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23/03/2017 - In aula o in commissione

Consultazioni sul registro della bigenitorialità proposto dal ddl di Degasperi. Emersi pro e contro

In Quarta Commissione

Consultazioni sul registro della bigenitorialità proposto dal ddl di Degasperi. Emersi pro e contro

Testi allegati

Consultazioni sul registro della bigenitorialità proposto dal ddl di Degasperi. Emersi pro e contro
Per alcuni si tratta di uno strumento di scarsa efficacia, se non controproducente, mentre per altri risolverebbe molti problemi di comunicazione riguardanti i figli minori di genitori separati, specialmente quando le relazioni tra questi ultimi sono conflittuali. Hanno espresso pareri difformi i soggetti sentiti dalla Quarta Commissione – guidata oggi dal vicepresidente Walter Viola al posto di Detomas – sul disegno di legge 84 proposto da Filippo Degasperi, del Movimento 5 stelle, che prevede appunto l'istituzione nei Comuni del "registro della bigenitorialità". Obiettivo del provvedimento: garantire con il registro che i figli minori di genitori separati abbiano relazioni con entrambi, e ai due genitori di ricevere dagli enti pubblici tutte le comunicazioni riguardanti i loro bambini. In sostanza per Degasperi una legge provinciale servirebbe ad attuare l'articolo 337-3 del Codice civile, che afferma il diritto del minore di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori. Il Registro già esiste in Alto Adige nei Comuni di Bolzano, Laives, Merano e Bressanone, ma anche a Verona, Milano, Parma, Rimini, Cervia, La Spezia, Perugia e Bari. L'esame del ddl proseguirà fino al voto nella prossima seduta di Commissione.

Servizio mediazione familiare della Pat: meglio una legge nazionale che preveda il doppio domicilio del minore.

Per il Servizio mediazione familiare e gruppo per la tutela dei minori della Provincia, Loredana Benini ha sottolineato che il registro della bigenitorialità sarebbe meno efficace dell'introduzione nella normativa nazionale del doppio domicilio per l'affido condiviso. Se la legge italiana prevedesse questa soluzione, i giudizi potrebbero prendere provvedimenti urgenti evitando situazioni di conflittualità. Una sentenza del tribunale di Firenze del 2012 dispone, appunto, il domicilio del figlio presso entrambi i genitori, favorendo l'instaurarsi di relazioni interpersonali in entrambe i contesti. L'anno scorso il Servizio ha registrato 130 mediazioni, 80 delle quali attivate a livello provinciale da 16 mediatori familiari, di cui 12 pubblici. Il lavoro ha implicato 800 incontri e 1800 ore di attività complessive. Ciò documenta che i genitori hanno bisogno di un forte supporto e l'inserimento in legge del doppio domicilio a livello nazionale risponderebbe meglio al problema sollevato da Degasperi.

Maria Grazia Pensabene, mediatrice familiare della Provincia, ha ricordato che una legge nazionale sul doppio domicilio eviterebbe che ogni Comune affronti il problema a modo proprio quando invece servirebbe omogeneità ed equità. Per Pensabene il termine "bigenitorialità" andrebbe sostituito da quello di "cogenitorialità". Rispondendo a una domanda di Claudio Cia (Gruppo misto) la mediatrice ha evidenziato che una legge nazionale avrebbe molta più forza di un registro comunale, spesso affidato a servizi interni diversi (in certi casi l'anagrafe, in altri i servizi sociali). Al registro occorrerebbe comunque affiancare l'accompagnamento in un percorso di mediazione familiare.

Degasperi ha osservato che "non essendo le tematiche civilistiche di competenza della Provincia autonoma di Trento, l'obiettivo del mio disegno di legge è solo quello di fornire uno strumento in più visto per ovviare all'inefficacia della legge esistente. Con una legge la Provincia assumerebbe un ruolo di coordinamento aiutando i Comuni a valutare i problemi e le situazioni".

Plotegher (Pd) ha richiamato il fatto che la Provincia ha investito molto sul Servizio di mediazione, "per cui sarebbe importante investire anche in un accompagnamento preventivo delle coppie in fase di separazione a tutela dei diritti dei figli minori per evitare una conflittualità eccessiva a scapito dei bambini".

Benini ha ricordato che quest'opera di accompagnamento è già assicurata dal Servizio politiche sociali della Provincia attraverso gli incontri con i genitori, perché grazie alla mediazione familiare i loro accordi durino nel tempo in termini di comunicazione.

Viola ha richiamato alla necessità di attenersi alle competenze della Provincia, che non può legiferare in materia di doppio domicilio.

Apss favorevole, con qualche proposta migliorativa.

Per l'Azienda provinciale servizi sanitari, Elena Bravi, direttore dell'Unità operativa di psicologia clinica, ha condiviso in linea di massima il disegno di legge di Degasperi, pur con alcune precisazioni. Posto che indiscutibilmente il bambino ha diritto alla bigenitorialità sia sul piano etico sia sul piano giuridico, il registro non risponderebbe da solo al problema. In caso di separazioni civili, prive di un particolare grado di conflittualità, un registro del genere dovrebbe risultare inutile. Dove invece le coppie sono conflittuali, il registro, che va inteso solo come un atto amministrativo, potrebbe servire. Bravi ha infine evidenziato che sarebbe opportuno esplicitare i criteri di inclusione o meno nel registro. Degasperi ha ricordato che il ddl affida alla Provincia un ruolo di "supervisore", per cui certi aspetti di dettaglio come quelli evidenziati da Bravi potrebbero rientrare nel regolamento dei Comuni.

Il difensore civico: attenti a non creare un ulteriore adempimento burocratico.

Il difensore civico, Daniela Longo, ha ricordato di aver inserito il tema, a lei caro, nella relazione dello scorso anno. Normalmente il problema riguarda i padri, che subito dopo un provvedimento di separazione non sono aiutati dagli enti pubblici, come certe scuole che non danno le pagelle dei figli. Accade anche che l'azienda sanitaria o l'ufficio anagrafe del Comune non forniscono al padre i documenti riguardanti i figli minori. La ragione, dovuta ad ignoranza della legge, è che la responsabilità sarebbe solo delle madri. Il primo problema è quindi per Longo che gli enti pubblici dovrebbero consocere e attuare le norme sull'affidamento condiviso. Altro problema: il consenso dei genitori, uno dei quali potrebbe non volere l'iscrizione del figlio nel registro. Infine, il difensore civico ha richiamato l'importanza di un coordinamento generale con le norme esistenti. Ultimo rilievo: se il disegno di legge non prevede conseguenze per chi non si iscrive al registro, difficilmente lo strumento potrà funzionare. In sintesi, per Longo, il registro va bene se c'è il consenso di entrambi i genitori. Diversamente rischia di rappresentare un ulteriore adempimento burocratico o addirittura un nuovo motivo di conflittualità.

Per l'Ordine degli avvocati il registro risolverebbe molti problemi.

Per l'Ordine degli avvocati, Flavia Torresani ha osservato che il registro proposto mira ad un'applicazione pratica dei principi legislativi fondamentali esistenti, nell'ottica di garantire ai minori la paritetica partecipazione dei genitori ad ogni questione che li riguarda. Attraverso l'istituzione di questo registro, che sarà messo a disposizione di scuole, ospedali e altri enti pubblici, potranno essere messe a disposizione dei genitori le notizie riguardanti i figli, altrimenti di difficile accesso. Questo perché il minore abbia la conferma che i genitori sono considerati allo stesso livello e vengono interpellati entrambi dagli enti pubblici in caso di bisogno. Pur non avendo valenza anagrafica, il registro consentirebbe a ciascun genitore di legare la propria domiciliazione a quella dei figlio, affermando così il diritto del minore al doppio domicilio dei genitori.

Lucia Bobbio ha aggiunto che dal punto di vista delle amministrazioni pubbliche il registro porterebbe a semplificare le procedure. Non solo le scuole ne trarrebbero beneficio, ma anche gli ospedali e la possibilità di accedere alle cure con le autorizzazioni collegate.

Secondo Plotegher (Pd) il registro non dovrebbe partire da una richiesta dei genitori ma dal dovere dell'ente pubblico di applicare la legge esistente sulla bigenitorialità.

Bobbio ha evidenziato che in tutti gli enti pubblici e innanzitutto nelle scuole, occorre sempre garantire, quando si tratta di minori, uno scambio di informazioni che non può essere lasciato ai due genitori, spesso in conflitto. Serve una posizione di terzietà rispetto ai due genitori e il registro permetterebbe di garantire il diritto ogni volta che non interviene il giudice.

Per Torresani, in presenza di una conflittualità genitoriale il registro è un modo per riconoscere una tutela ab origine del diritto del minore al doppio domicilio.

Il "no" di Alfid, Ucipem e Appm: occorre puntare piuttosto alla cogenitorialità.

Per l'Alfid – Associazione laica famiglie in difficoltà, il Consultorio familiare Ucipem e l'Associazione provinciale problemi minori (Appm), la presidente di Alfid Sandra Dorigotti, ha espresso una posizione critica sulla proposta del registro della bigenitorialità, "che sembra dare un carattere di rigidità alla separazione familiare e a marcare con un ulteriore strumento burocratico la rottura delle relazioni soprattutto nelle situazioni di maggior conflittualità". Per Dorigotti nelle prime fasi della separazione i figli tendono a non essere visti dai genitori e il registro avrebbe un ruolo culturale negativo sull'elaborazione dei rapporti familiari. Servirebbe orientare gli sforzi verso la cogenitorialità e non alla bigenitorialità. La logica della cogenitorialità implica che anche nell'esperienza della separazione i genitori siano tenuti a raccordare le relazioni. Si tratta di spingere i genitori, rafforzando la mediazione familiare, ad individuare momenti di vita quotidiana da gestire entrambi, pur nella separazione dei percorsi. La legge del 2006 sull'affido condiviso va appunto nella direzione della cogenitorialità. Il registro darebbe una copertura simbolica rispetto ad una genitorialità condivisa, mentre in realtà sancisce una "frattura" e per questo non è culturalmente condivisibile.

Plotegher (Pd) ha apprezzato la sottolineatura del concetto della cogenitorialità, perché anche nella separazione vi è un esercizio di responsabilità di entrambe i genitori da condividere nell'interesse del minore.

Degasperi (M5s) ha osservato che la realtà spesso non corrisponde ai desiderata. Certo che occorrerebbe la cogenitorialità, ma intanto il registro prefigurato dal disegno di legge potrebbe dare una risposta. Vi sono casi nei quali i genitori vorrebbero occuparsi dei figli ma non ci riescono nonostante vi siano delle norme che dovrebbero garantire queste relazioni. Preso atto quindi che le norme talvolta non bastano e che vi sono Comuni che hanno già istituito questo strumento, il disegno di legge non preveda che la Provincia imponga i registri ma rende possibile l'utilizzo di questo strumento. Su 1000 matrimoni all'anno vi sono 350 separazioni e potrebbe quindi rivelarsi utile intervenire concretamente sul problema pur senza la pretesa di risolvere tutto.

A Bolzano, Laives e Merano, il registro c'è da un anno, ma gli  iscritti sono pochi.

Per il Consorzio dei comuni di Bolzano, Miriam Gigliotti ha ricordato la creazione del registro nel maggio 2016 con una delibera del consiglio comunale. Il registro, ha spiegato, ha lo scopo di facilitare la comunicazione da parte di enti e servizi pubblici, permettendo al genitore presso il quale il minore non risiede di ricevere comunicazioni  ad esempio dalla scuola frequentata dal figlio. Finora i casi registrati presso il Comune di Bolzano sono stati 7, sempre su richiesta del padre. Il registro una volta realizzato anche in formato digitale, permetterà agli enti pubblici di accedere all'indirizzo del genitore cui inviare le comunicazioni sul minore. Il limite è che ancora il registro, gestito dal servizio demografico dell'anagrafe, parla di residenza e non di domicilio.

Claudia Casazza ha parlato del registro della bigenitorialità istituito dal Comune di Laives nel 2016. Il punto di partenza è stato il diritto dei figli minori. Finora vi è stata una sola iscrizione. Per privacy, i soli soggetti a poter accedere alle informazioni contenute nel registro sono pubbliche amministrazioni o pubblici servizi.

Marco Scacchetti, dell'ufficio anagrafe del Comune di Merano, che ha istituito il registro nell'aprile del 2016, ha riferito che i minori finora iscritti sono cinque. Dal punto di vista tecnico se dovessero esservi più iscritti la gestione del registro potrebbe risultare molto onerosa. Le complicazioni dipendono dal fatto che per qualsiasi modifica dovesse intervenire nella residenza o nello stato del genitore, occorrerebbe revisionare i dati contenuti nel registro. A meno che il genitore stesso non vada presso la scuola o un ente a chiedere che le comunicazioni sul figlio minore siano assicurate anche a lui.

Katia Milanello, responsabile dei servizi demografici del Comune di Laives, ha messo in guardia dal rischio per la privacy che deriverebbe dall'eventuale affidamento del registro ad un ufficio diverso dall'anagrafe.

Il Comune di Trento adotterà il registro che, però, avrà scarsa efficacia.

Anche a nome del Consorzio dei comuni trentini, che ah inviato alla Commissione un proprio parere, è intervenuta l'assessore alle politiche sociali del Comune di Trento Mariachiara Franzoia. L'assessore ha ricordato la proposta a suo tempo avanzata dal consigliere comunale di Trento Andrea Maschio del registro della bigenitorialità. L'ipotesi è stata approfondita dalla commissione comunale competente, che ha consultato per questo il servizio anagrafe e decentramento e il servizio attività sociali, l'Alfid, il servizio istruzione della Provincia, i Comuni di Parma e Verona e infine il garante per i minori Daniela Longo. Dall'istruttoria è emersa la scarsa efficacia che avrebbe il registro, il cui valore sarebbe limitato alla sola amministrazione comunale. Il Comune è infatti privo di strumenti per obbligare ad esempio le scuole che sfuggono alla sua sfera di competenza ad inviare le comunicazioni riferite ai minori ad entrambe i genitori separati. Franzoia ha evidenziato che la Giunta comunale ha deciso di creare ugualmente il registro, con una delibera di prossima approvazione. Per due anni il registro sarà quindi sperimentato non tanto per garantire la comunicazione ai genitori, che potrà avvenire solo negli enti e servizi, come ad esempio gli asili nido, di competenza comunale, ma per impegnare l'amministrazione nella prevenzione dei conflitti sociali nelle famiglie e investire sugli interventi a favore dei minori.

Rispondendo ad alcune richieste di chiarimento di Degasperi e Cia, Franzoia ha ricordato che la tenuta del registro è stata affidata al servizio attività sociali del Comune, ma ogni amministrazione a suo avviso dovrebbe conservare un'autonomia regolamentare nella gestione di questo strumento. Il dirigente comunale Paolo Frenez ha ricordato che l'iscrizione al registro comporta il pagamento di 16 euro per la domanda in carta da bollo.

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Allegati
Le osservazioni del Consiglio delle autonomie locali
Le osservazioni dell'Apss
Le osservazioni dell'Ordine degli avvocati