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20/06/2019 - In aula o in commissione

Il ddl di Marini sul referendum passa in Aula, ma senza la riduzione del quorum al 20%

Depotenziata dal Consiglio la modifica della normativa provinciale sulla democrazia diretta del 2003

Il ddl di Marini sul referendum passa in Aula, ma senza la riduzione del quorum al 20%

Gottardi: una minoranza organizzata su un tema non può opporsi alla democrazia rappresentativa

Il ddl di Marini sul referendum passa in Aula, ma senza la riduzione del quorum al 20%

Bocciato l’articolo 1, che era anche il più “impattante” dei 7 da cui era formato il provvedimento perché riguardava la riduzione del quorum di partecipazione dal 50 al 20% per la validità dei referendum, a fine mattinata il Consiglio ha approvato il disegno di legge “depotenziato” proposto da Marini (5 stelle), dal collega Degasperi, da Futura e dal Patt per modificare la normativa provinciale in materia, che risale al 2003. I voti a favore sono stati 29, astenuto Cia (Agire), Degasperi (5 stelle), presente in Aula è risultato “non partecipante al voto” mentre si è registrato un solo “no”, espresso dall’assessore Mario Tonina.


La discussione.


Dopo l’avvio della discussione di questa mattina sul disegno di legge in materia di referendum e le due sospensioni dei lavori chieste e ottenute prima dall’assessore Bisesti per confrontarsi con Marini (5 stelle) e Zeni (Pd) e poi da quest’ultimo per discutere con i colleghi della minoranza, nel tentativo di trovare un accordo politico sui due disegni di legge da loro proposti, al rientro in Aula Marini ha riferito che le trattative sono risultate infruttuose.

Sempre Marini, nella sua replica, ha denunciato l’equivoco che con la democrazia diretta si mette in pericolo la democrazia rappresentativa. Si tratta invece di due forme complementari di partecipazione dei cittadini alla vita democratica e al governo. Anche la Commissione di Venezia ha precisato che la partecipazione non si limita al voto ma si esprime anche attraverso gli istituti di democrazia diretta. Vi è poi per Marini anche un equivoco sul quorum. I padri costituenti sostenevano che le regioni devono prevedere l’iniziativa popolare e i referendum non solo sulle leggi ma anche per il controllo degli atti amministrativi e in particolare della spesa pubblica. Una sentenza della Corte costituzionale, la 372 del 2004 affida alle regioni la facoltà di fissare il quorum. La Provincia di Bolzano ha conseguentemente fissato il quorum al 20%.

L’assessore Gottardi ha chiarito la posizione della Giunta che, considerati anche i lavori e le audizioni in Commissione, ritiene adeguato il quorum attuale ma vuole anche tener conto dell’esigenza emersa dai due ddl proponendo la soglia del 40%. Questo per abbassare una soglia come questa, che effettivamente si è dimostrata troppo elevata. Tuttavia i quorum adottati in altri Paesi europei non sono secondo l’esecutivo esportabili anche nella nostra provincia. Ogni sistema politico che si basa sulla democrazia rappresentativa ha delle regole che non possono essere sovvertite da minoranze organizzate servendosi del referendum abrogativo per cancellare le leggi. Non è vero che mantenendo il quorum così alto si vuole trasformare il referendum in un plebiscito né, come aveva dichiarato l’ex on. Fronza Crepaz, che vi è sì molta voglia dei cittadini di partecipare “ma solo se vi è potere sul banco”. Il potere sul banco c’è quando si va a votare e si esprime la volontà di delegare i propri rappresentanti a legiferare. Quanto al quorum legato non alla partecipazione dei cittadini ma alla metà dell’affluenza al voto, anche questa è un’ipotesi da valutare ma non trasferibile nella nostra realtà. Ogni territorio ha una propria connotazione e nel nostro contesto la partecipazione al momento elettorale è sempre stata alta in tutti i tipi di consultazione. Non è quindi il quorum a limitare la partecipazione ma lo scarso appeal che le consultazioni hanno sul corpo elettorale. Quando il tema è sentito vi è una grande partecipazione delle comunità locali. Quando invece il tema non è sentito la partecipazione cala. Non può quindi una minoranza particolarmente legata un tema costringere gli altri cittadini a partecipare. La soglia del 40% - ha concluso Gottardi - è per noi la conditio sine qua non per l’approvazione dei due ddl.


No all'articolo 1, sì al ddl.


A seguire il Consiglio ha respinto con 21 voti contrari e 11 il primo ordine del giorno proposto da Marini in merito al proprio ddl. 

Sul secondo odg Paolo Ghezzi (Futura) ha detto di condividere l’amarezza del collega Marini, nel frattempo uscito dall’Aula. Capisco l’inchiavardare sul quorum del 40% dal punto di vista politico-ideologico, ma lo stesso assessore Gottardi ha riconosciuto che la percentuale è stata fissata in modo discutibile. Inoltre il partito che ha ottenuto più consensi dai trentini nelle ultime elezioni dovrebbe apprezzare la volontà di favorire la loro partecipazione al voto. L’odg, di cui Ghezzi si è reso interprete al posto di Marini, voleva impegnare la Giunta a definire un ipotesi progettuale di libretto illustrato rivolto ai bambini delle scuole primarie e secondarie, perché loro possano iniziare a capire l’importanza della partecipazione. Si tratta di uno strumento educativo perché ci si senta partecipi della comunità in cui si è inseriti. “Approvare l’odg mi sembra non solo ragionevole ma doveroso perché quel che è richiesto dovrebbe stare a cuore a tutti”.

Rossi (Patt) ha chiesto quale posizione abbia la Giunta su questo odg. Se gli strumenti di democrazia diretta sono apprezzati da tutti, non si capisce perché dire di no ad un libretto come questo che avrebbe finalità educative nei confronti delle giovani generazioni.

L’assessore Gottardi ha spiegato che il no a questo odg è solo la logica conseguenza della contrarietà al ddl.

Ferrari (Pd) ha ricordato l’odg proposto dal consigliere Moranduzzo che la maggioranza si era autoapprovata sul rafforzamento dell’educazione civica nelle scuole del Trentino. Questo odg suggerisce invece all’assessore all’istruzione una modalità per spiegare ai giovani quali strumenti possono usare per partecipare ai processi decisionali ed è quindi coerente con il testo di Moranduzzo. Non si comprende quindi perché l’odg di oggi non si possa condividere.

L’odg è stato respinto con 18 no, 12 sì, un astenuto e un non partecipante al voto.

Nelle votazioni sul testo sono stati respinti a maggioranza gli articoli 1 e 3 insieme a tutti gli emendamenti, mentre sono stati approvate le altre 5 norme.


Il voto.


Nelle dichiarazioni di voto conclusive, Paolo Ghezzi (Futura) ha preannunciato il proprio voto a favore al ddl amputato dalla norma sul quorum. E ha chiesto all’assessore Bisesti di rispondere alla domanda che gli era stata posta dalla collega Ferrari. L’assenza di motivazione del no agli ordini del giorno di Marini segnala una mancanza di rispetto nei confronti del Parlamento del Trentino, rispetto al quale il presidente del Consiglio dovrebbe richiamare.

Coppola (Futura) ha ribadito la propria intenzione favorevole a questo ddl. E ha aggiunto di aver trovato inusuale dal punto di vista istituzionale che a fronte di qualcosa con cui non si è d’accordo, non ci si sforza neppure di valutare il contenuto. Come nel caso del secondo odg che è impossibile non condividere e lo si boccia solo solo perché collegato al ddl. Il rispetto per l’Aula passa anche da un atteggiamento di considerazione del punto di vista degli altri anche quando non lo si condivide.

Filippo Degasperi (5 stelle) si è detto dispiaciuto perché questo ddl era una proposta pregevole che la maggioranza non ha preso in considerazione. Cercare di confrontarsi in questo scenario è perfettamente inutile come dimostrano anche i due odg respinti senza motivazioni. Arriviamo ad approvare un ddl amputato dell’aspetto più importante. Avevo suggerito al collega Marini di ritirare il testo così ridotto perché fa solo comodo alla Giunta. Avere un atteggiamento costruttivo nei vostri confronti è perfettamente inutile.

Rossi (Patt) ha motivato il proprio voto favorevole al ddl visto che nei confronti del ddl successivo (del Pd) si prefigura una piccola apertura. Anche Rossi ha lamentato la mancata spiegazione richiesta all’assessore in merito al no della Giunta all’odg di Marini. Stupisce che Gottardi non abbia dato queste spiegazioni. Questo ddl ha avuto per Rossi il merito di riprendere quel che si era fermato e non aveva potuto arrivare in Aula nella scorsa legislatura. Coerenza esige che proprio per l’accordo minimale raggiunto con chi ha proposto il ddl. Nel ddl del Pd si farà un piccolo passo avanti. Rossi ha concluso con l’appello a non rifiutare il confronto in Aula.

Giorgio Tonini (Pd) ha annunciato ilvoto favorevole del gruppo da lui guidato al ddl pur privato dell’articolo 1 sulla soglia al 20%. Non avevamo condiviso questa soglia perché era un numero a caso, così come a caso era il 40% proposto dalla Giunta all’insegna della prudenza. Il Pd aveva preferito un’altra via: quella dell’aderenza alla Costituzione che per i referendum prevede un quorum (articolo 75). Quorum fissato nella metà del corpo elettorale: 50% degli aventi diritto al voto. Ma allora l’Italia andava a votare con percentuali che arrivavano al 90%. L’Italia di oggi e anche il Trentino di oggi sono diversi: votano il 60-70% nelle elezioni che hanno successo e molto meno in altre elezioni amministrative. Il Pd voleva quindi adeguare il quorum al comportamento elettorale: rispettare il principio cambiando la forma. Se il corpo elettorale è diventato più stretto, il quorum al 50% diventa inarrivabile. Anche chi non condivide un referendum sa che se vota no collabora con i proponenti interessati al raggiungimento del quorum. Se ci si astiene ci si confonde con chi non va a votare perché non gli interessa nulla. Tutto ciò comporta distorsioni nei comportamenti degli elettori. Per salvare lo spirito dell’articolo 75 della Costituzione bisogna cambiarne la forma. Come? Il quorum per il referendum dev’essere la metà più uno degli elettori che hanno effettivamente votato per il Parlamento e nel caso del Trentino del Consiglio provinciale. Tonini ha ricordato anche l’accordo raggiunto tra i partiti in Parlamento: un referendum passa se i sì sono più dei no e se sono almeno il 25% del corpo elettorale. Tonini ha detto che questo passo si sarebbe potuto fare stando dentro il principio costituzionale. Ha aggiunto che comunque vanno approvate almeno le parti salvate del ddl di Marini perché questo costituisce comunque un passo avanti.

IL DIBATTITO DELLA PRIMA PARTE DELLA MATTINATA.


Lavori sospesi su richiesta dell’assessore Bisesti per cercare un accordo con Pd e 5 stelle sui due ddl proposti per ridurre il quorum nei referendum


Lavori sospesi per mezz’ora in Consiglio provinciale per cercare un accordo tra maggioranza e minoranze sulla riduzione del quorum nei referendum. Il tentativo di mediazione è stato proposto dall’assessore Bisesti dopo i primi interventi ascoltati oggi in Aula in merito ai disegni di legge di Marini (5 stelle) e Zeni (Pd) che propongono di ridurre il quorum attualmente fissato dalla normativa provinciale al 50% di partecipanti al voto per poter considerare validi i referendum.


Dopo l’illustrazione ieri pomeriggio in Aula da parte di Alex Marini (5 stelle) del disegno di legge numero 2 da lui proposto per modificare la normativa provinciale sul referendum provinciale del 2003 con l’obiettivo di ridurre dal 50 al 20% il quorum dei partecipanti al voto da cui dipende la validità della consultazione, il Consiglio ha proseguito stamane la discussione del provvedimento.

Da segnalare a inizio seduta l’invito rivolto dal presidente Walter Kaswalder ad un gruppo di persone entrate nelle tribune del pubblico indossando una maglietta con la scritta “S.O.S. Sardagna”, a togliere l’indumento o ad uscire dall’Aula, cosa avvenuta subito, come prevede il regolamento consiliare. Kaswalder ha ricordato di aver incontrato ieri una rappresentanza dei manifestanti e di aver dato la disponibilità ad un incontro con i consiglieri nella pausa dei lavori d’Aula per ascoltare le loro istanze.


La discussione generale.


Alessandro Savoi (Lega) ha ricordato di aver partecipato fin dal 2012 alla gestazione di questo disegno di legge. Il quorum zero iniziale era per Savoi “impresentabile” mentre la Lega aveva proposto un quorum al 40% “o anche inferiore ma sempre molto vicina al 40%”. La soglia dev’essere a suo avviso elevata perché la democrazia diretta va bene, ma occorre salvaguardare anche la democrazia rappresentativa: per questo solo maggioranze molto elevate possono chiedere l’abrogazione di una legge. Giusto quindi per la Lega aggiornare la legge provinciale sul referendum del 2003 senza però abbassare più di tanto il quorum.

Ugo Rossi (Patt) ha spiegato perché lui e il collega Dallapiccola hanno deciso di sottoscrivere questo testo fin dalla scorsa legislatura. La Giunta precedente da lui guidata aveva aperto una trattativa con i responsabili del ddl di iniziativa popolare raggiungendo un compromesso da loro accettato e recepito in questo testo. Testo che introduce novità positive per la democrazia diretta garantendo che la peculiarità istituzionale e sostanziale della nostra Autonomia speciale. Secondo Rossi sono possibili comunque ulteriori mediazioni suggerite anche dai colleghi del Pd. Nonostante in Commissione non si sia riusciti a trovare una ulteriore mediazione, si potrebbe tentare in Aula di arrivare un accordo prima del voto. Sono stati depositati emendamenti riguardanti non il quorum di partecipazione al voto ma di approvazione, cioè di espressione favorevole del voto, che forse anche la maggioranza potrebbe recepire.

Luca Zeni (Pd) ha anticipato il contenuto del disegno di legge sulla stessa materia da lui proposto come primo firmatario e strettamente collegato a quello di Marini. Zeni è partito dalla disponibilitià a ragionare su una percentuale del 25% legata ai “sì” e non ai partecipanti al voto. Il Pd, ha aggiunto Zeni, riconosce l’importanza del quorum e di non far scadere i ragionamenti in banalità semplicistiche ma anche di adottare strumenti di democrazia diretta. Occorre per il Pd tener conto della bassa partecipazione a consultazioni elettorali e referendarie. Le campagne per l’astensionismo ha falsato le diverse “partite” referendarie. Per questo la proposta del Pd è di legare il quorum variabile alla percentuale di votanti alle ultime elezioni provinciali. Se ha votato l’’80% il quorum diventa il 40%. Il Pd ha anche preso atto in Commissione di un accordo raggiunto in Parlamento sul 25% dei sì, quindi la metà del 50% dell’elettorato. Questo vuol dire dare un ancoraggio sensato alla consultazione. Zeni ha concluso rinnovando l’appello alla maggioranza a rendersi risponibile per arrivare ad una maggioranza larga su questo tema, così com’è giàà avventuo in <Parlamento. Dicendo no all’adozione del criterio del 25% dei voti favorevoli rispetto alla basse elettorale, si dovrebbe spiegare perché non lo si vuole recepire anche a livello provinciale. Zeni ha invitato quindi la maggioranza a non irrigidirsi sul quorum fisso del 40%, trovando in Aula con un po’ di elasticità la formulazione congiunta alla quale non si è arrivati in Commissione.

Lucia Coppola (Futura) ha ricordato che il proprio gruppo è tra i sottoscrittori di questo ddl dei 5 stelle, perché l’articolo 1 sulla riduzione del quorum dal 50 al 20% dei partecipanti al voto referendario “è importante per tutti”. Per Coppola non ci si rende abbastanza conto di quanto la democrazia rappresentativa abbia bisogno di essere corroborata dalla democrazia diretta, per contrastare così la disaffezione dei cittadini al momento del voto. Basti pensare che alle ultime elezioni europee il 40% dei cittadini non ha partecipato al voto, o molti altri hanno votato scheda bianca o nulla. Per la consigliera questo ddl dopo 8 anni di iter si spera raggiunga un risultato condiviso con un compromesso accettabile da tutti. Si tratta di rafforzare nei cittadini il senso civico e la sensazione di contare sui temi che riguardano il bene comune. Se reale, la democrazia dovrebbe creare fiducia coinvolgendo i cittadini nelle decisioni che li riguardano. Cittadini che saranno così più motivati e disposti a farsi carico in prima persona dei problemi e dei risultati collettivi.

Claudio Cia (Agire) ha sottolineato che questo ddl è nato nel 2012 per un’iniziativa popolare e che era stata chiamata ad esprimersi anche la Commissione di Venezia, organo consultivo del Consiglio d’Europa. Commissione che sul quorum zero proposto dalla versione originaria di questo ddl, aveva dato parere positivo. Secondo Cia questo ddl è stato poi spogliato della vera novità che portava: l’introduzione del quorum zero. Oggi si è annullato il significato di ogni referendum perché prevale l’invito a non votare rivolto ai cittadini che vengono così privati di un diritto fondamentale. Per Cia i due ddl proposti (da 5 stelle e Pd) pur meritevoli di attenzione, alla fine non portano nessuna novità in materia di referendum. Per questo l’esponente di Agire ha preannunciato il proprio voto di astensione. Sarebbe infatti sbagliato dire no visto il lavoro degno di rispetto che è stato svolto, ma anche dire sì perché i due testi non cambiano nella sostanza nulla.

L’assessore Bisesti, in nome della volontà condivisa di promuovere la partecipazione dei cittadini ai referendum, ha chiesto e ottenuto dal presidente del Consiglio Kaswalder una sospensione per incontrare come Giunta i primi firmatari dei due ddl, Marini e Zeni, per tentare di raggiungere un accordo.

Al rientro in Aula Luca Zeni (Pd) ha chiesto e ottenuto dal presidente Kaswalder un’altra sospensione dei lavori del Consiglio per potersi confrontare con i colleghi della minoranza sull’ipotesi di accordo in merito ai disegni di legge oggi in discussione, riguardanti la disciplina del referendum provinciale, di cui aveva appena discusso con la Giunta insieme a Marini.