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18/01/2021 - In aula o in commissione

Altre audizioni della Commissione speciale di indagine in materia di affidamento dei minori

Sentite cooperazione, associazioni che si occupano di accoglienza e famiglie

Altre audizioni della Commissione speciale di indagine in materia di affidamento dei minori

Altre audizioni della Commissione speciale di indagine in materia di affidamento dei minori
Si è riunita nel pomeriggio di oggi la Commissione speciale di indagine in materia di affidamento di minori, presieduta da Mara Dalzocchio, per proseguire l’audizione dei numerosi soggetti coinvolti nell’operazione di ascolto avviata dal Consiglio provinciale sull’argomento.

A seguire una sintesi delle posizioni emerse.


Katia Marai (Federazione della cooperazione) e Serenella Cipriani (Consolida) hanno illustrato la loro attività nell’ambito della residenzialità e dell’affido dei minori. Marai ha offerto la visione dal proprio osservatorio, un’esperienza che l’ha portata a fare alcune considerazioni generali rispetto al tema. In questo periodo storico, ha detto, il lavoro è particolarmente complesso e delicato, le situazioni famigliari sono difficili e con un livello di conflittualità alta tra genitori e figli. Le comunità socio educative si occupano ed offrono accoglienza a minori adolescenti tra i 12 e i 18 anni: si tratta perlopiù di affidamenti consensuali, ove i genitori stessi chiedono il supporto del servizio sociale e a volte l’intervento delle forze dell’ordine per mettere una distanza tra loro e il figlio adolescente. Il lavoro è quello della ricostruzione di una relazione, un legame a volte anche molto compromesso che va ripreso e ripensato. Solitamente c’è un tempo di tregua e di allontanamento della durata di un mese circa, al quale segue un lento percorso di avvicinamento, mentre la permanenza media in comunità è di circa due anni.


Claudio Bassetti per il Coordinamento nazionale delle comunità di accoglienza (CNCA) ha premesso che la realtà nazionale del Coordinamento raccoglie circa 300 realtà associative, nell’ambito regionale sono 18, delle quali due si occupano di minori (Progetto92 e Villaggio SOS). In particolare, si cerca di affrontare la problematicità dei rapporti famigliari offrendo l’accoglienza in comunità residenziale temporanea ad adolescenti con vissuti particolarmente difficili. La famiglia però è tutt’altro che esclusa, spesso gli inserimenti sono condivisi e il rapporto viene mantenuto, nella consapevolezza che l’obiettivo finale è il ritorno in famiglia. L’attività e i servizi sono stati sempre garantiti anche durante il lockdown, periodo in cui sono arrivati ben 18 nuovi ragazzi. Prevenzione, supporto sociale alle famiglie, potenziamento dell’offerta formativa, confronto tra operatori di settore, azioni di ascolto sono le attività sulla quali è centrata l’attenzione delle comunità. La creazione della Commissione d’indagine sull’argomento ha creato a suo parere non poco sconcerto, perché pare che sottenda finalità più di carattere mediatico e indagatorio che interesse per l’accoglienza e la tutela del minore. Da parte nostra, ha aggiunto, nessuna solidarietà a chi lavora male, tuttavia è controproducente indurre l’opinione pubblica al sospetto. La Commissione dovrebbe piuttosto esplorare attraverso tavoli tematici e iniziative di studio, modalità migliorative dei servizi, coinvolgendo i soggetti che lavorano con i minori.


Sconcertata da queste osservazioni la presidente dalla commissione Mara Dalzocchio che ha replicato che l’organismo nasce per fare chiarezza, non certo per insinuare dubbi sull’operato delle realtà del territorio. Nessuno degli auditi del resto si è lamentato al riguardo e tutti hanno cercato di offrire spunti propositivi.


Paola Pisoni per il Forum delle associazioni familiari del Trentino, associazione di secondo livello che non eroga servizi e non si occupa direttamente di procedure di adozione o affido, ha espresso alcune considerazioni di carattere generale. Il tema richiede molta prudenza e non si presta a generalizzazioni perché al centro di ogni situazione c’è un minore con i suoi legami e le sue difficoltà, ha premesso. Al minore va offerto un percorso personalizzato che risponda individualmente alla sua situazione. 3 le considerazioni a suo avviso fondamentali: in primo luogo l’importanza della cura dei legami perché il minore cresce attraverso di questi; un secondo aspetto è il coinvolgimento del territorio e il lavoro sulla territorialità degli interventi; infine l’ultima osservazione riguarda la vocazione al volontariato e all’associazionismo di prossimità che va sostenuto, valorizzato e, ove possibile, integrato.


Franca Gamberoni e Marialucia Armanini hanno esordito rispolverando l’asse centrale, il “centro di gravità” del lavoro di Alfid che è quello di “dare valore alle persone”. Noi non vediamo i minori, ha precisato Armanini, e dunque il focus, accanto all’attività di prevenzione, è quello di valorizzare le risorse dei genitori, costruire e pensare percorsi insieme alle famiglie, rendendole protagoniste.


Paolo Romito e Stefania Valle sono intervenuti per l’Associazione provinciale per i minori. Romito ha espresso l’auspicio che a conclusione dell’attività di questa Commissione venga definita una nuova strategia pubblica della comunicazione su questa materia perché l’impatto emotivo su questi temi è eccezionale e spesso ci si trova ad agire in posizione di difesa. Ha quindi proseguito segnalando, dal suo speciale osservatorio, un aumento eccezionale delle complessità e delle difficoltà sia in ambito minorile che famigliare, accentuate da questa pandemia. Infine, ha sottolineato l’importanza del lavoro di prevenzione per fare in modo di evitare situazioni di emergenza. La fragilità famigliare sempre più complessa e crescente è stata evidenziata anche da Valle.


Rossano Santuari per l’Associazione famiglie per l’accoglienza ha spiegato che la loro realtà, che collabora con servizi sociali della Pat da cui raccoglie segnalazioni e bisogni, è costituita da una rete di famiglie che aprono la casa a diverse esperienze valoriali di accoglienza con 32 famiglie in regione. Abbiamo assistito ad un aumento delle richieste ed all’aggravamento della situazione negli ultimi anni, ha aggiunto: oggi si registrano molti più disagi da parte del minore e anche da parte dei genitori. Un nostro caposaldo, avvertito come necessario, ha detto, è l’apertura con la famiglia di origine affinché il ragazzo si senta “voluto bene” e non respinto. Le situazioni a volte sono talmente precarie che il progetto lascia presagire tempi molto lunghi: in questi casi varrebbe la pena considerare dei provvedimenti che superino i 2+2 anni per limitare la sensazione di precarietà che fa male ai ragazzi. Infine un auspicio e una considerazione: è necessario investire su progetti condivisi nel percorso accoglienza-affido e servirebbero percorsi integrati con servizi specialistici che renderebbero più agevole la lettura di allarmi e comportamenti che potrebbero prevenirne altri. Carlo Segatta ha aggiunto e ribadito che un aspetto fondamentale per l’associazione è quello della condivisione del percorso e degli aspetti motivazionali con le famiglie stesse.


Gli spunti dei consiglieri

Sara Ferrari (PD) ha selezionato alcune domande: composizione e caratteristiche sociali delle famiglie di cui stiamo parlando e se i disagi hanno un legame con precarietà di natura occupazionale e dunque economica; se ci si aspettano effetti di medio o lungo periodo da questa pandemia; se in questo sistema ci sia qualcosa di migliorabile nelle relazioni; come attuare e declinare la prevenzione; se si può generalizzare una prevalenza di genere. Quanto ai lavori della Commissione Ferrari ha espresso l’auspicio che conclusa questa esperienza si possa promuovere una giornata di studio o una Conferenza di informazione nella quale tutti potranno avere riscontro dei risultati e degli esiti dell’indagine.

Katia Marai ha replicato che le famiglie che arrivano sono cambiate di pari passo con la società. Se 25 anni fa c’era una diffusa povertà culturale, di risorse e di contesto, oggi vediamo diverse tipologie di famiglie: livelli culturali e gradi di istruzione anche medio alti, posizioni lavorative anche buone. Ci sono poi nuclei monogenitoriali, di solito madri, esiti di separazioni molto conflittuali. Ci sono molti servizi di prevenzione, che partono anche da lontano, addirittura in gravidanza, rispetto alla rete ci sono da potenziare alcuni passaggi, ma il contesto trentino è sicuramente buono, anche se possono esserci margini di miglioramento per esempio sulle prese in carico psicologiche degli adolescenti, nei rapporti con azienda sanitaria ecc. Quanto al genere, si possono isolare manifestazioni di disturbi prevalenti riferibili al genere diverso ma non appare esserci una preponderanza numerica di genere.

Franca Gamberoni ha sottolineato l’importanza della “manutenzione” dei legami e della prevenzione, un percorso delicato e molto lungo.

Cipriani ha aggiunto che nel lockdown si è assistito ad un acutizzarsi dei disagi e ha sottolineato l’importanza della rete tra i servizi sociali.

Romito ha notato che le questioni poste da Ferrari sono estremamente complesse e richiederebbero un lungo e articolato approfondimento. I disagi e le difficoltà hanno una matrice culturale, senza differenze di scolarizzazione, nel senso che provengono da una crisi profonda di valori e riferimenti trasversalmente in atto nella società. Ha quindi proposto di creare e stimolare la nascita di percorsi preventivi il più possibile “non istituzionali” e, partendo dalla constatazione dell’eccellenza del sistema trentino, ha suggerito di lavorare sulla tempestività delle risposte alle criticità.

Armanini ha citato, nell’ambito della prevenzione, la felice esperienza del gruppo di confronto tra genitori, mentre per preparare alla genitorialità ha ricordato l’esistenza dei corsi pre-parto, corsi percepiti come meno etichettanti e di più facile accesso. Infine, ha citato il grande lavoro sulle relazioni fatto con i genitori e con i ragazzi nelle scuole e l’importanza della costruzione di reti informali sul territorio e la necessità di potenziare tutte le situazioni in cui si possono costruire o ricostruire reti di confronto e di relazione informali, che permettono di sostenersi e di vivere meglio.

Bassetti ha confermato la necessità di aprire dei tavoli di lavoro su questo argomento perché le risposte a domande così puntuali come quelle poste da Ferrari, richiedono l’avvio di un confronto, a maggior ragione dal momento che si percepisce un sempre più diffuso bisogno di sostegno e di vicinanza. Le comunità sono sempre più fragili e le famiglie soffrono di solitudine che accentua veri e propri drammi e sofferenze. La vera prevenzione è “costruire comunità” e combattere le carenze relazionali sociali. Dai tavoli può sicuramente uscire qualcosa di concreto e utile per questa Commissione, ha concluso.

Santuari ha sottolineato il tema della prevenzione e quello della promozione delle relazioni a partire dalla nascita dei bambini, perché la grande questione è di fatto la solitudine. Nella genitorialità c’è il timore e la paura di “fare male”, di “non essere in grado”, che nell’isolamento si accentua e fa emergere il disagio: il confronto e l’apertura con gli altri è capace di stimolare quell’empowerment nel quale a volte non si crede a sufficienza. L’auspicio è che si possa comunicare e condividere ancora, per crescere ed arricchirsi reciprocamente.


L’assessora Stefania Segnana è intervenuta infine a ringraziare per l’interessante ed attento scambio di opinioni e spunti.


Si è unita ai ringraziamenti Mara Dalzocchio che ha ribadito che la Commissione è nata per tranquillizzare le famiglie e capire come funziona il sistema trentino, sicuramente un sistema di eccellenza, che non per questo non presenta margini di miglioramento, nell’interesse esclusivo dei minori. Questa Commissione, ha aggiunto, è già di per sé un tavolo di lavoro, ma ciò non toglie che non si possano attivare ulteriori momenti di confronto. Infine, sono state disposte le prossime audizioni per il giorno 8 febbraio.