La V Commissione ha incontrato l'eurodeputata che ha presentato il suo dossier
Cecile Kyenge: "L'Europa dovrà rimuovere le cause del fenomeno migranti"
I punti salienti della relazione approvata a larga maggioranza dal Parlamento europeo
La
V Commissione del Consiglio provinciale ha incontrato stamane Cecil
Kashetu Kyenge, autrice del dossier dedicato all'immigrazione e
all'asilo politico presentato al Parlamento europeo e approvato a
larghissima maggioranza sia per fronteggiare la crisi umanitaria in
corso tenuto conto anche dei profughi causati dalla guerra in Siria e
in marcia lungo la rotta balcanica, sia per delineare la strategia
politica complessiva dell'Ue, dal momento che questo fenomeno epocale
interesserà ancora a lungo il Vecchio Continente.
Oltre
l'emergenza. “L'immigrazione – ha esordito K – rappresenta
un dato strutturale del nostro tempo e della nostra società. Occorre
quindi un approccio diverso per fornire delle soluzioni. Serve quindi
un approccio olistico, cioè globale, che consideri tutte le
sfaccettature del fenomeno. Il tutto in funzione di un progetto di
breve, medio e lungo termine. Si tratta di superare una politica
emergenziale per elaborare una politica lungimirante, con azioni sia
interne che esterne. Soluzioni tipo “rimandiamo i migranti a casa
loro”, sono utili solo in campagna elettorale. Il contesto più
generalizzato del problema è la crisi dei valori europei. Fino ad
oggi il fenomeno immigrazione è stato affrontato con un approccio
improntato alla sicurezza. Ma questo approccio è insufficiente. Chi
fugge fugge da guerre, povertà, problemi climatici. Il fenomeno
migratorio può travolgere solo un'Europa divisa, mentre un'Europa
unita può rilanciare di fronte a questo fenomeno i valori europei.
I
primo punto evidenziato dalla relazione Kyenge al Parlamento
europeo riguarda l'attività di “ricerca e salvataggio” per
attuare il principio di solidarietà tutelando la vita umana. “Mare
Nostrum – ha ricordato l'eurodeputata – aveva salvato più di 150
mila persona portando all'arresto di 300 scafisti. Si tratta di
predisporre una risposta permanente in mare dell'Unione europea”.
Secondo
punto. Kyenge ha messo in luce l'esigenza di una gestione
solidale a livello europeo delle domande d'asilo. Si tratta di
superare l'attuale regolamento di Dublino che prevede tutti gli oneri
dei migranti a carico dello Stato di primo approdo. Occorre, ha
spiegato Kyenge, andare verso un sistema centralizzato attribuendo le
responsabilità non più ad un solo Stato ma all'Unione e quindi a
tutti gli Stati membri. Per questo la domanda d'asilo va rivolta non
pi al singolo Stato di approdo ma all'Unione europea. Il principio è
quello dell'equa distribuzione delle responsabilità.
Secondo
Kyenge la Commissione ha presentato a maggio una proposta non
innovativa né coraggiosa rispetto a Dublino: il principio sarebbe
“chi non accoglie paga” con unn approccio burocratico che non
tiene conto di tutti i fattori. Si pagheranno 250.000 euro per ogni
migrante non accolto, come alternativa all'accoglienza. Un errore,
secondo Kyenge, perché la Commissione che avrebbe tutti i poteri per
indurre gli Stati membri ad assumersi una responsabilità, impone
invece una sanzione. Vi sono altri strumenti, come l'apertura di
procedure di infrazione, che non richiedono il consenso di uno Stato
membro. Per Questo K ha preannunciato la volonmtà di costringere la
Commissione a mettere in atto iniziative per costringere gli Stati
membri a superare il loro egoismo. Occorre avviarsi ad un approccio
centralizzato.
Terzo
punto: la ricollocazione interna ed esterna. Gli Stati membri
avevano preso l'impegno giuridico di ricollocare 160 mila rifugiati
entro il 2017. Oggi, a pochi mesi dalla scadenza i migranti
ricollocati sono 2.280, 1503 dalla Grecia e 777 dall'Italia. Numeri
molto bassi mentre l'Ue chiedeva di ricollocare almeno 6.000 persone
al mese. Anche su questo punto la Commissione dovrebbe prevedere la
procedura di infrazione verso gli Stati membri che non adempiono ai
loro obblighi. Dal settembre ad oggi solo poco più di 2.000 persone
sono state ricollocate.
Quarto
punto: i corridoi umanitari, che vanno attivati contro i viaggi
della morte e il traffico di vite umane. Questo attivando visti
umanitari. Il primo corridoio umanitario è stato realizzato in
Italia, dalla comunità S. Egidio e dalle chiese evangelica e valdese
con la collaborazione dello Stato. Trento è una delle 4 città
d'Italia ad aver accolto rifugiati provenienti dal corridoio
umanitario.
Quinto
punto: potenziare l'azione europea contro il traffico e lo
sfruttamento lavorativo dei migranti. Si chiede in sostanza alla
Commissione e all'Europa di rafforzare questa lotta allo
sfruttamento. Una risoluzione votata a Strasburgo un mese fa ha
riguardato la lotta al traffico degli esseri umani.
Sesto
punto: salvare Schengen e la libertà di circolazione delle
persone, evitando la chiusura delle frontiere compresa quella del
Brennero. La Commissione sta lavorando ad una gestione comune delle
frontiere europee con una guardia costiera e di frontiera. Frontiere
esterne che devono diverntare le frontiere degli Stati membri. Serve
per questo un regolamento al quale stiamo lavorando e K lo sta
seguendo molto da vicino. La guardia costiera italiana ha esperienza
in materia di ricerca e salvataggio in mare e si tratta allora di
integrare le forze in un progetto europeo globale.
Settimo
punto: rafforzare i canali legali di immigrazione anche economica
modificando la carta blu. La carta blu è una direttiva emanata nel
2009 dalla Commissione ed adottata negli Stati membri. Ma nel 2014 in
tutta l'Ue sono stati rilasciate 14.000 carte blu. La Germania
12.000. Siamo 28 stati membri, ne restano 2.000: segno che la Carta
blu non ha funzionato. Ogni Stato ha la propria legge
sull'immigrazione, che non tiene conto delle sanatorie che hanno
permesso di aprire le porte, e per questo ha rilasciato 112 Carte
blu. L'idea è di riprendere e adattare questo strumento adattandolo
al mercato del lavoro e ai bisogni attuali. Tra le cause forzate
dell'immigrazione c'è anche la ricerca di un lavoro e la speranza di
vita per sé e la propria famiglia. Bisognerebbe modificare la Carta
blu facendola diventare uno strumento centralizzato e non più
alternativo alle leggi nazionali. La Carta blu si vorrebbe aprisse
agli immigrati muniti di un'alta specializzazione. Le risorse si
potranno ricavare dalla Carta blu superano i 2 miliardi, che potranno
rientrare nelle casse dell'Ue una volta messe in campo. Insomma anche
l'immigrazione può diventare una risorsa per i Paesi di accoglienza.
Ottavo
punto, comunicato dalla Commissione pochi giorni: promuovere un
piano d'azione europeo di integrazione dei migranti. La domanda è:
oggi stiamo investendo molto suylla prima accoglienza dei migranti,
ma occorre interrogarsi se esiste una fase successiva e come verrà
gestita per non lasciare su una strada i migranti dopo la prima
accoglienza. Il piano per
l'intergrazione dovrà riguardare tutti i settori, affrontare le
sfide demografiche.
Nono
punto. Serve infine una
strategia europea che rafforzi il partenariato dell'Europa con i
Paesi dell'Africa in particolare sub sahariana. La proposta è di una
cooperazione rafforzata potenziando strumenti come il fondo
fiduciario per l'Africa proposto dopo il summit a La Valletta
dell'anno scorso. Non bastano 1 miliardo e 800 milioni di euro
proposti dalla Mogherini. Se diamo importanza a quest'azione esterna
dobbiamo anche saper investire su questo punto. La proposta del
governo italiano del Migration compatc presentata alla Commissione va
in questa direzione.
“Si tratta – ha concluso
Kyenge – non di contrastare l'immigrazione ma le cause profonde che
spostano e muovono le persone. L'Europa tutta unità può farcela ed
è per questo strategica la cooperazione politica e non solo
economica con l'Africa”. L'eurodeputata ha ricordato di essere
anche vicepresidente dell'assemblea paritetica tra ACP
(Africa-Caraibi–Pacifico) e Unione europea. A suo avviso oggi
occorre chiedersi che natura avrà questo tipo di cooperazione tra
Unione europea e Paesi di provenienza dei migranti. La proposta
migliore per K è la regionalizzazione: rafforzare i legami
Ue-Africa, Ue-Caraibi e Ue-Pacifico anche a livello politico. Questo
sforzo punta coinvolgere anche la società civile perché i progetti
devono essere a lungo termine.
La
discussione. Rimuovere le cause e puntare allo sviluppo.
Giacomo
Bezzi ha aperto la
discussione osservando che “l'Europa oggi è in decadenza e si
fatica a disegnare una prospettiva di sviluppo tra 30-50 anni in
Europa. Il continente che si svilupperà di più sarà a mio avviso
l'Africa. Stento anche a vedere quali risorse finanziarie si potranno
trovare per permettere ai giovani immigrati di integrarsi in Europa.
Ho partecipato alle proteste dei migranti a Trento: un 50% chiede di
andare altrove, i restanti chiedono lavoro. Sono ragazzi che possono
sicuramente lavorare. Ma il lavoro potrebbero trovarlo in futuro in
Africa e non in Italia. Che prospettive vi possono essere allora?”.
Lucia
Maestri ha osservato che
sul tema dell'immigrazione l'Europa ha fatto flop come dimostra anche
la prospettata chiusura del Brennero. La domanda è quale potere ha
il Parlamento europeo di indirizzo vero sulla Commissione, pur avendo
adottato a maggioranza questo documento politico. Sul tema
dell'immigrazione si gioca il futuro dell'Europa unita, ma è
evidente che l'attuale Europa non ce la può fare. Vi sarebbe bisogno
di un riequilibrio dei rapporti tra i poteri del Parlamento e degli
altri organismi di governo europei. Serve inoltre un lavor culturale
sulla popolazione europea e anche trentina. Urge un impegno cogente
per sviluppare politiche di integrazione una esistenza “umana” a
chi arriva nelle nostre terre.
K.
ha risposto a Bezzi spiegando
innanzitutto che le risorse per i giovani che arrivano fin qua
provengono dallo sfruttamento delle loro forze nei campi e nelle
miniere. Non tutti riescono a pagare. Il denaro proviene comunque dal
lavoro nero di questi giovani per pagare i trafficanti. C'è una rete
importante dietro questo traffico di esseri umani. Per le donne la
situazione è ancora più triste, perché per arrivare in Europa sono
costrette a prostituirsi o vengono violentate. Queste persone sono
trattate come merci di scambio. Dalla Somalia all'Etiopia vengono
venduti a un altro gruppo di trafficanti fino a che arrivano in Libia
da cui s'imbarcano per attraversare il mare. Secondo: tutto dipende
dai nostri accordi con questi Paesi, nei quali dobbiamo mettere
l'etica al centro di tutte le intese economiche e politiche. K. Ha
portato l'esempio del cortana, l'oro, lo zinco che in base ad una
decisione del Parlamento europeo dovrebbero avere la tracciabilità
dall'estrazione al prodotto finito. Solo così si può contrastare lo
sfruttamento del lavoro delle persone, perché queste ricchezza
vadano a beneficio della popolazione. Su questo punto, ha spiegato K,
il Parlamento è arrivato al Trilogo, sedendo allo stesso tavolo per
co-legiferare insieme alla Commissione e al Consiglio, cambiando la
proposta originaria.
Ultima
risposta di K. a Bezzi:
occorre puntare ad una cooperazione economica di lungo periodo con i
Paesi in via di sviluppo per favorire anche la collocazione in Africa
di PMI italiane che hanno molto da offrire a quegli Stati e al tempo
stesso la possibilità di crescere. Si tratta di andare verso
l'internazionalizzazione dell'economia e l'Italia ha tanto da offrire
in termini di conoscenze e di posti di lavoro. Infine per K molti
migranti fuggono per l'instabilità politica dei propri Paesi e l'Ue
ha degli strumenti per questo, con cui accompagnare le elezioni e
l'affermazione della democrazia in questi Stati, il sostegno ai
movimenti dei giovani. Occorre accompagnare queste nazioni africane
verso l'autosufficienza. Dall'Africa guardano alla libera
circolazione delle persone e con le merci con invidia e sviluppare
questa possibilità all'interno di quel continente sarebbe
fondamentale. Perché oggi, ha spiegato K, su 10 persone che si
muovono in Africa 9 restano in Africa e una arriva in Europa.
A Maestri K ha risposto
sottolineando che occorre che nel Parlamento si lavori molto per la
sensibilizzazione di tutti gli Stati membri, compresi quelli che
ancora non hanno conosciuto questo problema. In questo modo il
dossier può essere condiviso anche nei singoli Stati e non solo
dentro il Parlamento.