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04/06/2020 - In aula o in commissione

Senza stipendio da mesi i lavoratori precari di Muse, Mart e i tecnici dello spettacolo

L'audizione concessa dalla Quinta Commissione ad un gruppo di operatori della cultura

Senza stipendio da mesi i lavoratori precari di Muse, Mart e i tecnici dello spettacolo

Condizioni di lavoro aggravate dall'emergenza Covid-19

Senza stipendio da mesi i lavoratori precari di Muse, Mart e i tecnici dello spettacolo

La Quinta Commissione presieduta da Alessia Ambrosi (Lega), ha concesso ieri sera un’audizione a un gruppo di lavoratori precari della cultura trentina che avevano chiesto di essere ascoltati dall’organismo consiliare sulla loro difficile situazione occupazionale, aggravata dall’emergenza Covid-19. Per denunciare i problemi che affliggono l’attività professionale di questi operatori e che la pandemia rischia di rendere insostenibili nei prossimi mesi, sono intervenuti in videoconferenza Tommaso Baldo della Fondazione museo storico del Trentino, Giovanni Viruso del Muse, Valeria Marchi del Mart e Giovanni Gislimberti del settore tecnici dello spettacolo.


I tecnici dello spettacolo senza reddito da mesi.


Giovanni Gislimberti, referente di un tavolo di lavoro costituitosi fra operatori tecnici dello spettacolo trentino per riflettere sul futuro di queste attività professionali, ha ricordato come senza di loro non si potrebbe realizzare nessuno degli eventi e dei tanti festival che ogni anno vengono organizzati sul territorio provinciale e che sono stati completamente sospesi dal febbraio scorso a causa dell’emergenza epidemiologica. Moltissime manifestazioni di ogni tipo – teatrali, concertistiche, musicali, di danza, ecc. –, di grande importanza per la cultura e il turismo in programma nei prossimi mesi sia al chiuso sia, soprattutto, all’aperto in tutto il Trentino, sempre in base alle regole adottate per fugare il pericolo dei contagi sono già state cancellate o rinviate comunque a dopo l’estate. Tutti i lavoratori del mondo dello spettacolo sono quindi da tempo e resteranno inattivi, non si sa ancora per quanto, con pesantissime ripercussioni sia economiche sia occupazionali per ciascuno di loro. Lo stop imposto dall’epidemia ha portato ancor più alla luce le precarie e instabili condizioni di lavoro di questi professionisti. Innanzitutto – ha sottolineato Gislimberti – non abbiano più nessuna entrata da mesi. E rischiamo seriamente di non averne anche nei prossimi. “Le Linee guida nazionali – ha ricordato – indicano la data del 15 giugno per l’eventuale ripartenza degli eventi e degli spettacoli, ma tenuto conto delle restrizioni che si dovranno rispettare pochissimi di noi torneranno al lavoro. La maggior parte continuerà a non percepire nessun reddito. La strada che molti di noi stanno pensando di intraprendere è quella del ricollocamento professionale”. Per questo a nome dei colleghi Gislimberti ha lanciato un appello alle istituzioni pubbliche, a partire dalla Provincia, perché prendano coscienza dell’esistenza dei tecnici e dei professionisti dello spettacolo e perché siano interpellati “in modo da poter spiegare le nostre esigenze, a partire da quella di avere adeguate tutele”. “Il problema – ha concluso – è che non si percepisce bene che anche lo spettacolo è un lavoro da cui dipende il reddito di molte famiglie”. L’auspicio è che la Pat si mostri solidale con questi operatori che hanno creato per questo una piattaforma “professionistidellospettacolotn” con l’obiettivo di tessere un dialogo ampio con tutte le categorie dei lavoratori coinvolti nella realizzazione di eventi da palcoscenico.


I mediatori museali del Mart: superare l’esternalizzazione per migliorare l’offerta.


Valeria Marchi rappresentante dei mediatori museali del Mart, che in Trentino ha tre sedi due delle quali a Rovereto e la terza nella galleria civica nel capoluogo provinciale, ha evidenziato come questa figura professionale sia poco conosciuta pur operando da nei settori educativi di queste strutture. Si tratta di specialisti nel campo dell’educazione al patrimonio e dei linguaggi artistici con laboratori didattici e creativi. I gruppi interessati dalla loto attività sono di bambini e ragazzi che frequentano le scuole, ma anche famiglie e disabili. I mediatori hanno il compito di facilitare il contatto del pubblico con il museo e le sue mostre. Tutto il lavoro del Mart – ha spiegato Marchi – si regge sulla professionalità di questi lavoratori intermittenti, che prima avevano contratti co.co.co. e ora vengono chiamati dalla cooperativa Mimosa alla quale questo servizio educativo è stato affidato esternalizzando il comparto. Il contratto intermittente attuale è peggiorativo rispetto al precedente, perché ha ridotto drasticamente la retribuzione oraria, parificata a quella degli operatori dei servizi delle pulizie nonostante la formazione qualificata e la competenza professionale richieste. Lo stipendio non è costante e nei mesi estivi è spesso pari a zero. Non esistono tutele per malattia, maternità e paternità. Questi operatori sono quindi costretti ad avere occupazioni parallele per integrare il reddito dal momento che le paghe sono insostenibili. Eppure proprio dai mediatori museali passa quasi la metà del pubblico del Mart. Causa Covid-19, ha proseguito Marchi, da febbraio i mediatori museali del Mart non percepiscono nessuno stipendio e nessun sussidio. Non hanno neppure la certezza di poter accedere al contributo statale di 600 euro recentemente introdotto dal governo. Il Mart – ha aggiunto – ha rifiutato tutte le proposte di questi operatori. A loro non è stata data alcuna comunicazione sul programma del museo per il prossimo triennio. Sono inoltre stati esclusi dai processi di organizzazione delle attività. Marchi ha ricordato che i mediatori hanno elaborato una serie di proposte per la definizione delle Linee guida per le politiche culturali della Pat. A loro avviso al Mart mancano soprattutto obiettivi di sistema che andrebbero individuati con la partecipazione della scuole che rappresentano il principale bacino d’utenza del museo. Museo che potrebbe fungere da “scuola” oltre i confini dell’edificio scolastico. La Pat potrebbe sostenere dei pacchetti cultura per il museo e creando percorsi tra istituzioni museali. I mediatori avrebbero anche la possibilità di progettare contributi digitali educativi anche al di là della didattica a distanza utilizzata per l’emergenza Covid. Basterebbe investire sul capitale umano e culturale che loro stessi costituiscono. Infine si potrebbe coinvolgere la città attraverso il Palazzo delle Albere allestendo in quella sede mostre e laboratori didattici per famiglie e scuole sfruttando anche la vicinanza con il Muse. Un’altra criticità del Mart evidenziata da Marchi riguarda la promozione centrata pressoché esclusivamente sui grandi eventi come le mostra dedicate ad Antonello da Messina e alla Grande Guerra. Ma il museo vive anche al di là dei grandi eventi e per coinvolgere il pubblico ha bisogno anche dei piccoli eventi lungo tutto l’arco dell’anno. Per questo serve un costante rinnovamento della programmazione del Mart. Infine Marchi ha sottolineato la poca attenzione prestata ai lavoratori e alle loro professionalità. Le Linee guida per la cultura individuano nella formazione la leva con cui rafforzare la professionalità educativa dei mediatori museali. Ma questo obiettivo cozza con l’esternalizzazione del servizio voluta dalla Pat negli ultimi anni sia per il Mart che per il Muse. Il punto è che i musei hanno bisogno che l’educazione sia parte integrante dell’attività. Per questo i mediatori dovrebbero lavorare a stretto contatto con chi all’interno dei musei si occupa di collezioni e mostre. Puntare sulla specializzazione dei mediatori museali attraverso la formazione vuol dire anche contribuire economicamente a questo obiettivo. Per garantire una qualità alta di questo servizio educativo servirebbero contratti solidi e si dovrebbero tutelare i diritti fondamentali dei lavoratori. Per questo, ha concluso Marchi, “chiediamo interventi immediati e di lungo periodo che permettano di uscire da questa situazione gravissima, rimuovendo il ricorso all’esternalizzazione del nostro servizio e adottando un contratto che stabilizzi i lavoratori su 12 mesi o almeno sulla stagionalità. Occorre poi assicurare l’organizzazione delle attività didattiche museali e garantire dei bonus per la formazione sia all’interno che all’esterno del museo con mostre e iniziative didattiche. Se si continueranno a ridurre gli importi delle gare d’appalto per i servizi educativi anche nei prossimi 5 anni, diminuiranno ancor più le paghe dei lavoratori da cui dipendono queste attività. Con il risultato di vanificare, alla lunga, la possibilità di produrre il profitto al quale il museo punta. Tagliando lo stipendio ai mediatori museali il Mart pensa di risparmiare ma in realtà finisce per perderci riducendo l’offerta.


Le guide del Muse: i numeri dimostrano che la logica di mercato non paga.


Giovanni Viruso del Muse ha lamentato i contratti fortemente penalizzanti adottati nei confronti dei lavoratori come lui. I dati raccolti confermano che la precarietà del lavoro ha ridotto alla povertà questi operatori. Nell’arco di sette anni 150 persone hanno lavorato per il Muse con il ruolo di guide qualificate, spesso provenienti dal altre regioni dando lustro al museo e garantendone il successo nel tempo. Questo non ha però impedito ad oltre 100 di questi operatori di abbandonare l’attività per aderire a offerte professionali più remunerative di altri musei anche all’estero. Alcuni se ne sono andati per tentare di ripartire da zero sperando di rifarsi un lavoro altrove. Nessuno dei 60 nuovi colleghi assunti al Muse ha potuto permettersi una paternità negli ultimi 7 anni mentre le colleghe andate in maternità hanno scelto di licenziarsi non riuscendo a conciliare lavoro e vita personale. Questi sono numeri inaccettabili – ha protestato Viruso – che dovrebbero allarmare e spingere a una rapida riforma del settore. A questi lavoratori per l’assunzione sono richieste la laurea e la conoscenza della lingua straniera. Il lavoro è intermittente con lunghe pause tra un impiego e l’altro ed è quindi difficile conciliare professione e vita familiare. Qualcuno – ha proseguito – potrebbe pensare che queste condizioni di lavoro siano state decise per necessità di bilancio, ma allora occorre chiedersi se la cultura e l’educazione museale siano da subordinare solo a logiche di mercato o non siano piuttosto da mettere in relazione con il mondo della scuola e dell’università. Poi, secondo Viruso, c’è da chiedersi quanto di queste logiche abbia beneficiato alla fine il museo, dal momento che questi operatori della didattica che si sono licenziati hanno vanificato il grosso investimento compiuto dalla struttura per la loro formazione. All’origine di questa logica di mercato che ha penalizzato i lavoratori del Muse e lo stesso museo – ha osservato – c’è un modello liberista che in questi anni ha impedito di mettere al centro dell’attività le persone e la cultura come principale risorsa da cui dipende la qualità e la creatività dell’offerta. Non è infatti pensabile un museo senza educatori – ha concluso Viruso – perché i mediatori permettono l’accesso dei cittadini a questi spazi. Insistere su un modello consumistico della cultura potrebbe compromettere definitivamente questo rapporto vitale.


Tommaso Baldo: per evitare il tracollo dei musei la Pat cambi gli indirizzi politici evitando le esternalizzazioni e valorizzando gli intermediari.


Tommaso Baldo, che lavora alla Fondazione museo storico del Trentino, ha precisato di essere stato, a differenza dei suoi colleghi, assunto a tempo indeterminato come responsabile dell’area educativa dell’ente. Per fortuna – ha aggiunto – la Fondazione non ha esternalizzato i servizi didattici, ma una parte dei lavoratori viene assunta a chiamata e in qualche caso con contratti a progetto. Altra differenza del museo storico: gli operatori si recano in tutte le scuole della Provincia evitando di far muovere le classi. Ancora, loro sono stati i primi a realizzare video-lezioni e didattica online per gli studenti. Baldo ha spiegato che ciò è dovuto al fatto che questi lavoratori si sono sottratti almeno in parte alle dinamiche denunciate dai colleghi di Mart e Muse. Resta però vero a suo avviso che si sta rischiando il collasso di buona parte del sistema museale trentino. Metà dei visitatori che passano per il Mart usufruiscono dei servizi didattici. Le scuole sono una componente centrale dei visitatori. Se al museo della guerra togliessero le attività didattiche, la struttura dovrebbe chiudere. Gli operatori della didattica, o mediatori, sono professionisti laureati che hanno famiglia e che hanno scelto questo mestiere facendo la fortuna del sistema museale trentino. Il visitatore che entra in un muso del Trentino non incontra un funzionario ma un operatore che di solito è però precario. Tutto l’investimento compiuto per decenni sulla formazione professionale dei mediatori è ciò che qualifica l’offerta del museo. Tuttavia spesso le ore di formazione e di studio di questi operatori precari non sono retribuite. Da febbraio, ha ribadito Baldo, nei musei non vi sono più attività didattiche ed è rimasta solo la didattica a distanza. “I colleghi sono a casa senza reddito”. Il problema, ha proseguito, è che questa situazione non finirà domani: a settembre vi saranno gli stessi problemi, accentuati dalla difficoltà degli spostamenti per le classi. I grandi numeri nei musei non sono qualcosa che rivedremo in fretta. Se questi lavoratori della didattica museale rimarranno a casa senza lavoro e senza stipendio, il rischio – ha avvertito Baldo – è di perdere un’intera generazione di professionisti. Occorrerà quindi formarne altri ma per questo ci vorranno anni, anche per ri-creare un rapporto con le scuole che poi va continuamente coltivato. Le ricadute – ha osservato – saranno pesanti anche sul sistema scolastico trentino, perché agli insegnanti senza queste figure professionali ed educative mancheranno supporti per la didattica a distanza. Le strade a questo punto per Baldo sono due: lasciare che le cose continuino ad andare in questo modo e attendere così il tracollo del sistema museale trentino; oppure cambiare decisamente le politiche di indirizzo del settore. Cosa che può fare solo la Provincia. Insomma, l’alternativa allo sfascio è intraprendere politiche di sistema diverse rispetto a quelle adottate finora. La prima richiesta di questi professionisti è di riconoscere a tutti i lavoratori dei musei il diritto di ricevere una retribuzione anche quando sono in malattia, in maternità o in paternità. Per questo la prima richiesta è di creare un fondo per poter retribuire questi lavoratori quando si trovano in una di queste tre condizioni. L’iniziativa secondo Baldo deve partire dalla Pat perché si tratta di garantire a tutti questi operatori dei diritti sociali di base. Seconda richiesta: la difesa della professionalità di questi lavoratori che sono parte integrante del sistema culturale trentino, attraverso l’assegnazione di un bonus formativo annuale che garantisca sostegno economico a chi lavora nelle attività museali rivolti al pubblico. Solo così si stimolerà ad investire sulla qualità dell’offerta. Con questo bonus la Pat darà un segnale di indirizzo strategico alle dirigenze dei musei. Terza richiesta: un salario minimo orario per i precari e le partite Iva che apra la strada ad una graduale stabilizzazione del lavoro in questo settore. Certo, ha precisato, Baldo, la contrattazione dev’essere oggetto di trattativa sindacale con le singole dirigenze dei musei, mentre questa audizione chiesta alla Quinta Commissione è stata voluta per avere un interlocutore politico attraverso il quale poter dialogare con la Provincia. Quarta richiesta: va eliminato il ricorso all’esternalizzazione del servizio a cooperative, associazioni, stagisti, a giovani che svolgono servizio civile, come va bandita la sostituzione dei mediatori museali con volontari, in modo da difendere la nostra professionalità. Ancora, ha concluso Baldo, occorre superare l’idea che un museo viva solo di grandi eventi e che contino solo i numeri. Deve affermarsi la convinzione che valorizzare gli intermediari museali è necessario per investire sul rapporto con il territorio.


Le domande dei consiglieri.


Ghezzi (Futura) ha chiesto ai tecnici dello spettacolo una piattaforma di possibili e realistiche richieste da parte dei tecnici e ha giudicato in buona parte accoglibili dalla Giunta provinciale le richieste formulate da Baldo, dal momento che nelle nuove Linee guida alla cultura è stata data giustamente grande valenza economica soprattutto nel settore del turismo. Ghezzi ha poi chiesto a che punto sia il confronto con le organizzazioni sindacali su queste proposte e se le richieste siano state presentate all’assessore Bisesti? Infine da chi siano state respinte le richieste dei mediatori museali del Mart. Ghezzi ha chiesto infine se i mediatori abbiano dei progetti da proporre alle scuole per ripartire a settembre anche con la didattica online.


Degasperi (Onda) ha giudicato avvilente la situazione lavorativa di questi operatori e denunciato la ricerca del profitto che sembra animare certe cooperative coinvolte dalle politiche di esternalizzazione dei servizi della Provincia. “Il tanto vituperato profitto – ha detto – ora sembra essere diventato il fulcro del lavoro delle cooperative che fanno capo a via Segantini”. A suo avviso occorre verificare se alle parole della Giunta sull’importanza della cultura seguiranno i fatti, visto che durante quest’emergenza è stato detto di puntare su un pubblico trentino per garantire la sopravvivenza dei musei provinciali. Degasperi ha poi riconosciuto che la didattica è fondamentale per immaginare il futuro del sistema museale trentino. Il consigliere ha concluso dichiarandosi ottimista sul futuro e chiedendo agli operatori se anche loro siano stati coinvolti nel percorso sfociato nella definizione delle Linee guida sulla cultura.


Sara Ferrari ha riconosciuto che l’esternalizzazione è stato un errore politico compiuto dalle precedenti Giunte provinciali. E ha quindi auspicato che le nuove Linee guida sulla cultura pongano rimedio a questo sbaglio. Ha poi chiesto a che punto siano i contratti dei mediatori museali per poter eventualmente intervenire sui bandi introducendo delle tutele per questi lavoratori. Altra osservazione: se nell’autunno prossimo la situazione delle scuole non fosse cambiata e si prevedesse la fine delle lezioni alle 12.00 per elementari e medie, emergerebbe il grosso tema di un doposcuola qualificato e qui, al posto dei docenti, potrebbero avere un ruolo i mediatori museali.


Ambrosi ha chiesto agli operatori ascoltati da quanto tempo si protraggono le loro difficoltà lavorative e se il Covid abbia accentuato i problemi.


Le risposte degli operatori.


Gislimberti ha risposto a Ghezzi che i principali problemi dei tecnici dello spettacolo consistono soprattutto nella mancanza di una normativa che ne riconosca l’esistenza e di una copertura previdenziale che compensi contrattualmente l’intermittenza stagionale connaturata a questa attività. Mancano poi completamente degli ammortizzatori sociali. Ha concluso osservando che sarebbe importante allargare il tavolo dei tecnici a tutti gli operatori regionali dello spettacolo.


Valeria Marchi ha risposto ad Ambrosi dicendo che la precarietà dei mediatori nel Mart dura da un decennio. C’è stato un solo concorso che ha accolto tre mediatrici museali che hanno lavorato con questo contratto per tre anni. Gli altri erano co.co.co. Successivamente il settore è stato esternalizzato e i mediatori sono stati affidati alla cooperativa Mimosa che se ne è avvalsa come lavoratori intermittenti. Da gennaio i mediatori hanno iniziato un confronto con la cooperativa per discutere di un possibile contratto part time di poche ore a settimana (che poteva essere applicato solo a 7 o 8 mediatori). I mediatori del Mart sono una decina e solo alcuni sono iscritti al sindacato. Alla cooperativa Mimosa è stato chiesto di modificare il contratto per migliorare le condizioni di lavoro. A respingere le proposte avanzate dai mediatori per la didattica online è stato il Museo. MA il fatto che dopo essersi confrontata con noi la cooperativa si relazioni con il Mart rende i rapporti molto farraginosi. Il bando sui mediatori è stato vinto da Mimosa a gennaio e andrà avanti per 5 anni, durante i quali, quindi, bisognerà cercare soluzioni compatibili con l’esternalizzazione del servizio. Le richieste dei mediatori – ha concluso Marchi – sono state sottoposte all’assessore Bisesti, al dirigente Ceccato e al cda del Mart, ma nessuno ha finora risposto.


Viruso del Muse ha ricordato che il sindacato ha fatto da tramite per i mediatori ma il problema principale è costituito dall’esternalizzazione con cui sono state coinvolte 4 cooperative, due delle quali venete. Questo ha ostacolato il dialogo tra i lavoratori. Il bando è un “2 più 2” e l’ultimo biennio scade ad ottobre. Sarebbe quindi interessante sapere se per la Pat vi sono margini di intervento e la possibilità di modificare la situazione. “Noi siamo dei precari esternalizzati – ha concluso – ma vi sono stati anche lavoratori con funzioni analoghe alle nostre assunti direttamente dal Muse”.


Tommaso Baldo ha concluso ricordando che nessuno prevede che in settembre gli alunni possano tornare tutti in aula. Probabilmente vi saranno ancora delle limitazioni sui mezzi di trasporto e nelle classi, con ore di lezione di 40 e non più di 50 minuti. Bisognerà quindi ripensare al rapporto scuola-museo e alla didattica. Occorre però creare le condizioni per sostenere la scuola in quest’operazione finalizzata alle video-lezioni. Anche per mettere online dei testi che gli studenti possano utilizzare.



Hanno partecipato ai lavori i consiglieri Ambrosi, Dalzocchio, Degasperi, Ghezzi, Guglielmi, Moranduzzo e Ferrari.