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La proposta di Rossi: addio all'elezione diretta del Presidente

Il disegno di legge presentato dal capogruppo e dai consiglieri del Patt

La proposta di Rossi: addio all'elezione diretta del Presidente

La proposta di Rossi: addio all'elezione diretta del Presidente

Quella proposta da Ugo Rossi e dagli altri consiglieri del Patt (Demagri, Ossanna, Dallapiccola) è al tempo stesso una rivoluzione e una restaurazione. Rivoluzione perché il ddl, intervenendo profondamente sulla legge elettorale del 2003, ha l'obiettivo di togliere di mezzo l'elezione diretta del Presidente della Giunta; il premio di maggioranza; riportare a tre le preferenze, al posto delle due introdotte lo scorso anno, riservandone una sola al genere. Restaurazione perché si prevede un ritorno al proporzionale "puro" che ha retto le sorti della democrazia nella nostra Provincia e della Regione dal 1948 al 2003.

Il ddl di legge Rossi prevede quindi l'elezione indiretta, da parte e all'interno del Consiglio, del Presidente della Giunta e degli assessori. Presidente che, di conseguenza, non avrebbe più il potere di revoca dei componenti della governo provinciale.


Sfiducia sì, ma costruttiva.


Inoltre, la proposta del capogruppo del Patt, mira ad introdurre quella che viene definita sfiducia costruttiva del Presidente della Giunta: il Consiglio può mandarlo a casa solo eleggendo a maggioranza dei suoi componenti il successore. Anche nel caso di decadenza, dimissioni, impedimento o morte del capo dell'esecutivo la parola passerebbe al Consiglio che dovrebbe eleggerne uno nuovo. Non ci sarebbe, insomma, come prevede la legge attualmente in vigore, un ritorno alle urne se il Presidente dovesse andarsene nei primi tre anni di legislatura o l'elezione da parte del Consiglio per gli ultimi due della legislatura o il subentro del vice nell'anno conclusivo del quinquennio. Anche in questo caso si tornerebbe al pre 2003: in caso di decadenza, dimissioni, impedimento o morte del Presidente il Consiglio verrebbe chiamato a eleggerne un altro e questo lungo tutto l'arco della legislatura.


Addio anche al premio di maggioranza.


In tutta questa nuova e al tempo stesso vecchia architettura della legge elettorale verrebbe abolito anche il premio di maggioranza che oggi scatta al 40% e assegna almeno 21 seggi (presidente incluso) fino ad un massimo di 24.


Il panorama politico è cambiato. Serve una nuova architettura istituzionale.


Ma come motivano Rossi e i consiglieri Patt questo ritorno al proporzionale puro? "Si ritiene – si legge nella relazione al ddl – che in virtù del nuovo assetto istituzionale, anche nazionale e europeo, e del rinnovato panorama politico, la nostra Autonomia debba dotarsi di strumenti innovativi volti a tutelare e garantire la pluralità e l'eterogenea rappresentanza delle molteplici istanze territoriali. Le fratture sociali, culturali e linguistiche, nonché la connotazione marcatamente populista dei principali partiti politici, impongono un radicale ripensamento dell'attuale architettura istituzionale, specialmente in un territorio autonomo, le cui prerogative si fondano soprattutto sulla capacità del sistema di interpretare e rappresentare autenticamente le molteplici e differenti espressioni della comunità locali. L'obiettivo del ddl è quindi quello di rafforzare i meccanismi di rappresentanza in un'ottica di miglioramento e consolidamento della nostra speciale autonomia. La tutela e la salvaguardia del nostro sistema istituzionale e statutario sono infatti il principale obiettivo di questa iniziativa".


La doppia preferenza di genere è una limitazione.


Altro argomento ampiamente dibattuto nella scorsa legislatura quello delle preferenze di genere. Su questo, si legge sempre nella relazione al ddl, la proposta reintroduce le tre preferenze di cui una di genere (se l'elettore dovesse esprimerne solo due una dev'essere ad un uomo, l'altra alla donna) perché la limitazione a due, prevista dalla legge in vigore, "incide in senso limitativo sul diritto di voto, costringendo, tra l'altro, in una sorta di meccanismo costrittivo, candidati di genere opposto, ad apparentamenti forzosi". "Si tratta di apparentamenti spesso legati più all'appartenenza territoriale locale a scapito di una rappresentanza elettiva espressione di un vasto ambito territoriale, determinando una sorta di divisione di candidati più favoriti o più svantaggiati rispetto ad altri a fronte di un'uguaglianza di opportunità più formale che sostanziale".