cultura trentina che avevano chiesto di
essere ascoltati dall’organismo
consiliare sulla
loro difficile
situazione
occupazionale, aggravata
dall’emergenza Covid-19.
Per
denunciare
i problemi che affliggono l’attività
professionale di
questi operatori e
che la pandemia rischia di rendere
insostenibili
nei
prossimi mesi,
sono
intervenuti in videoconferenza Tommaso
Baldo
della Fondazione museo storico del Trentino, Giovanni Viruso del
Muse, Valeria Marchi del Mart e Giovanni Gislimberti del settore
tecnici dello spettacolo.
I
tecnici dello spettacolo senza reddito da mesi.
Giovanni
Gislimberti,
referente di un tavolo di lavoro costituitosi
fra operatori tecnici
dello spettacolo trentino per
riflettere sul
futuro di
queste attività
professionali,
ha ricordato come senza
di loro non si potrebbe realizzare nessuno degli eventi
e
dei
tanti festival
che
ogni anno vengono organizzati sul territorio provinciale
e
che sono stati completamente
sospesi dal febbraio scorso a causa dell’emergenza epidemiologica.
Moltissime
manifestazioni di
ogni tipo – teatrali,
concertistiche, musicali, di danza, ecc.
–, di grande importanza per la cultura e il turismo in programma
nei
prossimi mesi sia
al
chiuso sia,
soprattutto,
all’aperto in
tutto il Trentino, sempre in base
alle
regole adottate per fugare il pericolo dei contagi sono già state
cancellate o rinviate comunque
a
dopo l’estate. Tutti
i lavoratori del mondo dello spettacolo sono
quindi
da
tempo e resteranno
inattivi, non si sa ancora per quanto, con
pesantissime ripercussioni sia economiche sia occupazionali per
ciascuno di loro.
Lo
stop imposto dall’epidemia ha portato ancor più alla luce le
precarie e instabili condizioni
di lavoro di
questi professionisti.
Innanzitutto
– ha sottolineato Gislimberti – non abbiano più nessuna entrata
da mesi. E
rischiamo seriamente di non averne anche nei prossimi. “Le Linee
guida nazionali
– ha
ricordato – indicano la
data del 15 giugno per l’eventuale
ripartenza
degli eventi e
degli spettacoli, ma tenuto conto delle restrizioni che si dovranno
rispettare pochissimi di noi torneranno al
lavoro. La maggior parte continuerà
a non percepire nessun reddito.
La strada che
molti di noi stanno pensando di intraprendere è quella
del ricollocamento professionale”. Per
questo a nome dei colleghi Gislimberti ha lanciato un appello alle
istituzioni pubbliche, a partire dalla Provincia, perché prendano
coscienza
dell’esistenza
dei tecnici e dei professionisti dello spettacolo e perché siano
interpellati
“in
modo da poter
spiegare le nostre
esigenze,
a
partire da quella di avere adeguate
tutele”. “Il
problema – ha concluso – è che non si
percepisce bene che anche
lo spettacolo è un lavoro da cui
dipende il reddito di molte famiglie”. L’auspicio
è che
la Pat si mostri solidale con questi operatori che
hanno creato per questo una piattaforma
“professionistidellospettacolotn” con
l’obiettivo di tessere
un dialogo ampio con tutte le categorie dei lavoratori coinvolti
nella
realizzazione di eventi
da
palcoscenico.
I
mediatori museali del Mart: superare l’esternalizzazione per
migliorare l’offerta.
Valeria
Marchi rappresentante dei mediatori museali del Mart, che
in Trentino ha tre sedi
due
delle
quali a Rovereto e la terza nella galleria civica nel
capoluogo provinciale, ha evidenziato come questa figura
professionale sia poco
conosciuta pur
operando da nei
settori
educativi
di
queste strutture.
Si
tratta di specialisti nel campo dell’educazione
al
patrimonio
e dei linguaggi artistici con laboratori didattici e creativi. I
gruppi interessati dalla
loto attività sono
di bambini e
ragazzi che frequentano le scuole, ma anche famiglie
e
disabili.
I
mediatori hanno il compito di facilitare
il contatto del pubblico con il
museo
e le sue mostre. Tutto il lavoro del Mart – ha
spiegato Marchi – si regge
sulla professionalità di questi lavoratori intermittenti, che prima
avevano contratti co.co.co. e ora vengono
chiamati dalla
cooperativa Mimosa alla
quale questo servizio educativo è stato affidato esternalizzando il
comparto. Il
contratto intermittente attuale è peggiorativo rispetto
al precedente, perché ha ridotto drasticamente la retribuzione
oraria, parificata a
quella degli operatori
dei servizi delle pulizie nonostante
la formazione qualificata e la competenza professionale richieste.
Lo
stipendio non
è costante
e
nei
mesi estivi è spesso pari a zero. Non esistono tutele per malattia,
maternità
e paternità.
Questi operatori sono quindi costretti ad
avere occupazioni parallele
per integrare il reddito dal momento che le
paghe sono insostenibili. Eppure proprio
dai mediatori
museali
passa
quasi la metà del pubblico del Mart. Causa Covid-19,
ha
proseguito Marchi, da
febbraio i
mediatori museali del Mart non percepiscono nessuno stipendio e
nessun sussidio.
Non hanno
neppure la certezza
di poter
accedere al
contributo statale di 600 euro recentemente
introdotto dal governo.
Il Mart – ha
aggiunto – ha rifiutato
tutte le proposte di questi operatori.
A loro non è stata data alcuna comunicazione
sul
programma
del museo per il prossimo triennio. Sono
inoltre stati esclusi dai processi
di
organizzazione delle attività. Marchi
ha ricordato che i mediatori hanno elaborato una serie di proposte
per la definizione delle Linee
guida per
le politiche culturali
della Pat. A
loro avviso al Mart mancano soprattutto obiettivi
di sistema che andrebbero
individuati con la partecipazione
della scuole che rappresentano
il principale
bacino d’utenza del museo. Museo
che potrebbe fungere da “scuola”
oltre i confini dell’edificio scolastico. La Pat potrebbe sostenere
dei pacchetti cultura per il museo e creando percorsi tra istituzioni
museali. I
mediatori avrebbero anche la possibilità di progettare
contributi digitali educativi
anche
al di là della
didattica a distanza utilizzata per l’emergenza
Covid. Basterebbe
investire sul capitale
umano
e culturale che loro stessi costituiscono.
Infine
si potrebbe coinvolgere la città attraverso il Palazzo delle Albere
allestendo in quella sede mostre e laboratori didattici per
famiglie e scuole sfruttando anche
la
vicinanza
con
il Muse. Un’altra
criticità del Mart evidenziata da Marchi riguarda la promozione
centrata pressoché esclusivamente sui grandi eventi come
le mostra dedicate ad Antonello
da Messina e alla
Grande
Guerra. Ma
il museo vive anche al di là dei grandi eventi e per coinvolgere
il pubblico ha
bisogno anche dei piccoli eventi lungo tutto l’arco dell’anno.
Per
questo serve un costante rinnovamento della programmazione del Mart.
Infine Marchi ha sottolineato la poca attenzione
prestata
ai
lavoratori e alle loro professionalità. Le Linee guida per
la cultura individuano nella formazione
la
leva con cui rafforzare
la professionalità
educativa dei
mediatori museali.
Ma questo
obiettivo cozza
con l’esternalizzazione del
servizio voluta dalla Pat
negli ultimi anni sia
per il Mart che per il Muse.
Il
punto è che i musei hanno bisogno che l’educazione
sia
parte integrante dell’attività. Per questo i mediatori dovrebbero
lavorare a stretto contatto con
chi all’interno
dei musei
si occupa di collezioni e mostre. Puntare sulla specializzazione dei
mediatori museali attraverso
la formazione vuol dire anche contribuire economicamente a questo
obiettivo. Per
garantire una qualità alta di questo servizio
educativo servirebbero
contratti
solidi e si
dovrebbero tutelare
i diritti
fondamentali dei lavoratori. Per
questo, ha concluso Marchi, “chiediamo interventi immediati
e di
lungo periodo che
permettano di uscire
da questa situazione gravissima, rimuovendo
il ricorso all’esternalizzazione
del
nostro servizio e adottando
un contratto che stabilizzi i
lavoratori su 12
mesi o almeno
sulla
stagionalità. Occorre
poi assicurare l’organizzazione delle
attività didattiche museali e
garantire
dei bonus per la formazione sia all’interno che all’esterno del
museo con mostre e iniziative
didattiche.
Se si continueranno
a ridurre gli
importi delle gare d’appalto per i servizi educativi anche
nei
prossimi 5 anni, diminuiranno
ancor più le paghe dei lavoratori
da
cui dipendono queste attività. Con
il risultato di vanificare,
alla lunga, la possibilità di produrre il profitto al
quale il museo punta.
Tagliando
lo stipendio ai mediatori museali il Mart pensa di risparmiare ma
in realtà
finisce
per perderci riducendo l’offerta.
Le
guide del Muse: i numeri dimostrano che la logica di mercato non
paga.
Giovanni
Viruso del Muse ha lamentato i contratti fortemente penalizzanti
adottati
nei confronti dei lavoratori
come lui. I dati raccolti confermano che
la
precarietà
del lavoro
ha
ridotto
alla povertà questi operatori. Nell’arco
di sette anni
150 persone hanno lavorato per il Muse con
il ruolo di guide
qualificate, spesso provenienti dal altre regioni dando
lustro al museo
e
garantendone il
successo nel
tempo.
Questo
non ha però impedito ad oltre 100 di questi operatori di abbandonare
l’attività per aderire
a offerte
professionali più remunerative di
altri
musei anche all’estero. Alcuni
se ne sono andati per tentare di ripartire da zero sperando di
rifarsi un lavoro
altrove. Nessuno
dei 60 nuovi colleghi assunti al Muse ha potuto permettersi una
paternità negli ultimi 7 anni mentre le colleghe andate in maternità
hanno scelto di licenziarsi
non riuscendo a conciliare lavoro e vita personale. Questi sono
numeri inaccettabili – ha
protestato Viruso – che dovrebbero
allarmare e spingere a una rapida riforma del settore. A
questi lavoratori
per
l’assunzione sono richieste la
laurea e la conoscenza della lingua straniera. Il lavoro è
intermittente con lunghe pause tra un impiego e l’altro ed
è quindi difficile conciliare
professione
e vita familiare.
Qualcuno
– ha proseguito – potrebbe pensare che queste condizioni
di
lavoro siano state decise per necessità
di bilancio,
ma
allora occorre chiedersi se la cultura e l’educazione museale siano
da subordinare solo a logiche
di mercato o
non siano piuttosto da mettere in relazione con
il
mondo della scuola
e dell’università.
Poi, secondo
Viruso, c’è
da chiedersi quanto di
queste
logiche abbia beneficiato
alla fine il
museo, dal momento che questi operatori della didattica che si sono
licenziati hanno vanificato il grosso investimento compiuto dalla
struttura per la loro formazione. All’origine di questa logica di
mercato che ha penalizzato i lavoratori del Muse e lo stesso museo –
ha
osservato – c’è un
modello liberista che in
questi anni ha impedito di mettere al centro dell’attività le
persone e la cultura come principale risorsa da cui dipende la
qualità e la creatività dell’offerta. Non
è infatti pensabile un museo senza educatori – ha
concluso Viruso – perché i
mediatori permettono l’accesso dei cittadini a questi spazi.
Insistere su un modello consumistico della cultura
potrebbe compromettere
definitivamente questo rapporto vitale.
Tommaso
Baldo: per
evitare il tracollo dei musei la Pat cambi gli indirizzi politici
evitando le esternalizzazioni e valorizzando gli intermediari.
Tommaso
Baldo, che lavora alla Fondazione museo storico del Trentino, ha
precisato di essere stato, a differenza dei suoi colleghi,
assunto a tempo indeterminato come responsabile dell’area educativa
dell’ente. Per fortuna – ha
aggiunto – la Fondazione non ha esternalizzato i
servizi didattici, ma
una
parte dei lavoratori viene
assunta a
chiamata e in qualche caso con contratti a progetto. Altra
differenza del museo
storico: gli
operatori si recano in
tutte le scuole della Provincia evitando
di far muovere le
classi. Ancora,
loro sono stati i
primi a realizzare video-lezioni e didattica online per
gli studenti.
Baldo
ha spiegato che ciò è dovuto al fatto che questi lavoratori
si sono sottratti almeno in parte alle dinamiche denunciate dai
colleghi di Mart e Muse. Resta
però vero a suo avviso che si sta rischiando
il collasso di buona parte del sistema museale trentino. Metà dei
visitatori che passano per il Mart usufruiscono dei servizi
didattici. Le scuole sono una componente centrale dei visitatori.
Se al museo della guerra togliessero
le
attività didattiche,
la struttura dovrebbe chiudere. Gli operatori della didattica, o
mediatori, sono professionisti
laureati che hanno famiglia e che hanno scelto questo mestiere
facendo la fortuna del sistema museale trentino. Il visitatore che
entra in un muso del
Trentino non
incontra un
funzionario ma un
operatore che di solito è però
precario.
Tutto l’investimento compiuto
per decenni
sulla
formazione professionale dei mediatori è ciò che qualifica
l’offerta del museo. Tuttavia spesso
le ore di formazione e
di studio di questi operatori precari non
sono retribuite. Da febbraio, ha
ribadito Baldo, nei musei non
vi sono più attività didattiche ed
è rimasta solo la didattica
a distanza. “I colleghi sono a casa senza
reddito”.
Il
problema, ha proseguito, è che questa situazione
non finirà
domani:
a settembre vi saranno gli stessi problemi, accentuati dalla
difficoltà degli spostamenti per le classi. I grandi numeri nei
musei non sono qualcosa che rivedremo in fretta. Se questi lavoratori
della didattica
museale rimarranno a casa senza
lavoro e senza stipendio, il
rischio – ha
avvertito Baldo – è di
perdere un’intera generazione di professionisti. Occorrerà
quindi formarne
altri ma
per questo ci vorranno anni, anche per ri-creare
un rapporto con le scuole che poi va continuamente
coltivato.
Le ricadute – ha
osservato – saranno pesanti
anche sul sistema scolastico trentino, perché agli insegnanti
senza queste figure professionali ed educative mancheranno
supporti per la didattica
a
distanza. Le strade a
questo punto per Baldo sono due: lasciare
che le cose continuino ad
andare in questo modo e attendere così il tracollo del sistema
museale trentino; oppure
cambiare
decisamente
le politiche
di indirizzo del
settore.
Cosa
che può fare solo la Provincia. Insomma, l’alternativa allo
sfascio è intraprendere
politiche di sistema diverse rispetto a quelle adottate
finora.
La prima richiesta di
questi professionisti è
di riconoscere a tutti i lavoratori dei musei il diritto di ricevere
una retribuzione anche quando sono in malattia, in maternità o in
paternità. Per
questo la prima richiesta è di creare un fondo
per poter
retribuire questi lavoratori quando si trovano in
una
di queste
tre condizioni. L’iniziativa
secondo Baldo deve partire dalla Pat
perché
si tratta di garantire
a tutti questi
operatori dei diritti
sociali di base. Seconda richiesta: la difesa della professionalità
di questi lavoratori
che
sono parte integrante
del sistema
culturale trentino, attraverso l’assegnazione di un bonus formativo
annuale che garantisca sostegno economico a chi lavora nelle attività
museali rivolti al pubblico. Solo così si stimolerà ad investire
sulla qualità dell’offerta. Con questo bonus la Pat darà un
segnale di indirizzo strategico alle dirigenze dei
musei.
Terza richiesta: un salario minimo orario per i precari e le partite
Iva che
apra la strada
ad una graduale stabilizzazione del
lavoro in questo settore.
Certo,
ha precisato, Baldo, la contrattazione dev’essere oggetto di
trattativa sindacale con le singole
dirigenze dei musei, mentre
questa audizione chiesta alla Quinta Commissione è stata voluta per
avere un interlocutore politico attraverso il quale poter dialogare
con la Provincia. Quarta richiesta: va eliminato il ricorso
all’esternalizzazione
del servizio a
cooperative, associazioni,
stagisti, a
giovani che svolgono servizio
civile, come
va bandita la sostituzione
dei
mediatori museali con
volontari, in
modo da difendere la nostra professionalità. Ancora, ha concluso
Baldo, occorre superare l’idea che un museo viva solo di grandi
eventi e
che contino solo i
numeri. Deve
affermarsi la convinzione che valorizzare
gli intermediari museali è
necessario per investire sul
rapporto con il territorio.
Le
domande dei consiglieri.
Ghezzi
(Futura) ha chiesto ai tecnici dello spettacolo una piattaforma di
possibili e realistiche richieste da parte dei tecnici e ha giudicato
in buona parte accoglibili dalla Giunta provinciale le richieste
formulate da Baldo, dal momento che nelle nuove Linee guida alla
cultura è stata data giustamente grande valenza economica
soprattutto nel settore del turismo. Ghezzi ha poi chiesto a che
punto sia il confronto con le organizzazioni sindacali su queste
proposte e se le richieste siano state presentate all’assessore
Bisesti? Infine da chi siano state respinte le richieste dei
mediatori museali del Mart. Ghezzi ha chiesto infine se i mediatori
abbiano dei progetti da proporre alle scuole per ripartire a
settembre anche con la didattica online.
Degasperi
(Onda) ha giudicato avvilente la situazione lavorativa
di questi operatori e denunciato la ricerca del profitto che sembra
animare certe cooperative coinvolte dalle politiche di
esternalizzazione
dei servizi della Provincia. “Il
tanto vituperato profitto – ha
detto – ora sembra essere diventato il
fulcro del lavoro delle cooperative
che
fanno capo a via Segantini”. A
suo avviso occorre verificare
se alle parole della Giunta sull’importanza
della cultura
seguiranno i fatti, visto che durante
quest’emergenza è stato detto di puntare su un pubblico trentino
per garantire la sopravvivenza dei musei provinciali. Degasperi ha
poi riconosciuto che la didattica
è fondamentale per immaginare il futuro del sistema museale
trentino. Il
consigliere ha concluso dichiarandosi ottimista sul futuro e
chiedendo agli operatori se anche loro siano stati coinvolti nel
percorso sfociato nella definizione
delle Linee guida sulla cultura.
Sara
Ferrari ha riconosciuto che l’esternalizzazione è
stato un errore politico compiuto
dalle
precedenti Giunte
provinciali.
E
ha quindi
auspicato che le
nuove
Linee
guida sulla
cultura pongano rimedio a questo sbaglio.
Ha
poi chiesto a che punto siano i contratti
dei mediatori museali
per
poter eventualmente
intervenire sui bandi
introducendo
delle tutele per questi lavoratori. Altra
osservazione:
se
nell’autunno prossimo la
situazione delle scuole non
fosse cambiata e si
prevedesse la
fine delle lezioni alle 12.00 per elementari
e medie, emergerebbe
il grosso tema di
un doposcuola qualificato
e
qui, al
posto dei docenti, potrebbero
avere un ruolo i mediatori museali.
Ambrosi
ha chiesto agli operatori ascoltati da quanto tempo si protraggono le
loro difficoltà lavorative e se il Covid abbia accentuato i
problemi.
Le
risposte degli operatori.
Gislimberti
ha risposto a Ghezzi che i principali problemi dei tecnici dello
spettacolo consistono soprattutto nella mancanza di una normativa che
ne riconosca l’esistenza e di una copertura previdenziale che
compensi contrattualmente l’intermittenza stagionale connaturata a
questa attività. Mancano poi completamente degli ammortizzatori
sociali. Ha concluso osservando che sarebbe importante allargare il
tavolo dei tecnici a tutti gli operatori regionali dello spettacolo.
Valeria
Marchi ha risposto ad Ambrosi dicendo
che
la precarietà dei
mediatori nel
Mart dura da un decennio. C’è stato un solo concorso che ha
accolto tre mediatrici museali che hanno lavorato
con questo contratto per tre
anni. Gli altri erano co.co.co.
Successivamente
il settore è stato esternalizzato e i mediatori sono stati affidati
alla cooperativa
Mimosa che se
ne è avvalsa come lavoratori
intermittenti.
Da gennaio i mediatori hanno iniziato un confronto con
la cooperativa per
discutere di un possibile contratto part time di poche ore a settimana (che poteva essere applicato solo a 7 o 8 mediatori). I mediatori del Mart sono una
decina e
solo alcuni
sono
iscritti
al sindacato. Alla cooperativa Mimosa è stato chiesto di modificare
il contratto per migliorare
le condizioni di
lavoro. A respingere le proposte
avanzate
dai mediatori per la didattica
online è stato il Museo. MA il fatto che dopo essersi confrontata con noi la cooperativa si
relazioni con il Mart rende i rapporti molto farraginosi.
Il
bando sui
mediatori è
stato vinto da Mimosa a gennaio e andrà avanti per 5 anni, durante
i quali, quindi, bisognerà cercare soluzioni compatibili con
l’esternalizzazione
del
servizio.
Le richieste dei mediatori – ha
concluso Marchi – sono state
sottoposte all’assessore Bisesti, al dirigente Ceccato e al cda del
Mart, ma nessuno ha finora risposto.
Viruso
del Muse ha ricordato che il sindacato ha fatto da tramite per i
mediatori ma il problema principale è costituito
dall’esternalizzazione con cui sono state coinvolte 4 cooperative,
due delle quali venete. Questo ha ostacolato il dialogo tra i
lavoratori. Il bando è un “2 più 2” e l’ultimo biennio scade
ad ottobre. Sarebbe quindi interessante sapere se per la Pat vi sono
margini di intervento e la possibilità di modificare la situazione.
“Noi siamo dei precari esternalizzati – ha concluso – ma vi
sono stati anche lavoratori con funzioni analoghe alle nostre assunti
direttamente dal Muse”.
Tommaso
Baldo ha concluso
ricordando che nessuno prevede che in
settembre gli alunni possano
tornare
tutti in aula. Probabilmente vi saranno ancora delle limitazioni sui
mezzi di trasporto e nelle classi,
con
ore
di
lezione di
40 e non più di 50 minuti. Bisognerà quindi ripensare al rapporto
scuola-museo e
alla
didattica. Occorre però creare le condizioni per sostenere la scuola
in quest’operazione finalizzata alle video-lezioni. Anche per
mettere online dei
testi
che gli studenti possano
utilizzare.
Hanno
partecipato ai lavori i
consiglieri Ambrosi,
Dalzocchio,
Degasperi, Ghezzi, Guglielmi, Moranduzzo e
Ferrari.