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Cinque Terre e Alpi Marittime, due Parchi fra ambiente e turismo

La visita della Terza Commissione in Liguria e Piemonte

Cinque Terre e Alpi Marittime, due Parchi fra ambiente e turismo

Sempre più importante il coinvolgimento degli operatori economici. Il rapporto con i lupi

Cinque Terre e Alpi Marittime, due Parchi fra ambiente e turismo
(Nella foto - clic per ingrandirla - i consiglieri e i dirigenti provinciali al Parco delle Cinque Terre)

Due Parchi dell’Italia nord occidentale in due giorni. Una fitta serie di incontri, colloqui e sopralluoghi che hanno arricchito il bagaglio di idee e conoscenze utili alla prossima valutazione delle proposte legislative (vedi link in coda all'articolo) presentate al Consiglio provinciale per migliorare la gestione e sviluppare in chiave turistica i Parchi naturali del Trentino, fermo restando il requisito della sostenibilità.

Questo l’obiettivo raggiunto con la visita di giovedì scorso al Parco nazionale delle Cinque Terre in Liguria e venerdì 27 al Parco naturale delle Alpi Marittime in Piemonte, dalla Terza Commissione del Consiglio.

Oltre al presidente dell’organo legislativo Roberto Pinter, della Sinistra democratica, c’erano Roberto Bombarda dei Verdi (firmatario del disegno di legge che mira a istituire nella nostra provincia 6 nuovi parchi naturali e altri 6 parchi fluviali), Sergio Divina della Lega Nord, Nerio Giovanazzi di Forza Italia, Giorgio Viganò della Margherita. Con loro anche Walter Viola di Forza Italia, che si è aggregato pur non essendo membro della Commissione, per studiare il possibile rilancio delle politiche turistiche in Trentino. Della comitiva, per la Giunta provinciale, facevano parte anche i dirigenti Paola Matonti e Romano Masè.

Cinque Terre e turismo sostenibile.

Particolarmente stimolante è apparso ai politici trentini l’impatto con il Parco nazionale delle Cinque Terre, non solo per i suoi verdi terrazzamenti di vigneti arrampicati lungo i vertiginosi pendii che sovrastano questo tratto di mare protetto da rigorose misure di tutela, ma soprattutto per il ruolo innovativo assunto dall’ente gestore.

In sostanza – come hanno spiegato ai consiglieri trentini, accogliendoli nella sede di Riomaggiore, il presidente del Parco Franco Bonanini e Mariolina Besio, architetto membro del cda e docente di urbanistica all’università di Genova – in quest’area della provincia di La Spezia che abbraccia solo 5 miglia di costa nella Liguria orientale, popolata da 5000 abitanti ma presa ogni anno d’assalto da più di 2 milioni di turisti provenienti da tutto il mondo (molti gli australiani), anziché cedere alle “sirene” di un business a portata di mano e sfruttare subito i grandi numeri calamitati anche dal prestigioso marchio della zona (riconosciuta “patrimonio dell’umanità” dall’Unesco), si è optato per un modello di sviluppo “autoctono” capace di garantire un futuro alle comunità locali.

Come? Da un lato proteggendo dagli assalti di un’economia turistica tendenzialmente “di rapina” i delicati equilibri ambientali, dall’altro con un forte investimento nelle attività agricole e di “filiera” dei prodotti tipici locali, per evitare l’abbandono delle colture tradizionali e dei vigneti da cui dipende la tenuta anche geologica delle terrazze e del suolo a picco sul mare.

“Il direttivo – ha detto il presidente Bonanini rispondendo alle domande dei consiglieri trentini – ha preferito ragionare in prospettiva per assicurare alle generazioni che verranno dopo di noi l’opportunità di rimanere a vivere e a lavorare nelle Cinque Terre. Il Parco funge quindi da coordinatore delle attività economiche locali per promuoverne il consolidamento, tutelare l’identità e la qualità dell’offerta locale e dar lavoro ai giovani.
Oggi sono 200 i ragazzi impiegati nelle cooperative alle quali il Parco ha affidato la responsabilità di gestire vari settori produttivi e di servizio”.

Di qui il “no” alla costruzione di altri grandi alberghi, accompagnato dalle agevolazioni urbanistiche concesse ad affittacamere e bed & breakfast, al recupero dei vecchi rustici anche a scopo turistico purché i proprietari coltivino le terre circostanti. Di qui anche la Cinque Terre card, vero e proprio “biglietto d’ingresso” al Parco venduto dall’ente nella vecchia stazione ferroviaria di Riomaggiore per regolamentare e agevolare la mobilità e la visita sostenibile all’area, spingere i turisti a visitare l’entroterra e non più solo il lungo mare utilizzando le risorse ricavate a sostegno delle cooperative sorte per produrre e distribuire i vini (tra cui il rinomato Sciacchetrà), ma anche nei settori della ristorazione e del commercio.

Per riuscire nell’impresa occorreva un potere forte, esercitato dall’ente con il Piano Parco alle cui scelte i Comuni delle Cinque Terre (Riomaggiore, Manarola, Corniglia, Vernazza e Monterosso) sono urbanisticamente assoggettati. Piano che ha permesso al Parco non solo di imporre vincoli ma di diventare anche un “motore” dell’economia locale, dando impulso all’iniziativa degli operatori agricoli, turistici e commerciali. Come? Ad esempio proponendo loro agevolazioni in cambio dell’impegno ad osservare il marchio di qualità ambientale Ecolabel, ad utilizzare prodotti tipici locali (niente würstel, insomma) e concorrere alla certificazione del territorio.

Il ruolo di governo a metà strada tra il sostitutivo e il propedeutico rispetto all’iniziativa privata che il Parco ha voluto assumere, è pienamente condiviso dai cinque Comuni con cui il presidente Bonanini lavora in simbiosi per rappresentare all’esterno le ragioni delle Cinque Terre. Una sinergia testimoniata anche dal Sindaco di Vernazza, Gerolamo Leonardini: “non abbiamo mai avuto bisogno di accordi formali – ha osservato parlando ai consiglieri trentini – perché fra Comuni e Parco c’è sempre stata unità d’intenti e ci muoviamo come se fossimo un’unica amministrazione”.

Guidati dal presidente della Cooperativa sentieri e terrazze Pierino Moggia, il maggior esperto del Parco, i consiglieri hanno poi ammirato alcuni scorci dei 40 ettari di campagna, in prevalenza vigneti, strappata alla costa scoscesa delle Cinque Terre e lavorata utilizzando uno speciale trenino, visitando poi la Cantina, il Laboratorio dei prodotti tipici locali (oltre al vino anche aglio, peperoncino, pomodoro, pesto, miele, salse, grappe, marmellate, limoncino, erbe, ecc.) e uno dei punti di ristoro gestito dai giovani ai quali il Parco ha affidato queste piccole ma vitali strutture dell’area.

Sulle Alpi Marittime è arrivato il lupo.

Più rispondente alla classica immagine dell’area presidiata per salvaguardare la flora e soprattutto la fauna, si è invece presentato agli occhi della Terza Commissione il Parco naturale delle Alpi Marittime, poco distante da Cuneo, visitato il giorno dopo.

Ad accogliere i consiglieri provinciali trentini nella sede operativa di Entracque c’era la direttrice dell’ente, Patrizia Rossi, che ha subito illustrato attraverso un video la realtà del Parco. Istituto nel 1995 con legge dalla Regione Piemonte da cui dipende direttamente e frutto della fusione del Parco naturale dell'Argentera (dal nome della cima più alta, 3297 metri, istituito nel 1980) con la Riserva del Bosco e dei Laghi di Palanfré (creata nel 1979), il Parco occupa una superficie di 27.945 ettari, ripartita fra tre valli (Gesso, Stura, Vermenagna) e quattro comuni (Aisone, Entracque, Valdieri, Vernante).

Le “Marittime”, estremo lembo meridionale della catena alpina (ad appena 40 km dal mar Tirreno), dividono la pianura piemontese dalla costa nizzarda e sono comprese tra due valichi molto frequentati fin dall'antichità: il Colle di Tenda e il Colle della Maddalena. Entrambi i versanti delle Marittime sono sottoposti a protezione: infatti, sul lato francese, si estende il vasto Parco nazionale del Mercantour.

I due Parchi confinano per oltre 35 chilometri e formano nel loro insieme un'area protetta di oltre 100 mila ettari. “Prossimamente questo nostro sistema trasfrontaliero – ha detto la direttrice – potrebbe diventare il primo esempio europeo di Parco internazionale”. Per favorire questa prospettiva, da tempo Marittime e Mercantour collaborano strettamente ad una serie di progetti e, dopo essersi gemellati nel 1987, hanno ottenuto nel 1993 il Diploma Europeo per l’Ambiente, importante riconoscimento che ha dato ulteriore impulso allo studio e alla realizzazione di una politica comune di protezione del territorio e di sviluppo economico.

Il Parco delle Alpi Marittime, ricco di ben 80 laghi e di 2600 specie di fiori molti dei quali visibili nel Giardino botanico e alle Terme di Valdieri visitate dai consiglieri, è popolato da più di 4.500 camosci, da 500 stambecchi, da sette coppie di aquile reali, da alcuni gipeti (i cosiddetti “avvoltoi con la barba”, dotati di una grande apertura alare) e da alcune decine di lupi, recentemente approdati qui dagli Appennini, oggetto di un apposito progetto di tutela e di un costante monitoraggio, che hanno ovviamente incuriosito il gruppo trentino.

“Il lupo può spostarsi rapidamente percorrendo diverse centinaia di chilometri al giorno e non escluderei – ha avvertito la Rossi – che arrivi anche nella vostra provincia”.

Il lupo (l’anno prossimo i visitatori potranno ammirarlo da un apposito osservatorio – battezzato “Centro del lupo” – in costruzione accanto alla sede di Entracque, da cui si vedranno 7 ettari di territorio faunistico recintato), ha inizialmente suscitato timori e proteste fra i pochi agricoltori e allevatori del posto dediti alla zootecnia e alla pastorizia nel Parco, ma poi si è inserito bene nell’ecosistema alpino riducendo il numero prima eccessivo sia di cinghiali che danneggiavano le colture, sia di mufloni. Per indennizzare gli operatori economici dei danni causati al bestiame dai lupi, il Parco ha creato un apposito fondo di 20mila euro.

Nella seconda metà dell’800 le Alpi Marittime divennero Riserva Reale di Caccia perché i Sindaci dei Comuni della zona cedettero a Vittorio Emanuele II, affascinato da questo paesaggio naturale, i diritti venatori e di pesca nel loro territorio immaginando i vantaggi che sarebbero derivati. E infatti Casa Savoia, che edificò la propria residenza estiva a Sant'Anna di Valdieri, palazzine di caccia a San Giacomo di Entracque e al Piano del Falasco con alcuni chalet alle Terme, fu salutare per l’economia locale dando lavoro ai guardiacaccia e ai valligiani coinvolti nelle battute venatorie, nella manutenzione dei sentieri, nelle attività di cucina e pulizia. La Regina Elena inaugurò anche una scuola rimasta attiva fino agli anni ’50 e recuperata oggi dal Parco che l’ha trasformata nel Rifugio escursionistico “Locanda del Sorriso”.

L’unico insediamento umano stabile all’interno del Parco è S. Anna di Valdieri, con 60 abitanti, dove ogni anno in agosto avviene la tradizionale battitura della segale, evento che attira molti turisti. Qui esiste un solo punto vendita, l’Osteria negozio “I Batteaur”, sostenuto dal Parco e parte integrante dell’Ecomuseo delle Marittime.

Anche questo Parco ha un Piano d’area di durata decennale e quindi di prossima revisione, “che – ha spiegato la direttrice – ha il valore di un Prg e semplifica burocraticamente la realizzazione delle opere già da esso previste”.

Di rilievo è poi l’adesione del Parco alla “Carta europea per il turismo sostenibile”, nella quale si è inserita l’Associazione Ecoturismo in Marittime, presieduta da Gianluca Scapin, che si occupa della promozione della commercializzazione dell’offerta dell’area.

La Carta – ha sottolineato Scapin – è un impegno sottoscritto dal Parco e dalla quasi totalità degli operatori turistici (una quarantina in tutto) che dietro il versamento di un contributo di 100 euro e l'osservanza di precise norme ecologiche dà a ciascuno il diritto di fregiarsi di questo marchio di qualità e di partecipare alla formazione di una strategia di sviluppo efficace insieme ai 4 Comuni coinvolti. Tutto è iniziato nel 2001, ma il turismo ecosostenibile costituisce indubbiamente la principale scommessa del futuro per il Parco delle Alpi Marittime.


Approfondimenti
Disegno di legge n. 57/XIII di iniziativa consiliare
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Disegno di legge n. 77/XIII di iniziativa consiliare
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