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27/09/2022 - In aula o in commissione

La maratona degli interventi sul ddl per allineare il trattamento di maternità nel pubblico e nel privato

In Consiglio provinciale senza tempi contingentati. Testo sostenuto solo dalle minoranze

La maratona degli interventi sul ddl per allineare il trattamento di maternità nel pubblico e nel privato

In allegato, l'ordine del giorno con i testi in discussione

La maratona degli interventi sul ddl per allineare il trattamento di maternità nel pubblico e nel privato


Dopo le domande di attualità si è passati alla discussione generale del ddl di Ugo Rossi  n. 25/XVI​ , per il cui esame non sono stati previsti tempi contingentati, che ha l’obiettivo di equiparare il trattamento d maternità del settore privato a quello previsto per le dipendenti Pat e degli enti locali. 


Rossi disponibile a ritirare il testo se la Giunta inserirà una norma nel bilancio.


Un disegno di legge, ha detto Rossi, non ideologico che ha preso vita durante a manovra di assestamento 2019, incoraggiato anche dalla volontà della Giunta di affrontare il tema della natalità. La “filosofia” del ddl, ha ricordato, è quella di dire: siccome siamo un’autonomia e abbiamo una legge sul benessere familiare e c’è l’esigenza di fare più figli si potrebbe pensare ad estendere o di avvicinare i benefici previsti nel pubblico al privato col sostegno della Pat. Una norma che permetterebbe anche di fare entrare nelle aziende, nei tempi di sostituzione delle maternità, personale giovane e quindi di favorire il rinnovamento. Rispetto a questa proposta chiara, ha continuato Rossi, la Giunta fece bocciare in disegno di legge, inserendo nell’assestamento una norma che parla di una possibile verifica per l’avvicinamento del trattamento tra il pubblico e il privato. Verifica, secondo l’ex presidente, che non è mai stata fatta: è stato istituito un “tavolo” e ci sono voluti 5 mesi per individuare i componenti. Il tema della maternità, quindi, in linea con lo slogan “Prima i trentini”, è stato affrontato in questo modo. In commissione poi, ha detto ancora Rossi, l’assessore Spinelli, nel 2020, disse di voler portate proposte emendative al ddl che però non sono mai arrivate nonostante la sospensione del ddl e la massima disponibilità del proponente. Anche Fugatti aveva manifestato interesse alla proposta, ma nel 2021 il ddl è stato bocciato in commissione. Una presa in giro, ha detto, non di Ugo Rossi, ma delle donne trentine. Anche le presunte difficoltà finanziarie sono smentite dai fatti, visto che il costo sarebbe un milione di euro. La scelta dei 180 euro dati anche a chi guadagna più di 200 mila euro costa ben più di un milione di euro ed è uno spreco. Una misura elettorale che, alla fine, ha favorito chi non l’ha condivisa come Fratelli d’Italia. Soldi buttati, ancor più se, come sembra aver detto Fugatti in Primiero, questi soldi verranno dati anche a chi ha consumi elettrici più alti di 4,5 kilowatt. E così salterebbe quello che, come ha riferito il presidente della Giunta in commissione, avrebbe dovuto essere un elemento perequativo della misura dei 180 euro. Infine, Rossi ha detto di essere disponibile a ritirare il ddl se nella finanziaria verrà portata una norma su questo tema. L’importante, ha aggiunto, è che rimanga da qualche parte l’idea che una donna che lavora in un’impresa di pulizie possa avere lo stesso trattamento di chi lavora in un comune o in una comunità di valle. L’esponente del Gruppo Misto ha poi ricordato che anche da parte dell’opposizione non c’è stato grande entusiasmo per il ddl o comunque ben diverso rispetto ai temi della rappresentanza politica o nei cda delle donne.


Olivi: la Giunta dimostri disponibilità sui temi del lavoro


Alessandro Olivi del Pd ha detto di condividere l’impostazione di Rossi e ha ricordato a Fugatti che dalle minoranze sono venute molte assunzioni di responsabilità, al di là di Vaia e del Covid. Uno dei temi sul quale individuare il bene comune, ha detto ancora, è quello del lavoro e del benessere familiare. Quindi, prendere in considerazione da parte della Giunta la possibilità di un’apertura su questo ddl è opportuno. Così come lo sarebbe sul ddl di riordino degli aiuti alle imprese di Spinelli, visto che il Pd ne ha depositato uno sulla stessa questione. ​


L’assessore Spinelli: il provvedimento non risolve il problema che affronta.


Nel pomeriggio, alla ripresa dei lavori in aula, l’assessore Achille Spinelli ha sottolineato che il tema posto dal ddl è serio ma che la posizione contraria della Giunta non è cambiata rispetto a quella esposta in commissione. Questo perché il ddl 25 non risolve il problema prevedendo un contributo ai datori di lavoro e un contributo ai lavoratori. L’obiettivo è il sostegno al reddito delle famiglie e della natalità più che dell’occupazione femminile come si vorrebbe con il provvedimento. In particolare Spinelli ha illustrato le criticità individuate dall’esecutivo anche per il forte impatto finanziario (8,5 milioni di euro) che l’attuazione di questa proposta comporterebbe. Per perseguire l’obiettivo, condivisibile, del ddl, secondo Spinelli sarebbe opportuno mantenere e potenziare gli interventi di politiche attive del lavoro a sostegno dell’occupazione femminile e puntare alla conciliazione vita-lavoro attraverso il Famili Act.


Zanella: occorre decidere se per la Giunta la natalità è un costo o un investimento.


Per Paolo Zanella di Futura ha motivato il proprio sostegno a questa proposta con l’esigenza primaria di favorire la natalità e l’occupazione femminile promuovendo le pari opportunità, le politiche di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro e di condivisione dei compiti di cura tra i genitori per crescere dei figli. Desta stupore per il consigliere che la Giunta respinga un ddl come questo pur dichiarandosi a favore della natalità e dell’occupazione femminile. Vero che si registra un aumento di richieste di congedi parentali da parte padri ma per il consigliere siamo ancora molto lontani dall’obiettivo della parità con le madri. Inoltre per i congedi si arriva a recepire al massimo il 30% della retribuzione, mentre Finlandia e Spagna garantiscono per molti mesi la copertura del 100 per 100 dello stipendio. Ciò permette a un genitore di accudire a casa i figli. Nella vicina Austria le retribuzioni nel periodo del congedo sono pari all’80% dello stipendio. Il problema della denatalità interessa oggi anche il Trentino. E da questo deriverà in prospettiva una sempre maggiore carenza di lavoratori. Il problema è quindi quali risposte il Paese e il Trentino vogliono dare alla mancanza di lavoratori. L’unica soluzione verrebbe dall’immigrazione ma allora occorre interrompere le politiche di chiusura all’arrivo di queste persone. Per Zanella occorrerebbero politiche migratorie inclusive. Se invece si teme la sostituzione etnica si andrà verso una selezione delle persone. Il consigliere ha espresso condivisione per l’articolo 1 che prevede iniziative di conciliazione e condivisione della responsabilità di cura fra uomini e donne, per la proposta del congedo di paternità, per l’equiparazione del trattamento tra pubblico e privato. Ha suggerito l’introduzione di un’indennità provinciale integrativa per alzare il limite del 30% della retribuzione arrivando almeno all’8%. Per un impegno di spesa del genere, sicuramente superiore a un milione di euro, è necessario chiarire se per la Provincia rappresenti un costo o un grande investimento sul futuro. Investimento per le donne lavoratrici ma anche per il bambino o la bambina che potrebbero avere accanto un genitore.


Degasperi: la Giunta avrebbe dovuto condividere gli obiettivi di questo ddl.


L’esponente di Onda ha dichiarato di sposare questo ddl per ragioni ideali: si tratta di lavorare per fare in modo che i figli rimangano con i loro genitori senza eccessivi sacrifici dal punto di vista economico. Misura questa che non sostituirebbe ma permetterebbe di integrare i servizi di conciliazione. Se è vero che oggi i dati sulla natalità in Trentino peggiorano di anno in anno, questo vuol dire che gli interventi fin’ora messi in campo dalla Provincia non sono sufficienti rispetto all’obiettivo dichiarato dalla Giunta di tutelare la maternità promuovendo la natalità. Strano, per Degasperi, che questo ddl sia stato bocciato quando per gli obiettivi che persegue avrebbe dovuto incontrare la condivisione della Giunta. Secondo il consigliere la Giunta avrebbe dovuto condividere questo ddl che prevede di mitigare le differenze tra pubblico e privato. Sorprendente è per Degasperi l’ammontare della cifra che l’assessore ritiene necessaria ai fini dell’attuazione di questa proposta normativa. Sul congedo parentale e l’integrazione dei contributi previdenziali proposti dal ddl, il consigliere ha detto di non capire perché la Giunta non condivida questo obiettivo. Per Degasperi, “se ci fosse la volontà di affrontare la questione gli ostacoli si potrebbero superare”. E “dall’Agenzia del lavoro su questo ddl era lecito attendersi qualche proposta di soluzione alternativa. Invece, le critiche sono state tante, le proposte alternative zero”. In definitiva secondo Degasperi la Giunta non motiva in modo adeguato il no a questo ddl che pone una questione legata non solo alle nascite perché sulle nascite, che in Italia dagli anni 70 sono progressivamente in calo, si basa anche il sistema economico.


Demagri: maternità e congedo non sono problemi ma opportunità 


Paola Demagri (Patt), cofirmataria nel 2019 di questo ddl quando Rossi era ancora nel suo stesso gruppo consiliare, ha espresso amarezza per le difficoltà delle donne che lavorano nel privato senza avere le stesse opportunità delle donne occupare nel pubblico. E ha aggiunto la convinzione che solo risolvendo le questioni riguardanti la famiglia come la difficoltà di conciliare lavoro e famiglia, di ottenere congedi parentali per occuparsi dei figli, di trovare posti negli asili nido, si possono risolvere anche i problemi della società. A suo avviso il problema della maternità e il problema del congedo parentale non dovrebbero costituire una difficoltà ma un’opportunità per rendere progressivamente autonomi i figli. Inoltre alla donna sarebbe possibile assentarsi dal lavoro senza ansia. Demagri ha citato il progetto Perla avviato e poi abbandonato dall’Apss, che costituiva uno strumento molto interessante in questa direzione. Il periodo della gravidanza delle donne sul lavoro non era percepito come uno stato di malattia. Da ciò era derivata una riduzione delle gravidanze a rischio. Accogliendo questo provvedimento, secondo la consigliera, la Giunta avrebbe potuto concludere questa legislatura in modo innovativo nei confronti delle famiglie e dimostrare capacità di collaborazione con le opposizioni. Questa chiusura non è verso le minoranze che propongono questo ddl ma verso le famiglie trentine.


GLI INTERVENTI DELLA SECONDA PARTE DEL POMERIGGIO


La prima seduta della sessione di settembre del Consiglio si è conclusa oggi pomeriggio con il prosieguo della discussione generale del ddl Rossi che ha l’obiettivo di parificare il trattamento di maternità delle lavoratrici private con quelle del settore pubblico. Ddl che la maggioranza ha dichiarato di voler respingere, pur ritenendo importante il tema. Ugo Rossi s’è detto disponibile a concordare emendamenti con la Giunta, ma se rimarrà il no ritirerà la proposta. Tutta la minoranza si schierata in difesa del disegno di legge. La discussione generale riprenderà domattina alle 10.


Dalzocchio: non si possono imporre vincoli alle aziende


La capogruppo della Lega, Mara Dalzocchio ha detto che la proposta è apprezzabile ma tocca due settori, quello pubblico e quello privato che hanno dinamiche completamente diverse. In sintesi, il pubblico non può organizzare la vita delle aziende. Non a caso il mondo dell’impresa ha espresso critiche. Le donne poi, al di là dei sacrosanto diritto alla maternità, vogliono tornare al lavoro per avere uno stipendio pieno e c’è più bisogno di flessibilità che di mesi in più per stare a casa. Insomma, il ddl Rossi, pur interessante, sarebbe ben difficilmente applicabile perché i contratti ci sono e le aziende hanno problemi di organizzazione. Calare dall’alto norme come questa non risolverebbe i problemi, va invece aperta una concertazione con tutti gli interessanti. Quindi, il no della Lega non è un no alla necessità di fare passi avanti nella tutela della maternità, ma per il fatto che si deve trovare una condivisione con le categorie e i lavoratori. Nel suo secondo intervento la capogruppo leghista ha ribadito che il ddl Rossi ha un contenuto meritevole, ma ci sono criticità e se rimanesse così com’è introdurrebbe discriminazioni tra le donne che lavorano nel privato. Si deve trovare, quindi, una soluzione condivisa evitando di banalizzare, magari affermando che la Giunta non ha fatto nulla, una questione così complessa. Serve perciò tempo per studiare a fondo le soluzioni. Perciò Dalzocchio ha ribadito il no della Lega al disegno di legge.


Marini: la situazione demografica è drammatica


Alex Marini (5 Stelle) ha sottolineato il dato demografico basandosi sul rapporto Istat numeri che descrivono una situazione di un potenziale quadro di crisi entro il 2050. La popolazione è in decrescita, e dagli attuali 59, 9 milioni si arriverà a 55 milioni nel 2070. Nel 2050 ci sarà un lavoratore ogni pensionato o adolescente. Un calo evidente di popolazione che sta colpendo anche il Trentino soprattutto nelle valli e nei piccoli centri. Le famiglie crescono, ma sono sempre più piccole e senza figli. Nel 2050, inoltre, il 30% degli italiani avrà più di 65 anni. Nel 2041 ci saranno 10 milioni di persone che vivranno da sole, ben 100 mila in Trentino. Quindi, in un quadro così fosco, secondo Marini, si devono mettere in campo tutti gli strumenti per affrontare il tema del calo demografico, compreso il ddl Rossi. Anche perché, problema nel problema, verrà meno anche l’aiuto che gli anziani stanno dando ai nipoti e ai figli poveri. Povertà che colpisce soprattutto gli adolescenti, basti pensare che un diciassettenne su 7 è in povertà assoluta. Inoltre, il tasso di attività femminile è al 50%, il più basso d’Europa, contro l’80% della Svezia. Abissale poi il tasso disoccupazione femminile che è al 34%, più del doppio della media europea. Le donne, più colte e brave, percepiscono stipendi che sono del 20% più bassi rispetto agli uomini. Per ciò che riguarda le pensioni le donne pensionate sono 5 milioni contro 6 milioni di uomini e ricevono il 30% in meno. Di fronte a questi dati “barbari”, ha continuato Marini, c’è il dovere di intervenire, anche accogliendo, almeno in parte, il ddl Rossi.


Rossi: nessuna imposizione alle aziende, solo premi


Ugo Rossi ha detto che i costi della proposta potrebbero in parte essere assorbiti dalle norme nazionali sul congedo parentale. E l’idea non è quella di obbligare le imprese, ma di dire che le aziende che vogliono avvicinare i trattamenti possono accedere ad un sostegno della Pat che verrebbe deciso dalla Giunta. Spinelli, ha affermato Rossi, ha detto che il ddl pone un problema vero ma non lo risolve. Però, ha continuato l’esponente dell’opposizione, è della Giunta il compito di affrontare e sciogliere i nodi. Inoltre, ha detto ancora, si è detto che i due terzi delle ditte hanno già trattamenti di maternità simili a quelli del pubblico, quindi si tratterebbe di trovare le risorse per il terzo che rimane. La Giunta, per il Covid, ha dato due milioni di euro di contributi a chi ha già un sacco di contributi per raccogliere le mele e non si trovano i soldi per questo provvedimento. Gli stessi imprenditori hanno chiesto di migliorare il ddl proprio perché hanno condiviso l’idea e hanno chiesto di fare bandi per la gestione delle risorse per l’avvicinamento dei trattamenti di maternità. Infine, l’esponente del Misto ha detto di essere disponibile a stralciare la parte dei congedi parentali, per fare almeno quello che hanno chiesto le aziende, cioè introdurre una premialità, andando a bando, per chi è disposto ad avvicinare le condizioni tra privato e pubblico.


Cia: sulla famiglia vanno indirizzati più fondi


Claudio Cia (FdI) ha detto che gli obiettivi del ddl sono condivisibili, ma ci sono difficoltà obiettive. Il capogruppo di Fratelli d’Italia ha detto di sognare che padri e madri possano stare vicini nei primi tre anni di vita ai figli, tornando al lavoro senza ripercussioni. Ma queste politiche, che probabilmente devono avere una dimensione nazionale, non possono ricadere sulle aziende. Cia ha poi ricordato che tutti i governi hanno trovato difficoltà finanziarie ad affrontare questo tema. FdI, ha concluso, non voterà il ddl anche se a Rossi va riconosciuta la sensibilità di affrontare un tema fondamentale come questo che riguarda le fasi più delicate della vita dei bambini e dei genitori. Però, ha concluso, sulla famiglia vanno indirizzanti fondi togliendoli da altri meno importanti.


Tonini: i diritti di cittadinanza dovrebbero essere uguali per tutti


Giorgio Tonini (Pd) ha affermato che il tema della natalità va affrontato con decisione e in modo urgente. C’è poi il piano dei diritti di cittadinanza che dovrebbero essere uguali per tutti. Nel dopoguerra su questo sono stati fatti grandi passi avanti per affrontare la grande frammentazione di diritti, garanzie e trattamenti, però manca ancora molta strada da fare. Le diversità di condizioni convivono spesso sotto il tetto dello stesso capannone, tra lavoratori che fanno lo stesso lavoro sotto lo stesso “padrone”. Un fenomeno che con le esternalizzazioni è entrato anche nel pubblico. C’è un terzo di lavoratori che hanno meno garanzie e diritti e ciò, con la crisi demografica, rappresenta una questione centrale. Rossi l’ha sollevata con un ddl presentato nel 2019 e non con un emendamento inserito d’improvviso nella finanziaria. Quindi, il tempo per approfondire c’è stato e la maggioranza, se lo boccerà, dovrà assumersene le responsabilità e per questo ha invitato Rossi a non ritirare la proposta.


Degasperi: gli imprenditori non hanno bocciato la proposta


Il pomeriggio è stato chiuso dall’intervento di Filippo Degasperi (Onda) il quale ha ricordato che gli imprenditori non hanno bocciato la proposta, anzi. Inoltre, ha ricordato, ci sono stati in commissione altri auditi, dal sindacato al Consigliere di parità, che hanno condiviso e espresso soddisfazione per il disegno di legge. Infine, ha chiesto alla Giunta di portare in aula i dati sul bonus bebè per capire se ha o no funzionato. ​


I lavori in aula proseguono a partire dalle 10.00 di domani, mercoledì 28 settembre.


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