Sentite cooperazione, associazioni che si occupano di accoglienza e famiglie
Altre audizioni della Commissione speciale di indagine in materia di affidamento dei minori
Si
è riunita nel pomeriggio di oggi la Commissione speciale di indagine
in materia di affidamento di minori, presieduta
da Mara
Dalzocchio,
per
proseguire l’audizione dei numerosi soggetti coinvolti
nell’operazione di ascolto avviata dal
Consiglio provinciale sull’argomento.
A
seguire una sintesi delle posizioni emerse.
Katia
Marai
(Federazione
della cooperazione)
e
Serenella
Cipriani (Consolida)
hanno illustrato
la loro attività nell’ambito della residenzialità e dell’affido
dei minori. Marai ha offerto la visione dal proprio osservatorio,
un’esperienza che l’ha
portata
a fare alcune considerazioni generali
rispetto al tema. In questo periodo storico, ha
detto, il
lavoro è particolarmente complesso e delicato, le situazioni
famigliari sono difficili e con un livello di conflittualità alta
tra genitori e figli. Le
comunità socio educative si occupano ed offrono accoglienza a minori
adolescenti tra i 12 e i 18 anni: si
tratta perlopiù di affidamenti consensuali, ove i genitori stessi
chiedono il supporto del servizio sociale e a volte l’intervento
delle forze dell’ordine per mettere una distanza tra loro e il
figlio adolescente. Il
lavoro è quello della ricostruzione di una relazione, un legame a
volte anche molto compromesso che va ripreso e ripensato.
Solitamente c’è un tempo di tregua e di allontanamento della
durata di un mese circa, al quale segue un lento percorso di
avvicinamento, mentre
la
permanenza media
in
comunità è di circa due anni.
Claudio
Bassetti per
il Coordinamento
nazionale delle comunità di accoglienza (CNCA)
ha premesso che la realtà nazionale del
Coordinamento raccoglie
circa 300 realtà associative, nell’ambito regionale sono 18, delle
quali due si occupano di minori (Progetto92
e Villaggio SOS).
In particolare, si cerca di affrontare la problematicità dei
rapporti famigliari offrendo l’accoglienza in comunità
residenziale temporanea ad adolescenti con vissuti particolarmente
difficili. La famiglia però è tutt’altro che esclusa, spesso gli
inserimenti sono condivisi e il rapporto viene mantenuto, nella
consapevolezza che l’obiettivo finale è
il ritorno in famiglia. L’attività e i servizi sono stati sempre
garantiti anche durante il lockdown,
periodo
in cui
sono arrivati ben 18 nuovi ragazzi. Prevenzione, supporto sociale
alle famiglie, potenziamento dell’offerta formativa, confronto tra
operatori di settore, azioni di ascolto sono le attività sulla quali
è centrata
l’attenzione delle
comunità. La creazione della Commissione d’indagine sull’argomento
ha creato a
suo parere non
poco sconcerto, perché pare che sottenda finalità più di carattere
mediatico e indagatorio che
interesse
per
l’accoglienza
e la tutela del minore.
Da parte nostra,
ha
aggiunto,
nessuna solidarietà a chi lavora
male,
tuttavia è controproducente indurre l’opinione pubblica al
sospetto. La Commissione dovrebbe piuttosto esplorare attraverso
tavoli tematici e iniziative di studio, modalità migliorative dei
servizi, coinvolgendo i
soggetti
che lavorano
con i minori.
Sconcertata
da
queste osservazioni la presidente dalla commissione
Mara
Dalzocchio
che ha replicato
che l’organismo
nasce
per fare chiarezza, non certo per insinuare dubbi sull’operato
delle realtà del territorio. Nessuno degli auditi del
resto si
è lamentato al
riguardo e
tutti hanno cercato di offrire
spunti propositivi.
Paola
Pisoni per
il Forum
delle associazioni
familiari del Trentino,
associazione
di secondo livello che non eroga servizi e non si occupa direttamente
di procedure di adozione o affido, ha espresso alcune considerazioni
di carattere generale. Il tema richiede molta prudenza e non si
presta a generalizzazioni perché al centro di ogni situazione c’è
un minore con i suoi legami e le sue difficoltà, ha
premesso.
Al
minore va
offerto un percorso personalizzato che risponda individualmente alla
sua situazione. 3 le
considerazioni
a
suo avviso fondamentali:
in primo luogo l’importanza
della
cura dei legami perché il minore cresce attraverso di
questi;
un secondo aspetto è il coinvolgimento del territorio e il lavoro
sulla territorialità degli interventi; infine l’ultima
osservazione riguarda la vocazione
al volontariato e all’associazionismo di prossimità
che va
sostenuto, valorizzato e, ove possibile, integrato.
Franca
Gamberoni e
Marialucia
Armanini
hanno esordito rispolverando l’asse centrale,
il
“centro di gravità”
del
lavoro di Alfid che è quello di “dare valore alle persone”. Noi
non vediamo i minori, ha precisato
Armanini, e
dunque
il
focus, accanto
all’attività di prevenzione,
è quello
di valorizzare
le risorse dei
genitori, costruire
e pensare percorsi insieme alle famiglie, rendendole protagoniste.
Paolo
Romito
e Stefania
Valle
sono intervenuti per l’Associazione
provinciale per i minori. Romito
ha espresso l’auspicio che a conclusione dell’attività di questa
Commissione venga definita una nuova strategia pubblica della
comunicazione su questa materia perché l’impatto emotivo su questi
temi è eccezionale e spesso ci si trova ad agire in posizione di
difesa. Ha quindi proseguito segnalando, dal suo speciale
osservatorio, un aumento eccezionale delle complessità e delle
difficoltà sia in ambito minorile che famigliare, accentuate
da questa pandemia. Infine, ha sottolineato l’importanza del lavoro
di prevenzione per fare in modo di evitare situazioni di emergenza.
La fragilità famigliare sempre più complessa e crescente è stata
evidenziata anche da Valle.
Rossano
Santuari
per l’Associazione
famiglie per l’accoglienza ha
spiegato che la
loro realtà, che collabora con servizi sociali della Pat da cui
raccoglie segnalazioni e bisogni, è costituita da una rete di
famiglie che aprono la casa a diverse esperienze valoriali di
accoglienza con 32 famiglie in regione. Abbiamo
assistito ad un aumento delle richieste ed all’aggravamento della
situazione negli ultimi anni, ha aggiunto: oggi si registrano molti
più disagi da parte del minore e anche da parte dei genitori. Un
nostro caposaldo, avvertito come necessario, ha
detto, è
l’apertura con la famiglia di origine affinché il ragazzo si senta
“voluto bene” e non respinto. Le situazioni a volte sono talmente
precarie che il progetto lascia presagire tempi molto lunghi: in
questi casi varrebbe la pena considerare dei provvedimenti che
superino i
2+2 anni per limitare la sensazione di precarietà che fa male ai
ragazzi. Infine un auspicio e
una considerazione:
è
necessario
investire su progetti condivisi
nel percorso
accoglienza-affido e servirebbero
percorsi integrati con servizi specialistici
che renderebbero più agevole la lettura di allarmi e comportamenti
che potrebbero
prevenirne
altri. Carlo
Segatta
ha aggiunto e ribadito che un aspetto fondamentale per l’associazione
è quello della condivisione del percorso e
degli aspetti motivazionali con le famiglie stesse.
Gli
spunti dei consiglieri
Sara
Ferrari (PD) ha
selezionato alcune domande: composizione e caratteristiche sociali
delle famiglie di cui stiamo parlando e
se i disagi hanno un legame con precarietà di natura occupazionale e
dunque economica; se ci si aspettano effetti di medio o lungo periodo
da questa pandemia; se in questo sistema ci sia qualcosa di
migliorabile nelle relazioni; come
attuare e declinare la prevenzione; se
si può
generalizzare una
prevalenza di
genere.
Quanto ai lavori della Commissione Ferrari ha espresso l’auspicio
che conclusa
questa esperienza si
possa promuovere una giornata di studio o una Conferenza di
informazione nella
quale tutti potranno avere riscontro dei risultati e degli esiti
dell’indagine.
Katia
Marai
ha replicato che le famiglie che arrivano sono cambiate di pari passo
con la società. Se 25 anni fa c’era una diffusa povertà
culturale, di risorse e di contesto, oggi vediamo diverse tipologie
di famiglie: livelli culturali e gradi di istruzione anche medio
alti, posizioni lavorative anche buone. Ci sono poi nuclei
monogenitoriali, di solito madri, esiti di separazioni molto
conflittuali. Ci sono molti servizi di prevenzione, che partono anche
da lontano, addirittura in gravidanza, rispetto
alla rete ci sono da potenziare alcuni passaggi, ma il contesto
trentino è sicuramente buono, anche se possono esserci margini di
miglioramento per esempio sulle prese in carico psicologiche degli
adolescenti, nei rapporti con azienda sanitaria ecc. Quanto
al genere, si possono isolare
manifestazioni
di disturbi prevalenti
riferibili
al genere diverso ma
non
appare esserci
una preponderanza
numerica
di
genere.
Franca
Gamberoni
ha sottolineato l’importanza della “manutenzione” dei legami e
della prevenzione, un percorso delicato e molto lungo.
Cipriani
ha aggiunto che nel lockdown
si è assistito ad un acutizzarsi dei disagi e ha sottolineato
l’importanza della rete tra i servizi sociali.
Romito
ha
notato
che le questioni poste da Ferrari sono estremamente complesse e
richiederebbero un lungo e articolato approfondimento. I disagi e le
difficoltà hanno una matrice culturale, senza differenze di
scolarizzazione, nel senso che provengono da una crisi profonda di
valori e riferimenti trasversalmente
in atto nella società.
Ha quindi proposto di creare e
stimolare la nascita di percorsi
preventivi il più possibile “non istituzionali” e, partendo
dalla constatazione dell’eccellenza del sistema trentino, ha
suggerito di lavorare sulla tempestività delle risposte alle
criticità.
Armanini
ha citato,
nell’ambito
della
prevenzione, la felice esperienza del gruppo di confronto tra
genitori, mentre per preparare alla genitorialità ha ricordato
l’esistenza dei corsi pre-parto, corsi percepiti come meno
etichettanti e di più
facile
accesso. Infine, ha
citato
il
grande
lavoro
sulle relazioni fatto
con
i genitori e
con
i ragazzi nelle scuole e l’importanza
della
costruzione di reti informali sul territorio e
la necessità di potenziare tutte le
situazioni in cui si possono costruire o ricostruire reti di
confronto e di relazione informali, che permettono di sostenersi e di
vivere meglio.
Bassetti
ha
confermato
la necessità di aprire dei tavoli di lavoro su questo argomento
perché le risposte a
domande
così puntuali come quelle poste da Ferrari, richiedono l’avvio di
un confronto, a maggior ragione dal momento che si percepisce un
sempre
più diffuso
bisogno di sostegno e di vicinanza. Le comunità sono sempre più
fragili e le famiglie soffrono di solitudine che accentua veri e
propri drammi e sofferenze. La vera
prevenzione
è “costruire comunità” e combattere le carenze relazionali
sociali. Dai tavoli può sicuramente uscire qualcosa di concreto e
utile per questa Commissione, ha
concluso.
Santuari
ha sottolineato il tema della prevenzione e quello della promozione
delle relazioni a partire dalla nascita dei bambini, perché la
grande questione è di fatto la solitudine. Nella genitorialità c’è
il timore e la paura di “fare male”, di “non essere in grado”,
che nell’isolamento si accentua e fa emergere il
disagio: il confronto e l’apertura con gli
altri
è capace di stimolare quell’empowerment
nel quale a volte non si crede a sufficienza. L’auspicio è che si
possa comunicare e condividere ancora, per crescere ed arricchirsi
reciprocamente.
L’assessora
Stefania
Segnana è
intervenuta infine a ringraziare per l’interessante ed attento
scambio di opinioni e spunti.
Si
è unita ai ringraziamenti Mara
Dalzocchio
che
ha ribadito che la
Commissione
è nata per
tranquillizzare
le famiglie
e capire come funziona il sistema
trentino,
sicuramente un
sistema di eccellenza,
che non
per questo non presenta
margini di miglioramento, nell’interesse esclusivo dei minori.
Questa
Commissione, ha
aggiunto, è
già di per sé un tavolo di lavoro, ma
ciò non toglie che non si possano attivare ulteriori momenti di
confronto.
Infine,
sono state disposte le prossime audizioni per il giorno 8 febbraio.