In Consiglio provinciale senza tempi contingentati. Testo sostenuto solo dalle minoranze
La maratona degli interventi sul ddl per allineare il trattamento di maternità nel pubblico e nel privato
In allegato, l'ordine del giorno con i testi in discussione
Dopo le
domande di attualità si è passati alla discussione generale del ddl
di Ugo Rossi n.
25/XVI , per il cui esame non sono stati previsti tempi contingentati, che ha l’obiettivo di
equiparare il trattamento d maternità del settore privato a quello
previsto per le dipendenti Pat e
degli enti locali.
Rossi disponibile a ritirare il testo se la Giunta inserirà una norma nel bilancio.
Un
disegno di legge, ha detto Rossi, non ideologico che
ha preso vita durante a
manovra di assestamento 2019, incoraggiato anche dalla volontà della
Giunta di affrontare il tema della natalità. La “filosofia” del
ddl, ha ricordato,
è quella di dire: siccome siamo un’autonomia e abbiamo una legge
sul benessere familiare e c’è l’esigenza di fare più figli si
potrebbe pensare ad estendere o di
avvicinare i benefici previsti nel pubblico al privato col sostegno
della Pat. Una norma che permetterebbe anche di fare entrare nelle
aziende, nei tempi di sostituzione delle maternità, personale
giovane e quindi di favorire il rinnovamento. Rispetto a questa
proposta chiara, ha
continuato Rossi, la Giunta fece bocciare in
disegno di legge, inserendo
nell’assestamento
una norma che parla di una possibile verifica
per l’avvicinamento del
trattamento tra il pubblico e il privato. Verifica, secondo l’ex
presidente, che non è mai stata fatta: è stato istituito un
“tavolo” e ci sono voluti 5 mesi per individuare i componenti.
Il
tema della maternità, quindi,
in linea con lo slogan “Prima i trentini”, è stato affrontato in
questo modo. In commissione poi, ha detto ancora Rossi, l’assessore
Spinelli, nel 2020, disse
di voler portate proposte emendative al
ddl che però
non sono mai arrivate
nonostante la sospensione del ddl e la massima disponibilità del
proponente. Anche Fugatti aveva manifestato interesse alla proposta,
ma nel 2021 il ddl è stato bocciato in commissione. Una presa in
giro, ha detto, non di Ugo Rossi, ma delle donne trentine. Anche
le presunte difficoltà finanziarie sono smentite dai fatti, visto
che il costo sarebbe un milione di euro. La scelta dei 180 euro dati
anche a chi guadagna più di 200 mila euro costa
ben più di un milione di euro ed è uno spreco. Una
misura elettorale che,
alla fine,
ha favorito chi non l’ha condivisa come Fratelli d’Italia. Soldi
buttati, ancor più se, come sembra aver detto Fugatti in Primiero,
questi soldi verranno dati anche a chi ha consumi elettrici più alti
di 4,5 kilowatt.
E così salterebbe quello che, come ha riferito il presidente della
Giunta in commissione, avrebbe dovuto essere un elemento perequativo
della misura dei 180 euro. Infine, Rossi ha detto di essere
disponibile a ritirare il ddl se nella
finanziaria verrà
portata una norma su questo tema. L’importante, ha
aggiunto, è che
rimanga da qualche parte l’idea che una donna che lavora in
un’impresa di pulizie
possa avere lo stesso trattamento di chi lavora in un comune o in una
comunità di valle. L’esponente
del Gruppo Misto ha poi ricordato che anche da parte dell’opposizione
non c’è stato grande entusiasmo per
il ddl o
comunque ben diverso rispetto ai temi della rappresentanza politica
o nei cda delle donne.
Olivi:
la Giunta dimostri disponibilità sui temi del lavoro
Alessandro
Olivi del Pd ha detto di condividere l’impostazione di Rossi e ha
ricordato a Fugatti che dalle
minoranze sono venute molte
assunzioni di
responsabilità, al di là di Vaia e del Covid. Uno dei temi sul
quale individuare il bene comune, ha
detto ancora, è quello
del lavoro e del benessere familiare. Quindi, prendere in
considerazione da parte della Giunta la possibilità di un’apertura
su questo ddl è opportuno. Così come lo
sarebbe sul ddl di
riordino degli aiuti alle imprese di Spinelli, visto
che il Pd ne ha depositato uno sulla stessa questione.
L’assessore
Spinelli: il provvedimento non risolve il problema che
affronta.
Nel pomeriggio, alla ripresa dei lavori in aula, l’assessore
Achille Spinelli ha sottolineato che il tema posto dal ddl è serio
ma che la posizione contraria della Giunta non è cambiata rispetto a
quella esposta in commissione. Questo perché il ddl 25 non risolve
il problema prevedendo un contributo ai datori di lavoro e un
contributo ai lavoratori. L’obiettivo è il sostegno al reddito
delle famiglie e della natalità più che dell’occupazione
femminile come si vorrebbe con il provvedimento. In particolare
Spinelli ha illustrato le criticità individuate dall’esecutivo
anche per il forte impatto finanziario (8,5 milioni di euro) che
l’attuazione di questa proposta comporterebbe. Per perseguire
l’obiettivo, condivisibile, del ddl, secondo Spinelli sarebbe
opportuno mantenere e potenziare gli interventi di politiche attive
del lavoro a sostegno dell’occupazione femminile e puntare alla
conciliazione vita-lavoro attraverso il Famili Act.
Zanella:
occorre decidere se per la Giunta la natalità è un costo o un
investimento.
Per
Paolo Zanella di Futura ha
motivato il proprio sostegno a questa proposta
con
l’esigenza primaria di favorire
la natalità e l’occupazione femminile promuovendo
le pari
opportunità, le
politiche
di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro e di condivisione dei
compiti di cura tra i genitori per crescere dei figli. Desta
stupore per il consigliere
che
la
Giunta respinga
un ddl come questo pur
dichiarandosi a favore della natalità e dell’occupazione
femminile.
Vero
che si registra un aumento
di
richieste
di congedi parentali da
parte padri
ma
per il consigliere siamo
ancora molto lontani dall’obiettivo della parità con le madri.
Inoltre
per i congedi
si arriva a recepire al massimo il 30% della retribuzione, mentre
Finlandia e Spagna garantiscono per molti mesi la copertura del 100
per 100 dello stipendio. Ciò
permette a
un genitore di accudire a casa i figli. Nella vicina Austria le
retribuzioni
nel
periodo del congedo sono pari
all’80% dello stipendio. Il problema della denatalità interessa
oggi anche
il Trentino. E
da questo deriverà in prospettiva una sempre maggiore carenza di
lavoratori. Il
problema è quindi quali risposte il Paese e il Trentino vogliono
dare alla
mancanza di
lavoratori. L’unica
soluzione verrebbe dall’immigrazione
ma allora occorre interrompere
le politiche
di
chiusura all’arrivo
di
queste persone.
Per Zanella occorrerebbero
politiche
migratorie inclusive. Se invece si teme la sostituzione etnica si
andrà verso una selezione delle persone. Il consigliere ha espresso
condivisione per l’articolo 1 che prevede iniziative di
conciliazione e condivisione della responsabilità di cura fra uomini
e donne, per la proposta del congedo di paternità, per
l’equiparazione del trattamento tra pubblico e privato. Ha
suggerito l’introduzione di un’indennità provinciale integrativa
per alzare il limite del 30% della retribuzione arrivando almeno
all’8%. Per un impegno di spesa del genere, sicuramente superiore a
un milione di euro, è necessario chiarire se per la Provincia
rappresenti un costo o un grande investimento sul futuro.
Investimento per le donne lavoratrici ma anche per il bambino o la
bambina che potrebbero avere accanto un genitore.
Degasperi:
la
Giunta avrebbe dovuto condividere gli obiettivi di questo ddl.
L’esponente
di Onda ha dichiarato di sposare questo ddl per ragioni ideali: si
tratta di lavorare per fare in modo che i figli rimangano con i loro
genitori senza eccessivi sacrifici dal punto di vista economico.
Misura
questa che non
sostituirebbe ma permetterebbe
di integrare i
servizi di conciliazione. Se è vero che oggi i dati sulla natalità
in Trentino peggiorano di anno in anno, questo
vuol dire che
gli interventi fin’ora messi in campo dalla
Provincia non
sono sufficienti rispetto all’obiettivo dichiarato
dalla Giunta
di tutelare la maternità promuovendo
la
natalità. Strano,
per Degasperi, che questo ddl sia stato bocciato quando per gli
obiettivi che persegue avrebbe dovuto incontrare la condivisione
della Giunta. Secondo
il consigliere la
Giunta avrebbe dovuto condividere questo ddl che prevede di mitigare
le differenze tra pubblico e privato. Sorprendente è per Degasperi
l’ammontare della cifra che l’assessore ritiene necessaria ai
fini dell’attuazione di questa proposta normativa. Sul congedo
parentale e l’integrazione dei contributi previdenziali proposti
dal ddl, il consigliere ha detto di non capire perché la Giunta non
condivida questo obiettivo. Per Degasperi, “se ci fosse la volontà
di affrontare la questione gli ostacoli si potrebbero superare”. E
“dall’Agenzia del lavoro su questo ddl era lecito attendersi
qualche proposta di soluzione alternativa. Invece,
le critiche sono state tante, le proposte alternative zero”. In
definitiva secondo Degasperi la Giunta non motiva in modo adeguato il
no a questo ddl che pone una questione legata non solo alle nascite
perché sulle nascite, che
in Italia dagli anni 70 sono progressivamente in calo, si
basa anche il sistema economico.
Demagri: maternità e congedo non sono problemi ma opportunità
Paola
Demagri (Patt), cofirmataria
nel 2019 di questo ddl quando Rossi era ancora nel suo stesso gruppo
consiliare, ha espresso amarezza per le difficoltà delle donne che
lavorano nel privato senza avere le stesse opportunità delle donne
occupare nel pubblico. E ha aggiunto la convinzione che solo
risolvendo le questioni riguardanti la famiglia come la difficoltà
di conciliare lavoro e famiglia, di ottenere congedi parentali per
occuparsi dei figli, di trovare posti negli asili nido, si possono
risolvere anche i problemi della società. A
suo avviso il problema della maternità e il problema del congedo
parentale non dovrebbero costituire una difficoltà ma un’opportunità
per rendere progressivamente autonomi i figli. Inoltre alla donna
sarebbe possibile assentarsi dal lavoro senza ansia. Demagri ha
citato il progetto Perla avviato e poi abbandonato dall’Apss, che
costituiva uno strumento molto interessante in questa direzione. Il
periodo della gravidanza delle donne sul lavoro non era percepito
come uno stato di malattia. Da ciò era derivata una riduzione delle
gravidanze a rischio. Accogliendo
questo provvedimento, secondo la consigliera, la Giunta avrebbe
potuto concludere questa legislatura in modo innovativo nei confronti
delle famiglie e dimostrare capacità di collaborazione con le
opposizioni. Questa chiusura non è verso le minoranze che propongono
questo ddl ma verso le famiglie trentine.
GLI INTERVENTI DELLA SECONDA PARTE DEL POMERIGGIO
La prima seduta della
sessione di settembre del Consiglio si è conclusa oggi pomeriggio
con il prosieguo della discussione generale del ddl Rossi che ha
l’obiettivo di parificare il trattamento di maternità delle
lavoratrici private con quelle del settore pubblico. Ddl che la
maggioranza ha dichiarato di voler respingere, pur ritenendo
importante il tema. Ugo Rossi s’è detto disponibile a concordare
emendamenti con la Giunta, ma se rimarrà il no ritirerà la
proposta. Tutta la minoranza si schierata in difesa del disegno di
legge. La discussione generale riprenderà domattina alle 10.
Dalzocchio:
non si possono imporre vincoli alle aziende
La
capogruppo della Lega, Mara Dalzocchio ha detto che la proposta è
apprezzabile ma tocca due settori, quello pubblico e quello privato
che hanno dinamiche completamente diverse. In sintesi, il pubblico
non può organizzare la vita delle aziende. Non a caso il mondo
dell’impresa ha espresso critiche. Le donne poi, al di là dei
sacrosanto diritto alla maternità, vogliono tornare al lavoro per
avere uno stipendio pieno e c’è più bisogno di flessibilità che
di mesi in più per stare a casa. Insomma, il ddl Rossi, pur
interessante, sarebbe ben difficilmente applicabile perché i
contratti ci sono e le aziende hanno problemi di organizzazione.
Calare dall’alto norme come questa non risolverebbe i problemi, va
invece aperta una concertazione con tutti gli interessanti. Quindi,
il no della Lega non è un no alla necessità di fare passi avanti
nella tutela della maternità, ma per il fatto che si deve trovare
una condivisione con le categorie e i lavoratori. Nel suo secondo
intervento la capogruppo leghista ha ribadito che il ddl Rossi ha un
contenuto meritevole, ma ci sono criticità e se rimanesse così
com’è introdurrebbe discriminazioni tra le donne che lavorano nel
privato. Si deve trovare, quindi, una soluzione condivisa evitando di
banalizzare, magari affermando che la Giunta non ha fatto nulla, una
questione così complessa. Serve perciò tempo per studiare a fondo
le soluzioni. Perciò Dalzocchio ha ribadito il no della Lega al
disegno di legge.
Marini:
la situazione demografica è drammatica
Alex
Marini (5 Stelle) ha sottolineato il dato demografico basandosi sul
rapporto Istat numeri che descrivono una situazione di un potenziale
quadro di crisi entro il 2050. La popolazione è in decrescita, e
dagli attuali 59, 9 milioni si arriverà a 55 milioni nel 2070. Nel
2050 ci sarà un lavoratore ogni pensionato o adolescente. Un calo
evidente di popolazione che sta colpendo anche il Trentino
soprattutto nelle valli e nei piccoli centri. Le famiglie crescono,
ma sono sempre più piccole e senza figli. Nel 2050, inoltre, il 30%
degli italiani avrà più di 65 anni. Nel 2041 ci saranno 10 milioni
di persone che vivranno da sole, ben 100 mila in Trentino. Quindi, in
un quadro così fosco, secondo Marini, si devono mettere in campo
tutti gli strumenti per affrontare il tema del calo demografico,
compreso il ddl Rossi. Anche perché, problema nel problema, verrà
meno anche l’aiuto che gli anziani stanno dando ai nipoti e ai
figli poveri. Povertà che colpisce soprattutto gli adolescenti,
basti pensare che un diciassettenne su 7 è in povertà assoluta.
Inoltre, il tasso di attività femminile è al 50%, il più basso
d’Europa, contro l’80% della Svezia. Abissale poi il tasso
disoccupazione femminile che è al 34%, più del doppio della media
europea. Le donne, più colte e brave, percepiscono stipendi che sono
del 20% più bassi rispetto agli uomini. Per ciò che riguarda le
pensioni le donne pensionate sono 5 milioni contro 6 milioni di
uomini e ricevono il 30% in meno. Di fronte a questi dati “barbari”,
ha continuato Marini, c’è il dovere di intervenire, anche
accogliendo, almeno in parte, il ddl Rossi.
Rossi:
nessuna imposizione alle aziende, solo premi
Ugo
Rossi ha detto che i costi della proposta potrebbero in parte essere
assorbiti dalle norme nazionali sul congedo parentale. E l’idea non
è quella di obbligare le imprese, ma di dire che le aziende che
vogliono avvicinare i trattamenti possono accedere ad un sostegno
della Pat che verrebbe deciso dalla Giunta. Spinelli, ha affermato
Rossi, ha detto che il ddl pone un problema vero ma non lo risolve.
Però, ha continuato l’esponente dell’opposizione, è della
Giunta il compito di affrontare e sciogliere i nodi. Inoltre, ha
detto ancora, si è detto che i due terzi delle ditte hanno già
trattamenti di maternità simili a quelli del pubblico, quindi si
tratterebbe di trovare le risorse per il terzo che rimane. La Giunta,
per il Covid, ha dato due milioni di euro di contributi a chi ha già
un sacco di contributi per raccogliere le mele e non si trovano i
soldi per questo provvedimento. Gli stessi imprenditori hanno chiesto
di migliorare il ddl proprio perché hanno condiviso l’idea e hanno
chiesto di fare bandi per la gestione delle risorse per
l’avvicinamento dei trattamenti di maternità. Infine, l’esponente
del Misto ha detto di essere disponibile a stralciare la parte dei
congedi parentali, per fare almeno quello che hanno chiesto le
aziende, cioè introdurre una premialità, andando a bando, per chi è
disposto ad avvicinare le condizioni tra privato e pubblico.
Cia:
sulla famiglia vanno indirizzati più fondi
Claudio
Cia (FdI) ha detto che gli obiettivi del ddl sono condivisibili, ma
ci sono difficoltà obiettive. Il capogruppo di Fratelli d’Italia
ha detto di sognare che padri e madri possano stare vicini nei primi
tre anni di vita ai figli, tornando al lavoro senza ripercussioni. Ma
queste politiche, che probabilmente devono avere una dimensione
nazionale, non possono ricadere sulle aziende. Cia ha poi ricordato
che tutti i governi hanno trovato difficoltà finanziarie ad
affrontare questo tema. FdI, ha concluso, non voterà il ddl anche se
a Rossi va riconosciuta la sensibilità di affrontare un tema
fondamentale come questo che riguarda le fasi più delicate della
vita dei bambini e dei genitori. Però, ha concluso, sulla famiglia
vanno indirizzanti fondi togliendoli da altri meno importanti.
Tonini:
i diritti di cittadinanza dovrebbero essere uguali per tutti
Giorgio
Tonini (Pd) ha affermato che il tema della natalità va affrontato
con decisione e in modo urgente. C’è poi il piano dei diritti di
cittadinanza che dovrebbero essere uguali per tutti. Nel dopoguerra
su questo sono stati fatti grandi passi avanti per affrontare la
grande frammentazione di diritti, garanzie e trattamenti, però manca
ancora molta strada da fare. Le diversità di condizioni convivono
spesso sotto il tetto dello stesso capannone, tra lavoratori che
fanno lo stesso lavoro sotto lo stesso “padrone”. Un fenomeno che
con le esternalizzazioni è entrato anche nel pubblico. C’è un
terzo di lavoratori che hanno meno garanzie e diritti e ciò, con la
crisi demografica, rappresenta una questione centrale. Rossi l’ha
sollevata con un ddl presentato nel 2019 e non con un emendamento
inserito d’improvviso nella finanziaria. Quindi, il tempo per
approfondire c’è stato e la maggioranza, se lo boccerà, dovrà
assumersene le responsabilità e per questo ha invitato Rossi a non
ritirare la proposta.
Degasperi:
gli imprenditori non hanno bocciato la proposta
Il
pomeriggio è stato chiuso dall’intervento di Filippo Degasperi
(Onda) il quale ha ricordato che gli imprenditori non hanno bocciato
la proposta, anzi. Inoltre, ha ricordato, ci sono stati in
commissione altri auditi, dal sindacato al Consigliere di parità,
che hanno condiviso e espresso soddisfazione per il disegno di legge.
Infine, ha chiesto alla Giunta di portare in aula i dati sul bonus
bebè per capire se ha o no funzionato.
I lavori in aula proseguono a partire dalle 10.00 di domani, mercoledì 28 settembre.